Perché è necessario ridurre gli sprechi nei nostri armadi
La produzione tessile utilizza un eccesso di risorse naturali non rinnovabili:
“nel 2020, il settore tessile è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’uso del suolo. In quell’anno per fornire abiti e scarpe per ogni cittadino UE sono stati necessari in media nove metri cubi di acqua, 400 metri quadrati di terreno adibiti alla coltivazione del cotone e di altre fibre, 391 chilogrammi di materie prime. Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo” sostiene L’Agenzia Europea dell’Ambiente (AEA)
Si stima inoltre che la produzione tessile sia responsabile di circa il 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa dei vari processi a cui i prodotti vanno incontro, come la tintura, ed è responsabile tra il 2 e l’8% delle emissioni di gas serra. il 70% delle fibre sintetiche prodotte nel mondo deriva dal petrolio, e rilascia con il lavaggio il 9% di microplastiche nei mari.
L’avvento della fast fashion –ovvero il metodo di produzione che prevede il lancio di nuove collezioni in tempi brevissimi- ha accelerato negli ultimi 20 anni la produzione di indumenti a prezzi molto bassi. Tale sistema ha aumentato la quantità di abbigliamento acquistato e presto scartato, ha incrementato l’inquinamento ambientale a causa della grande quantità di rifiuti e delle sostanze tossiche usate per la lavorazione, ha moltiplicato il numero di lavoratori che ricevono salari inadeguati e scarse tutele lavorative per assicurare prezzi bassi ai consumatori.
Secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente la quantità di abiti scartati è stata di 58 milioni di tonnellate nel 2000, di 109 tonnellate nel 2020, si prevedono 145 tonnellate nel 2030.
Di questi meno della metà viene riutilizzata e solo l’1% viene riciclato.
Il resto dove va a finire?
Il resto finisce nelle nostre discariche, oppure alimenta l’esportazione di grandi quantità di scarti tessili verso Africa e America Latina: 44 milioni di tonnellate di abiti scartati da Europa, Asia e Stati Uniti finiscono in Cile, altri abiti usati e non smaltiti sono dirottati in Ghana e in Kenia.
Il mondo della produzione di abbigliamento non sembra ancora sensibilizzato a ciò che accade alla fine della vita di un vestito.
La Fondazione Or Organizzazione no-profit con sede in Ghana, che si propone di gestire l’eccesso di scarto tessile che giunge nel paese dai mercati occidentali, sostiene che nella capitale Accra arrivano ogni settimana 15 milioni di indumenti, di cui il 40% diventa rifiuto, che in parte viene bruciato, in parte viene buttato in discariche improvvisate, a volte finisce in mare, contribuendo ad inquinare aria ed acqua.
La Fondazione Or ha lanciato la campagna “Stop Waste colonialism” per chiedere di fermare il colonialismo dei rifiuti tessili e responsabilizzare i produttori affinchè partecipino ai costi per lo smaltimento.
Per migliorare tali criticità che cosa si sta facendo?
A partire da marzo 2022 la Commissione Europea ha adottato strategie per promuovere prodotti tessili sostenibili e riciclabili, incoraggiando le imprese e il mercato UE a dare priorità al riciclaggio delle fibre tessili. La normativa europea intende imporre a tutti i paesi membri di organizzare la raccolta dei rifiuti tessili in modo tale da poterli riciclare o riusare per il 50% entro il primo gennaio 2025.
La norma vuole inoltre introdurre schemi di responsabilità più estesa dei produttori di abbigliamento, calzature, cappelli e accessori, che comprenda anche l’onere di pagare i costi della raccolta differenziata, dello smistamento e del riciclaggio.
Per i prodotti che rispettano i criteri di fabbricazione ecologica la UE dispone del marchio Ecolabel EU
Ecolabel EU è il marchio che contraddistingue prodotti e servizi che, pur garantendo elevati standard prestazionali, sono caratterizzati da un ridotto impatto ambientale durante l’intero ciclo di vita
Che cosa sarebbe opportuno fare?
I Comuni dovrebbero migliorare l’organizzazione della raccolta differenziata istituendo cassonetti dedicati al tessile, come previsto dalla Legge 116/2020, e organizzare filiere per i vestiti che si possano riusare per raggiungere l’obiettivo di un’economia circolare del settore entro il 2030*.
Non tutti i Comuni si sono adeguati alla norma. In questi casi gli scarti tessili vengono conferiti nei contenitori dell’indifferenziata, precludendo il riciclo e il riuso dell’abbigliamento e degli altri scarti tessili.
I cittadini dovrebbero ridurre gli sprechi tessili, in particolare ridurre l’utilizzo della moda veloce:
A tal proposito è condivisibile quanto dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente
“ il cambio di indumenti avviene in maniera sempre più rapida e provoca un impatto ambientale notevole, ma non è solo questione di costi dei prodotti, perché un prezzo elevato non è garanzia di sostenibilità. Esistono filiere produttive con un giusto rapporto qualità prezzo che adottano pratiche ecocompatibili. Come consumatori dobbiamo diventare parte attiva del cambiamento, informandoci su ciò che acquistiamo come facciamo per il cibo. E’ necessario uscire dalla logica dell’avere un ricambio costante di abiti, il cambio che serve è culturale”.
*Che cos’è l’Economia circolare
L’economia circolare è un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono reintrodotti, laddove possibile con il riciclo. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore.
I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”.
Per approfondire
L’impatto della produzione e dei rifiuti tessili sull’ambiente | Tematiche | Parlamento europeo
Nuova ecologia-economia circolare del tessile
Riutilizzo del tessile in Ghana
Foto da Pixabay