di Walther Orsi
Di fronte ai danni all’ambiente e ai cambiamenti climatici molto evidenti, si fa sempre più urgente la necessità di individuare risposte tese a dare un futuro al pianeta, ai nostri figli e nipoti.
La Comunità europea, attraverso il Next Generation EU, quale strumento di emergenza per la ripresa (Recovery fund), si propone diversi obiettivi per proteggere i mezzi di sussistenza, rimettere in sesto l’economia e favorire una crescita sostenibile e resiliente. In coerenza con gli orientamenti dell’Europa, anche l’Italia si propone una transizione ecologica che prevede nuove modalità di produzione, ma anche nuovi modelli di consumo, equo, solidale e sostenibile.
Nel nostro paese è sempre più diffusa la consapevolezza della necessità di questa profonda trasformazione, anche grazie al contributo dei mass media. Quasi ogni giorno i quotidiani, la televisione, i social ci comunicano questa difficile situazione ambientale creata dall’uomo negli ultimi decenni. Basta ricordare le tante informazioni che quotidianamente vengono diffuse sulla presenza delle plastiche negli oceani, sull’inquinamento dell’aria, sull’esondazione dei fiumi, sulle malattie provocate dalle sostanze nocive prodotte da alcune industrie, sulla presenza nei terreni di sostanze che inquinano le falde acquifere. Ma l’elenco dei danni all’ambiente sarebbe ben più lungo.
Può essere utile inoltre fare riferimento ad alcuni indicatori che sottolineano ulteriormente la necessità di un radicale cambiamento del nostro modello di produzione e consumo. Il sistema economico mondiale non è assolutamente equo perché il 12% della popolazione europea e americana consuma il 60% dei beni del mondo, mentre il 33% della popolazione più povera consuma solo il 3% di tali beni.
A questo proposito occorre ricordare che anche in Italia sono presenti forti differenze nella distribuzione dei redditi e dei consumi. C’è chi ha esagerati livelli di reddito e di consumo e chi vive in situazioni di assoluta povertà (sono circa 5 milioni di persone). Il 15,2% degli italiani ha una seconda casa, mentre invece il 10% di tale popolazione non ha una abitazione sana e sicura nel tempo. Queste differenze purtroppo tendono ad aumentare ulteriormente a causa dell’emergenza Covid.
Ma al di là delle differenze l’Italia tende ad avere mediamente elevati livelli di consumo soprattutto per determinati beni: è sufficiente ricordare che siamo il secondo paese al mondo, per tasso di motorizzazione, con 646 auto per 1.000 abitanti e che gli italiani possiedono più di uno smartphone a testa (sono infatti 80 milioni per 60 milioni di residenti). Un recente studio americano stabilisce che mediamente le famiglie sono circondate da 300.000 oggetti, nella maggior parte inutili, che non vengono buttati “perché potrebbero servire”.
Di fronte alla necessità di un forte cambiamento dei sistemi produttivi e di consumo è giusto confidare nelle notevoli potenzialità delle politiche europee ed italiane, legate al Next Generation EU, ma non è sufficiente. Credo sia fondamentale che ogni persona assuma nuovi valori, modelli culturali e stili di vita. Occorre interrogarsi sui nostri modelli di consumo e di uso dei beni, per verificare la sostenibilità di determinati comportamenti. C’è chi dice che “basterebbe sgombrare gli appartamenti delle cose superflue per dare spazio alle persone e agli affetti”.
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