di Leonardo Callegari e Walther Orsi

Le prospettive di sviluppo dell’inclusione sociale delle persone disabili e/o svantaggiate, ad occupabilità complessa, richiedono un ripensamento dei modelli culturali, ma anche una ridefinizione del ruolo degli attori sociali e dei percorsi operativi. Per occupabilità complessa intendiamo la condizione di problematica occupazione delle persone che non hanno ancora maturato requisiti professionali idonei dal punto di vista delle competenze prestazionali e di quelle relazionali rispetto a vincoli/opportunità di un determinato mercato del lavoro locale, in particolare caratterizzato dalle richieste/aspettative delle aziende ivi operanti.
Di fronte alle difficoltà crescenti di inclusione occupazionale di tale popolazione target, diventa prioritario promuovere percorsi di innovazione sociale partecipata relativi a due ambiti operativi, strettamente legati fra loro, che si riferiscono allo sviluppo da un lato di buone prassi di operosità e dall’altro di nuove opportunità imprenditoriali e di lavoro.

Buone prassi di operosità, buone pratiche sociali e patti di collaborazione
Per quanto riguarda il primo ambito operativo, occorre sottolineare che anche la persona, con problemi ad assumere un ruolo lavorativo, è in grado di esprimere la propria operosità. Ispirandoci alla riflessione proposta da Andrea Canevaro l’operosità può essere intesa come la modalità del fare, sensata per il soggetto e per il suo progetto di vita, nella quale il singolo riesce ad esprimere le sue potenzialità, i suoi talenti, le sue capacità anche minime con soddisfazione personale e del contesto all’interno del quale è accolto e supportato. Sono buone prassi di operosità, agibili in contesti inclusivi appropriati, non solo quelle compatibili dal punto di vista dell’attività che propongono, ma soprattutto quelle idonee sul versante relazionale. Esse sono tese specificamente ad offrire alle persone un’opportunità di apprendimento, di socializzazione, di appartenenza e di identificazione, che rimane come attributo del singolo, trasferibile in altri contesti e possibili futuri impieghi occupazionali.
Le buone prassi di operosità non possono che fare riferimento a molteplici forme di cittadinanza attiva e di partecipazione. Si ipotizzano, a questo proposito, possibili aree di integrazione con le buone pratiche sociali che, secondo la ricerca condotta a Bologna da Cittadinanzattiva Emilia Romagna, sono “azioni e progetti di miglioramento della qualità della vita e del bene comune che vedono protagonisti i singoli cittadini ed i gruppi informali, spesso in collaborazione con associazioni, imprese ed istituzioni”. Esse sono finalizzate a sviluppare socializzazione, animazione, orientamento ai ruoli futuri ed inclusione sociale. Tendono inoltre a far emergere bisogni e risorse dei cittadini che spesso vengono sottovalutati dalle imprese e dalle istituzioni; a valorizzare idee, competenze e capacità progettuali che invece possono essere utili per promuovere nuove attività imprenditoriali, per migliorare il sistema di welfare e l’alleanza fra professionisti e cittadini. Le esperienze ed i progetti censiti a Bologna riguardano molteplici ambiti operativi: dalla manutenzione di aree verdi alla cura di una strada, dalla rimozione dei tag al co-housing, dalle attività di animazione alle iniziative culturali, dalla cura di un parco ad iniziative di tutela dell’ambiente.
Rappresentano anche modalità di partecipazione, allo stato nascente, in grado di evolvere verso forme più strutturate di collaborazione fra cittadini, imprese ed istituzioni. E’ in tale prospettiva che si possono individuare altri modelli per sviluppare buone prassi di operosità. Occorre ricordare che il Comune di Bologna è stato il primo in Italia a deliberare nel 2014 un “Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura e la rigenerazione dei beni comuni urbani”. Tale regolamento ha consentito di fornire un riconoscimento formale a molteplici buone pratiche sociali, quali ambiti operativi di inclusione sociale in cui poter sperimentare anche attività di orientamento e di socializzazione anticipata a future forme di inserimento lavorativo delle persone disabili e/o svantaggiate. Particolarmente significativi sono i patti di collaborazione fra cittadini e Comune di Bologna che riguardano molteplici aree, fra cui la cura del verde, la cura dei beni comuni e la tutela dell’ambiente.

Emergenza climatica e Progetti utili alla comunità
A questo proposito lo stato di emergenza climatica impone un rispetto per l’ambiente che sollecita cambiamenti nei sistemi economici, nel consumo energetico e negli stili di vita che devono diventare sempre più ecologicamente compatibili. Non servono solo scelte globali, da parte dei governi a livello internazionale, ma anche interventi tesi a sensibilizzare le coscienze ed i comportamenti individuali. Sono necessarie quindi decisioni a livello locale da parte delle amministrazioni pubbliche delle città per coniugare la tematica ambientale con quella sociale, e quindi anche con l’inclusione di persone disabili e svantaggiate. Possono essere valorizzate come attività socialmente utili, quali quelle riconducibili ai cosiddetti PUC (Progetti Utili alla Comunità), collegati al reddito di cittadinanza. Occorre ricordare che a Bologna il Consiglio comunale, nella seduta del 30 settembre 2019, ha approvato una “Dichiarazione di emergenza climatica”, con l’impegno di stabilire entro 100 giorni una road map per dettagliare tempi e misure necessarie quali: un piano di mobilità sostenibile, l’utilizzo di strutture esistenti senza edificarne di nuove e il rimboschimento delle aree cittadine, promuovendo la partecipazione dei cittadini in materia di politiche ambientali e il coinvolgimento delle organizzazioni del Terzo settore.
La cooperazione sociale, con l’associazionismo e le altre organizzazioni del terzo settore possono coadiuvare, facilitare, organizzare tale ambito di impiego e le persone che possono conferire la propria operosità all’interno di filiere produttive e reti collaboranti, come ben delineato nelle proposte di rilancio della cooperazione sociale di inserimento lavorativo a cura del CNCA e del Consorzio Abele lavoro.
Per conoscere le opportunità già esistenti AILeS, in collaborazione con l’Università di Bologna – Dipartimento di Scienze dell’Educazione e con CEDEI (Centro Studi e Ricerche Disabilità, Educazione e Inclusione) sta sviluppando, nel territorio metropolitano bolognese, una rilevazione finalizzata al monitoraggio di contesti inclusivi e di buone prassi di operosità agibili da persone a occupabilità complessa.
Nella prospettiva di cogliere anche i possibili futuri ambiti di sviluppo delle buone prassi di operosità, particolare attenzione va riservata alla gestione del verde urbano, dei parchi comunali e dei giardini di scuole materne, elementari e medie che il Comune di Bologna ha affidato ad un raggruppamento che ricomprende alcune cooperative sociali (Agriverde, Baobab e Copaps). Assieme alle attività che devono essere necessariamente svolte da lavoratori specializzati e di mestiere, compresi i soci svantaggiati assunti dalle cooperative sociali appartenenti alle categorie di cui all’art. 4 della L. 381/91 e in applicazione delle clausole sociali deliberate dal Comune di Bologna, potrebbero essere considerate attività ausiliarie, complementari, aggiuntive svolte da persone a occupabilità complessa, tramite varie forme di impiego non assuntive (volontariato, tirocinio, LSU, ecc..) supportate da educatori, o da operatori della mediazione.

Promozione di nuove opportunità imprenditoriali e di lavoro
Per entrare nel merito del secondo ambito operativo, quello della promozione di nuove opportunità imprenditoriali e di lavoro è necessario una breve premessa tesa a ridefinire il paradigma di riferimento. Occorre ricercare nuove modalità di integrazione dei tre sottosistemi della società, individuati da Polanyi, nell’ambito di un processo di innovazione sociale partecipata, orientato prevalentemente dal valore della qualità della vita. Nell’ambito del sottosistema economico, proprio in rapporto a tale valore, i cittadini si affidano sempre più a forme di integrazione, che non possono essere tutte incluse nella logica dello scambio; ci si riferisce, ad esempio, ai cosiddetti Gruppi di Acquisto Solidali, al Mercato equo e solidale, alla Banca Etica, che seguono logiche più legate alla redistribuzione e alla reciprocità. Ma anche nel sottosistema politico-amministrativo emergono altre forme di integrazione che vanno oltre la specifica logica redistributiva; per quanto riguarda i servizi di welfare, si possono ricordare, ad esempio, sia le diverse forme di privatizzazione e gestione manageriale dei servizi (in una logica di mercato), sia il rilevante contributo delle reti di volontariato, di auto-mutuo aiuto (in una logica di reciprocità). E infine, nell’ambito del sottosistema socio-culturale, emergono altre forme di integrazione che vanno oltre la specifica logica della reciprocità. Il ruolo delle tecnologie ha sviluppato forme organizzative che fanno riferimento anche a nuove logiche redistributive e di scambio nei servizi formativi (ad esempio la formazione a distanza), socio-culturali (ad esempio i blog, i forum, i programmi tematici su internet) e nelle reti comunicative (ad esempio il sistema e-Care).
Questi nuovi scenari fanno riferimento a:

  • una concezione di sviluppo principalmente orientato al miglioramento della qualità della vita;
  • un cittadino portatore di bisogni, ma anche di idee e risorse, che diventa protagonista attivo di buone pratiche sociali;
  • la condivisione di un progetto da parte di diversi attori sociali del territorio appartenenti ai tre sottosistemi della società (economico, politico-amministrativo, socio-culturale) che, attraverso adeguati sistemi di comunicazione, si impegnano ad integrare le specifiche logiche di riferimento (scambio, redistribuzione, reciprocità).

E’ necessario ridefinire i ruoli degli attori sociali
Secondo tale prospettiva diventa necessario anche ridefinire i ruoli degli attori sociali dei tre sottosistemi. In particolare i servizi alla persona e di welfare, l’associazionismo ed il volontariato non possono essere considerati solo contesti dipendenti dallo sviluppo economico, ma protagonisti attivi di un nuovo modello di sviluppo inteso in senso globale (economico, sociale, culturale ed etico). Tali attori sociali infatti non rappresentano solo delle agenzie organizzate per rispondere alle domande dei cittadini, ma anche dei ‘terminali intelligenti’ in grado di cogliere l’evoluzione dei bisogni sociali, di individuare precocemente la domanda latente dei cittadini, di sperimentare risposte innovative, attraverso l’attivazione di buone pratiche sociali. Esse possono prefigurare e promuovere nuovi ambiti imprenditoriali e di lavoro, ma anche nuove opportunità di inclusione lavorativa, qualora siano valorizzate e potenziate attraverso il contributo di altri attori sociali: politici, amministratori, professionisti ed imprenditori.
Si tratta quindi di attivare forme permanenti di ricerca, analisi, confronto, co-progettazione che devono coinvolgere i rappresentanti dei tre sottosistemi della società individuati. In questa prospettiva si può ipotizzare la costituzione, a livello metropolitano, di un laboratorio di innovazione e progettazione sociale mirato a sviluppare nuove opportunità imprenditoriali, di lavoro e di inclusione sociale. In tale ‘laboratorio per generare lavoro’ dovranno essere rappresentati i principali attori sociali dei tre sottosistemi sopra citati (economico, politico amministrativo, socio-culturale), con particolare riferimento a: imprese profit, cooperative sociali, associazioni di promozione sociale e di volontariato, organizzazioni che rappresentano i cittadini, gli utenti, le loro famiglie, i care giver, i servizi di welfare, le istituzioni, l’università.
Nell’ambito del programma di tale laboratorio sarà necessario dare priorità ad un’attività di ricerca-azione tesa ad una rilevazione/mappatura delle opportunità di sviluppo di buone pratiche sociali, patti di collaborazione, progetti utili alla comunità, buone prassi di operosità, ambiti di inserimento lavorativo a cui fare riferimento per l’inclusione sociale dei disabili e delle persone svantaggiate.
In questo percorso di ricerca si ritiene necessario privilegiare alcuni settori operativi che scaturiscono dall’esperienza maturata attraverso le buone pratiche sociali di cittadinanza attiva ed i progetti di inclusione lavorativa e sociale delle persone disabili e/o svantaggiate.

I settori  operativi prioritari:
•    cura dell’ambiente (cura delle aree verdi e dei beni comuni, piantumazione di essenze arboree e floreali, interventi per la salvaguardia di animali e piante, consumo responsabile);
•    green economy (produzione di energia alternativa da fonti rinnovabili, fotovoltaico e solare termico, bioedilizia, agricoltura biologica, raccolta differenziata, riutilizzo e riciclaggio dei rifiuti);
•    trasporti non inquinanti (mobilità sostenibile e trasporto sociale);
•    rete distributiva articolata ed accessibile (mantenimento e  valorizzazione degli esercizi commerciali nelle zone montane e periferiche, attualmente lontani e scomodi per le persone non autosufficienti, fragili e svantaggiate, con l’utilizzo delle nuove tecnologie comunicative e la possibilità di consegne personalizzate a domicilio);
•    co-housing, condomini solidali e portierato sociale (in cui cittadini e persone fragili/svantaggiate sviluppano un’alleanza fondata sullo scambio di risorse, quali ad esempio: cessione di locali in cambio di affitto, monitoraggio, semplici interventi di aiuto e socializzazione reciproca);
•    progettazione e ristrutturazione di ‘case a geometria variabile’ (adattabili in relazione all’evoluzione delle diverse condizioni famigliari legate ai cicli di vita: dalla condizione di single a quella di coppia, da un nucleo con uno o più figli, ad una famiglia costituita da un anziano solo che vive con un assistente famigliare);
•    servizi personalizzati di manutenzione (attività di riparazione, pronto intervento e messa in sicurezza degli impianti della casa per disabili, persone fragili, in difficoltà economica, attraverso la collaborazione di volontari, artigiani/commercianti).
•    rigenerazione urbana e del territorio (attraverso attività di manutenzione e miglioramento delle risorse pubbliche. Si prevede il loro affidamento ad una rete di artigiani e professionisti, in collaborazione con associazioni di promozione sociale, di volontariato, di tutela dei diritti delle persone svantaggiate, che prendono in gestione specifici beni comuni, quali ad esempio: parchi, strade, sedi di servizi, scuole, centri sociali).
•    valorizzazione di sagre, feste, fiere (affinché possano rappresentare non solo eventi commerciali e culturali, ma anche concrete occasioni di incontro, socializzazione, solidarietà, inclusione sociale, attraverso l’organizzazione di attività ludiche, sportive, culturali);
•    turismo sociale, culturale, esperienziale (teso a favorire la partecipazione anche delle persone fragili, disabili, sole, in difficoltà economica. Si prevedono percorsi turistici personalizzati tesi ad una conoscenza diretta dell’ambiente naturale, del patrimonio artistico, culturale e sociale della zona visitata, ma anche all’attivazione di nuove reti relazionali fra gli attori coinvolti. Si prevedono inoltre percorsi turistici a Km 0, per una conoscenza approfondita della zona/luogo in cui si vive, attraverso il coinvolgimento di ‘testimoni significativi’ della comunità).
Si sottolinea inoltre che, nella rilevazione/mappatura, potrebbero essere coinvolte anche le persone in situazioni di disagio, previa accertamento delle loro potenzialità e competenze, al fine di valorizzare la stessa attività di ricerca come percorso di inclusione sociale.

Occorre infine mettere in evidenza che i due ambiti operativi presi in considerazione (buone prassi di operosità e nuove opportunità imprenditoriali e di lavoro) sono strettamente integrati fra loro. I progetti di vita delle persone disabili e/o svantaggiate devono essere considerati come percorsi personali ed originali che, in una logica di continuità, potenzialmente potrebbero attraversare tutte le molteplici forme di inclusione sociale e lavorativa rappresentate.


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