A cura di Marilena Vimercati

 
Chi è Luisa Sodano

Luisa Sodano per trent’anni ha svolto l’attività di medico igienista-epidemiologa, accompagnandola alla formazione di medici e infermieri. Attualmente in pensione, è impegnata nel volontariato sociale e civico.

Le buone pratiche: una nuova chiave di lettura delle esperienze raccolte nel libro 

La domanda se un contagio positivo è possibile, da cui parte l’intervista alla dott.ssa Luisa Sodano, focalizza fin da subito il tema su cui verterà l’intervista: una chiave di lettura del libro improntata a rintracciare all’interno delle esperienze narrate buone pratiche trasferibili in altri contesti, anche  “di normalità”.

La proposta è stata subito da lei accolta perché si trattava di uno sguardo nuovo con cui leggere le esperienze raccolte nel libro. Nel corso dell’intervista ne evidenzia ben quattro .

Emozioni virali. Le voci dei medici dalla pandemia: dal social al libro

Emozioni virali è il titolo del libro che si configura come il “distillato” del meglio che è uscito dal gruppo dei centomila medici che da mesi condividono tramite FB esperienze, pratiche mediche, studi e ricerche, ma anche emozioni, da cui il titolo. I diritti d’autore del libro saranno devoluti alle famiglie dei tanti medici che sono morti a causa del Covid-19 nell’esercizio della loro professione.

Parlando con la dott.ssa Luisa Sodano, che ha curato il libro “Emozioni virali“, abbiamo approfondito le ragioni della nascita del libro e ancor prima del gruppo FaceBoock dei centomila.

Il gruppo dei centomila

Un gruppo FB già esistente di circa 3000 medici  è stato riconvertito alla pandemia alla fine di febbraio dal suo fondatore Camillo Il Grande, chirurgo di Catania, perché si era reso conto da subito che c’era un serio problema circa i dispositivi di protezione individuale (PDI) per i medici.

Nel giro di pochissimo tempo questo gruppo, per soli medici, cui ci si registra con n. di iscrizione all’Ordine dei Medici, si è ampliato fino a quasi centomila partecipanti e se teniamo presente che i medici in italia sono circa 400.000 questo gruppo aggrega un quarto dei medici italiani e ancora oggi è dedicato esclusivamente alla Covid 19.

Questo gruppo chiuso di medici ha rappresentato un luogo di confronto e di crescita e aggiornamento, talvolta anche di scontro acceso tra posizioni divergenti, scontro produttivo e costruttivo, mai inquinato da un allargamento alla platea dei mass media.

Ancora oggi con la seconda ondata il gruppo FB mantiene questa funzione di condivisione, in uno spazio libero, di casi clinici, articoli scientifici, problemi professionali di vario genere.

Quello però che lo caratterizza rispetto ad altre aggregazioni di medici sulla pandemia, che pure esistono sui social sebbene sulla pandemia con un numero ridotto di partecipanti, è che abbastanza velocemente questo è diventato un luogo di scambio di esperienze aumane e di emozioni.

Ci sono medici contagiati da Covid-19 che hanno condiviso nel gruppo il diario della loro esperienza in diretta, dai quali sono tratti alcuni racconti presenti nel libro.

La nascita del libro e gli “effetti collaterali” 

Il libro “Emozioni virali” rappresenta l’evoluzione del percorso di autocoscienza e di confronto che si è sviluppato nella fase 1: “perché non dare voce ai molti medici che si sono ammalati, si sono organizzati per assistere i pazienti, hanno cercato i migliori protocolli  per affrontare una malattia sconosciuta, e che hanno fornito esempi di autorganizzazione e resilienza?”

Sempre, la dott.ssa Luisa Sodano ci dice che tra le recensioni del libro quella del prof. Sandro Spinsanti sembra averne colto pienamente il senso:  il volume, a suo parere, potrebbe rientrare nell’ambito della medicina narrativa.

Parla infatti di tre effetti collaterali che le esperienze esprimono:

  • il primo riguarda la  consapevolezza e l’orgoglio del curante rispetto al suo dovere morale prima che professionale di cercare di curare i pazienti:

“Che bella la professione del medico, così vicina all’essenzialità e alla tragicità della vita, così lontana dallo svelarne molti misteri”:

  • il secondo riguarda la solidarietà interprofessionale, elemento  di arricchimento in quanto al gruppo partecipavano medici di tutte le speciaiità e di tutte le parti d’Italia. Quindi questo elemento di rete interdisciplinare  si è poi tramutato in una sorta di solidarietà, aspetto straordinario per i medici che solitamente non solidarizzano.

Una sezione del libro è appunto intitolata “Collega mi aiuti?” e raccoglie esperienze di solidarietà:

il collega è là non solo per condividere conoscenze e vissuti; il confronto dà corpo al bisogno di appoggiarsi gli uni sugli altri, di condividere gli obiettivi di cura.”

  • il terzo, infine dalle narrazioni dei medici emerge la riduzione della distanza emotiva rispetto al paziente: il senso di impotenza che i medici hanno sperimentato nella fase 1 ha ridotto la distanza tra medico e paziente dal punto di vista emotivo e affettivo:

“Ho imparato quanto è difficile fare il paziente. È strano stare dall’altro lato della barricata

Un apprendimento duro, sia per i professionisti che il virus l’hanno ospitato nel loro corpo, sia per coloro che l’hanno incontrato solo come curanti. Mentre le misure di sicurezza imponevano distanziamenti mai visti quali  scafandri e visiere, si riducevano le distanze emotive.

La metafora del guaritore ferito

I medici che si sono raccontati  tentano di essere dei guaritori però sono anche dei feriti, sia perché hanno le armi spuntate dal punto di vista professionale sia perché molti di loro si sono contagiati nel tentativo di prendersi cura dei pazienti.

Nel pieno della pandemia anche io mi sono ammalata – scrive nel libro “Emozioni virali” la dott.ssa Maria Concetta Del Beato,– ho potuto toccare quindi con mano cosa significasse contrarre la malattia, quando poche settimane prima ero in prima linea per sconfiggerla.

Anche nella sua recensione del prof. Sandro Spinsanti scrive che dalle esperienze emerge la figura classica del guaritore ferito, una metafora che ci viene dall’antica Grecia riferita al centauro Chirone, ma simbolicamente a tutti coloro che esercitano l’arte medica, per indicare l’intima partecipazione alla fragilità che si intende guarire.

In questo caso specifico la ferita del guaritore viene dall’esperienza della vulnerabilità sia del suo sapere che del suo potere. Una ferita che lo rende non meno capace di guarire ma più efficiente, una volta liberato dalla sindrome di onnipotenza. Benvenuto, quindi, anche questo “effetto collaterale”.

Il presidio del territorio

Sono medico igienista, epidemiologa di campo – ci dice Luisa Sodano – nasco professionalmente in Lombardia come medico territoriale in una stagione particolarmente fortunata per i medici del territorio: era il 1984 nei primi tempi di applicazione della legge 833 del 1978  quando in Lombardia sono state attivate le USSL Unità Socio Sanitaria Locali, denominazione in cui la doppia S significava l’integrazione dei due aspetti sanitario e sociale

Nello stesso tempo si stavano riorganizzando i servizi di prevenzione (Legge n. 64 del 26/10/1981) e si stava costruendo l’ossatura della medicina territoriale: si cominciarono a organizzare i distretti sociosanitari che insieme ai Medici di Medicina Generale (MMG) e alle altre articolazioni avrebbero dovuto costruire la rete dei servizi vicini alle persone.

Questo è il territorio: una rete con un centro di riferimento per la popolazione a cui le persone si rivolgono e che riesce a cogliere i bisogni delle persone.

Si parla anche di micro-aree; in particolare l’Emilia Romagna, che è molto avanti da questo punto di vista, e ha conservato molto di quello che era stato avviato nel passato.

Le pandemie e le epidemie non si controllano senza il territorio e anche la riaccensione dell’infezione di questo periodo lo dimostra.

Il sistema è andato in crisi anche adesso perché a livello di territorio non si è riusciti a fare fronte alle indagini epidemiologiche sui casi di Covid-19, al tracciamento dei loro contatti stretti, alla ricostruzione delle catene di trasmissione e all’individuazione dei focolai: si tratta di lavori che non si inventano, non si possono improvvisare.

Oggi ci sono migliaia di persone in isolamento e quarantena e tutto ciò andrebbe preso in carico da parte delle strutture territoriali perché le persone vivono tutte situazioni diverse. Pare che uno dei motivi dell’accelerazione della circolazione del nuovo coronavirus, anche per l’Europa intera, siano proprio le quarantene e gli isolamenti che non sono stati fatti in maniera corretta.

In Italia l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) ci dice che molti contagi sono avvenuti nelle famiglie.

Solo una struttura territoriale efficiente, vicina alle persone, può seguirle clinicamente e dare consigli appropriati, o fare la sorveglianza attiva degli asintomatici. Su questo si gioca il controllo del contagio.

Le Buone Pratiche rintracciate nel libro Emozioni Virali
  1. Call center dedicato

Durante l’emergenza la Direzione Sanitaria dell’Ospedale civile di Vimercate ha attivato un call center per gestire le comunicazioni tra ospedale e familiari dei pazienti Covid-19 ricoverati affidandolo al dott. Domenico Restifo, appena andato in pensione e rientrato come volontario per questo lavoro.

Aver attivato un call center é servito a sgravare di un ulteriore compito i medici di reparto che, a fine giornata carichi di stanchezza fisica e non solo si sarebbero dovuti occupare di informare i familiari, ma ha anche colmato un buco sociale grazie al continuo flusso di informazioni ai familiari.

“Stavo così 6 /7 ore al giorno e oltre attaccato al telefono con persone delle quali non vedevo il viso parlando di persone delle quali non vedevo il viso. Quella giovane donna con la madre con cirrosi epatica e polmonite che è durata due giorni, le sue lacrime sembravano uscire dalla cornetta”.

Il call center si configura come  buona autoorganizzazione di un ospedale di media grandezza: è stata una formidabile idea aver separato la funzione assistenziale e di cura  dalla funzione  comunicativa, continua la dott.ssa Luisa Sodano.

Il titolo dato dal dott. Restifo al suo contributo “Good morning Sars-CoV-2” richiama il famoso “Good morning Vietnam” di Adrian Cronauer, un ex sergente e presentatore radiofonico che tutte le mattine trasmetteva da Saigon portando un po’ di leggerezza ai soldati americani.

Il lavoro portato avanti come centralinista, e non poteva essere che un medico svolgere tale compito, è un esempio di come in quell’ospedale si è realizzata una sorta di  riconversione di professionisti in funzioni che mai avrebbero pensato di svolgere: anche fisioterapisti che smistavano i dispositivi di protezione individuale, ortopedici disoccupati perché la chirurgia era chiusa che imparavano velocemente con una umiltà incredibile;  lui stesso ha dovuto imparare tutto sui sistemi di ventilazione.

Autoorganizzazione formidabile che non so quanto sia stata riconosciuta e diffusa in Lombardia, conclude su questo punto la dott.ssa Luisa Sodano.

Il call center è una buona pratica che potrebbe permettere un flusso di informazioni continue ai familiari delle persone ricoverate nelle RSA visto che si trovano ancora in una situazione problematica in questo periodo di riacutizzazione dell’infezione da Covid-19.

Addirittura potrebbe essere trasferito come modalità permanente di comunicazione coi familiari: in tempi “normali” avrebbe comunque senso un servizio simile perché permetterebbe, magari utilizzando personale non medico,  di veicolare anche informazioni più generali sullo stato di salute degli ospiti che per per il familiare possono essere importanti

  1. Esami di indagine diagnostica a domicilio

Nel libro “Emozioni virali” c’è un interessante racconto del dott. Matteo Guglielmi di Piacenza che lavora in  una delle  Unità Speciali di Continuità Assistenziale – USCA – istituite con Decreto Legge del 9 marzo 2020 e che in Emilia Romagna sono state attivate abbastanza tempestivamente..

I medici e gli infermieri delle USCA sono in stretto collegamento coi MMG e hanno funzioni diagnostiche oltre che terapeutiche. Molto importante per la diagnosi precoce della polmonite da Covid -19 è l’ecografia e il dott. Matteo Guglielmi scrive di essere stato addestrato a fare le ecografie a domicilio con un apparecchio portatile.

Sembra un dettaglio ma ciò sta descrivendo attraverso le sue emozioni , lui infatti nel libro non parla delle USCA, è il suo lavoro nei vari paesi nel territorio, il suo contatto con le famiglie, ci dice come lavora ed è proprio la sua modalità di lavoro una buona pratica trasferibile.

Eseguire ecografie a domicilio potrebbe davvero fare la differenza nei numerosi e diffusi casi di persone affette da patologie croniche alle quali si eviterebbero spostamenti talvolta difficoltosi. 

  1. Integrazione col mondo del volontariato e delle associazioni di cittadini

Sempre in Emilia Romagna è ambientato il racconto di un medico anestesista rianimatore di Fidenza, il dott. Antonino De Angelis, da cui si evince che il sistema dell’emergenza e dei soccorsi nella zona è stato molto efficiente grazie all’integrazione tra il servizio sanitario regionale e il volontariato.

Questa pandemia ha messo in luce un’altra cosa: nei territori non metropolitani è più semplice l’integrazione tra strutture sanitaria e il mondo del volontariato e delle associazioni dei cittadini ma anche dalle imprese e ciò può fare una grande differenza.

Una ulteriore conferma ci viene dal racconto di un MMG di un paese in provincia di Bergamo su  quanto ha contato la solidarietà della comunità (farmacisti, soccorritori, aziende che hanno cominciato a dare ai medici i primi DPI). Alla dott.ssa Maria Concetta Del Beato i primi DPI sono arrivati addirittura dalle aziende edilizie del territorio che le hanno regalato la tuta con cappuccio e le mascherine.

Toscana e Emilia Romagna hanno un più fitto tessuto di rete rispetto ad altri territori non solo perché non hanno grandissime aree metropolitane, ma forse anche perchè c’è una tradizione di buon governo.

Nel Lazio ad esempio il 118 è un servizio di emergenza gestito soprattutto da operatori del Sistema Sanitario Regionale. In Toscana invece il 118 è gestito soprattutto da volontari della Croce Rossa (CRI) e della Misericordia, che ha un’origine antica, e da pochi dipendenti del Sistema Sanitario Regionale.

E funziona.

Sono i numeri che ne testimoniano l’efficienza: 1000 volontari di CRI e Misericordia significa poter disporre contemporaneamente di 20 ambulanze e 2 automediche.

Due regioni limitrofe Toscana e Lazio, due sistemi differenti.

Questo aiuto e supporto da parte del mondo del volontariato che in alcuni racconti emerge è una buona pratica perché i volontari riescono a integrarsi perfettamente nel lavoro in quanto lo fanno per scelta non per obblighi professionali, quindi il loro obiettivo è che il servizio sia funzionante, che ci sia spirito di servizio, che ci sia un buon clima di fiducia e che si abbia una buona relazione con le persone.

Nel mondo della sanità l’integrazione col mondo del volontariato è importantissima e in una pandemia fa la differenza: alcuni momenti cruciali del contenimento a livello territoriale potrebbero per esempio essere seguiti da volontari.

Se nella normalità ci fosse questa frequentazione tra le ASL e le loro strutture territoriali e il mondo del volontariato si avrebbe come risultato anche una minore pressione sul  servizio sanitario pubblico.

Ma tutto questo non si inventa, si deve costruire.

I piani per condurre la battaglia non si fanno quando infuria la battaglia.

  1. Positivo inserimento dei giovani

Dal racconto di sei/sette medici giovani, alcuni dei quali specializzandi, emerge come si possono utilizzare queste risorse in maniera efficace sia per la loro formazione sia per l’organizzazione in cui si trovano ad operare.

Ne parla la dott.ssa Anna Malfatto nel suo racconto, dal titolo “Il piccolo tassello” ; è lei il tassello che si è inserito nell’organizzazione

E’ stato un momento formativo straordinario: questi giovani medici hanno imparato in pochi mesi quello che non avrebbero appreso in anni. la dott.ssa Anna Malfatto scrive “visiti pazienti anche giovani, cerchi di tenerti aggiornato (articoli, iscrizione a gruppi FB per condividere) impari a lavorare con tanti colleghi diversi, ognuno col suo vissuto, molti con una spiccata formazione, ma lo scambio di esperienze consolida le conoscenze; nonostante tutte le difficoltà diventiamo un gruppo affiatato, una squadra”.

La pandemia è stata pertanto l’occasione per una formazione diversa e intensa di giovani che talvolta si sono trovati allo sbaraglio, ma ha rappresentato anche una grandissima opportunità per

il fatto di dover lavorare con medici di diverse specialità riconvertiti sul campo,

In che senso questa potrebbe essere una buona pratica?

L’utilizzo dei giovani potrebbe servire a dare nuova vita ai territori, una risorsa preziosa per realizzare una medicina di prossimità alle persone, con una formazione non solo tecnica ma anche umanistica, sicuramente importante per tutti i medici fondamentale per chi opera a livello territoriale.

Le buone pratiche, così come sono state rilevate dalla dott.ssa Luisa Sodano nelle esperienze dei medici che si sono raccontati nel libro Emozioni virali, non richiedono costi per essere trasferite in altri ambiti: per prima cosa occorre dare loro visibilità perché siano conosciute e, in un secondo momento, avere la volontà politica di riconoscerle come pratiche esportabili e agire di conseguenza.

Le prossime newsletter daranno voce ad alcuni medici che hanno scritto la loro esperienza nel libro “Emozioni virali” e che hanno accettato di rilasciare un’intervista.

 

Per approfondire

Legge n. 64 della Regione Lombardia del 26/10/1981, abrogata nel 2009 (Art. 11 Organizzazione delle USSL) https://www.bosettiegatti.eu/info/norme/lombardia/1981_064_L_sanita.pdf

Sugli “affetti collaterali”: https://www.sandrospinsanti.eu/la-pandemia-e-i-suoi-affetti-collaterali/

Sulle USCA-Unità Speciali di Continuità Assistenziale: https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2020/03/09/20G00030/sg

https://salute.regione.emilia-romagna.it/normativa-e-documentazione/linee-di-indirizzo/usca/istituzione-unita-speciali-di-continuita-assistenziale-4.pdf

Sulle RSA: https://www.cittadinanzattiva-er.it/perche-le-case-di-riposo-sono-diventate-focolai/

Dare dignità agli anziani ricoverati in RSA: https://www.cittadinanzattiva-er.it/dare-dignita-agli-anziani-ricoverati-in-rsa/

Sugli errori di comunicazione medico/paziente: articolo pubblicato sul NEJM – New England Journal of Medicine https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMsa1405556

Sul ruolo del volontariato nella sanità: Documento ministeriale http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_4_allegato.pdf

 

 

 

 

 


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