di Walther Orsi
E’ ormai evidente a tutti che per misurare l’indice di sviluppo di una società non sia sufficiente fare riferimento solo al PIL, ma occorre tenere conto di tanti altri indicatori che determinano la qualità della vita delle persone. Ci si riferisce in particolare all’occupazione, all’ambiente, alla salute, all’istruzione, alle condizioni abitative, alla giustizia, alla sicurezza sociale, alla cultura, alla dotazione di servizi ed infrastrutture. La qualità della vita è legata inoltre alla capacità di controllo e riduzione di alcune svantaggi (“disamenities”) prodotti da una determinata crescita economica: povertà, criminalità, inquinamento, congestione stradale, solitudine, dipendenza, disagio ed emarginazione sociale.
In tale prospettiva la povertà, spesso crescente nei sistemi sociali evoluti, non è che la punta dell’iceberg degli svantaggi determinati da un determinato modello di sviluppo. La povertà infatti non è solo di tipo economico, ma si rivela anche come carenza di: educazione, cultura, relazioni, sicurezza, salubrità ambientale, disponibilità di servizi, autonomia personale, opportunità per sviluppare ruoli lavorativi e sociali.
La povertà si manifesta quindi come carenza di inclusione sociale, cioè di una condizione in cui tutti gli individui vivono in uno stato di accoglienza, equità e di pari opportunità. L’inclusione sociale ha l’obiettivo di eliminare qualunque forma di discriminazione all’interno di una società, ma sempre nel rispetto della diversità.
Impegnarsi per favorire l’inclusione sociale significa promuovere uno sviluppo sostenibile, rendendo le comunità e le città più vivibili, sicure e soprattutto inclusive. In questa prospettiva è necessario prendere innanzitutto consapevolezza di alcuni fenomeni che, nell’attuale società italiana, segnalano situazioni di povertà, disagio ed emarginazione sociale, contribuendo a condizionare negativamente la qualità della vita prodotta dal nostro modello di sviluppo.
La povertà assoluta incide di più quando sono presenti dei minori (diventa il 19,8% delle famiglie con tre o più figli minori). Gli stranieri in povertà assoluta sono un milione e 500 mila, con una incidenza pari al 30,3%.
Ma esiste anche una povertà intesa come carenza di relazioni.

L’ultimo rapporto Istat sull’inclusione sociale, interpretando in modo ampio la disabilità, stima che circa il 25,5% della popolazione italiana presenti una qualche forma di disabilità.
In particolare circa 3 milioni di persone presentano limitazioni gravi che determinano notevoli difficoltà nella gestione delle attività essenziali della vita.

di disagio che comunque fa emergere una carenza, o un forte condizionamento del sistema delle relazioni. A questo proposito sempre dai dati Istat si scopre che il 22% degli adulti fra i 15 e i 64 anni, nel 2017, ha fatto uso di una qualsiasi droga. Fra i giovani uno su cinque ha fatto uso di cannabis, il 6,8% ha fatto uso di cocaina.