di Paola Cuzzani

Con i ragazzi e anche con i bambini in tutte le fasce della scolarità forse è più importante essere al loro fianco nel fare e nel far fare piuttosto che nell’illustrare o nel parlare teoricamente di argomenti che potrebbero riguardarli e fors’anche interessarli, ma potrebbero anche giudicarli ripetitivi, noiosi, già sentiti anche se non necessariamente ascoltati e quindi capiti.

L’errore più comune che l’adulto fa quando si accosta ad un ragazzo o anche ad un bambino è quello di voler dirigere e controllare non solo le sue azioni, ma anche a volte le sue emozioni, il suo sentire, con frasi che risuonano come una musica poco coinvolgente, noiosa appunto e per nulla trainante: “la mia esperienza mi fa dire che …, imparate dagli adulti che ci sono già passati, fidatevi di loro perché pensano al vostro bene e vogliono preservarvi dai pericoli …  e così via”.

Più raramente l’adulto accompagna, affianca e fa con, fa insieme, misurandosi con una dimensione di ascolto e di conseguente apprendimento, perché è bene ricordare che la relazione con l’altro è sempre fonte di apprendimento anche e forse, soprattutto, per l’adulto che si accosta e si misura con un’alterità di non facile comprensione come è quella del mondo giovanile.
Il ragazzo, così come il bambino e la bambina imparano più velocemente e con più soddisfazione facendo e quindi anche correndo dei rischi che sono poi i rischi del vivere quotidiano che nessun adulto, per quanto protettivo, può impedire.
Apprendere dall’esperienza può essere più faticoso, ma anche più divertente e più formativo, perché l’imparare facendo si incide più profondamente nella memoria cognitiva e corporea dell’ “apprendista”.
La guida deve essere discreta, di osservazione partecipante, direbbero i sociologi, con una visione a 180 gradi.

Perché queste brevi riflessioni, a quale scopo?
Cosa sono le buone pratiche sociali che un cittadino che vuole essere un “cittadino di sana e robusta costituzione” può mettere in atto e agire in un contesto scolastico, e come si possono realizzare all’interno della scuola primaria, secondaria in una alleanza stretta e costruttiva con gli educatori primari, che sono i genitori, gli insegnanti e perché no anche i nonni laddove sono disponibili?
Le scuole hanno sempre meno possibilità economiche per attivare iniziative non solo ricreative ma anche culturali; allora perché non sviluppare piccoli percorsi di educazione civica, educazione alla conoscenza e al rispetto dell’ambiente esterno, con tutti i suoi abitanti, ivi compresi gli animali, le piante, gli alberi ma anche di quello interno alla scuola che per tante ore è la casa degli studenti, di educazione alimentare e di igiene di vita, riscoprendo la bellezza e il valore del camminare, compresa anche la fatica del raggiungere la meta prestabilita con cittadini volonterosi di Cittadinanza Attiva che, attingendo alla loro cultura ed esperienza anche professionale, possono aprirsi e inserirsi con leggerezza e con rispetto in questo mondo scolastico così ricco di opportunità e di sollecitazioni.

Queste sono solo alcune suggestioni, altre, sostitutive o integrative di queste possono essere individuate e proposte.
Il metodo che secondo noi sarebbe da utilizzare non è quello del docente, ma quello del “compagno di strada” che ha fatto esperienze diverse, anche in tempi non vicinissimi e che si propone di raccontarle, accompagnando il ragazzo o la ragazza in un vissuto ancora possibile e realizzabile, mantenendo sempre però un’attenzione quasi maniacale all’ascolto e al confronto con i suoi interlocutori.

Un problema che molti genitori e forse anche molti insegnanti hanno con i ragazzi e già anche con i bambini più piccoli, è quello del TONO della voce, spesso inadeguato, a volte arrogante, forse anche in modo inconsapevole.
Allora se fra i Cittadini Attivi ci fosse un attore in pensione con un po’ di tempo e un po’ di voglia di rinfrescare alcune sue abilità recitative, perché anziché limitarsi a dire che quel TONO non va bene, non cogliere invece l’occasione di coinvolgerlo e dedicare un po’ di tempo all’ascolto delle diverse tonalità che si possono utilizzare per esprimere concetti e pensieri differenti, avvalendosi di quel “professionista della voce” che è però anche un cittadino attivo.

Questo è solo un esempio, altri, anche più importanti, possono essere indicati e definiti insieme. L’educazione alimentare ad esempio, visto il problema dell’obesità infantile, che anche nel nostro paese sta presentandosi in modo abbastanza preoccupante, può essere sì illustrata, con i rischi sottesi, ma potrebbe anche essere presentata come un’occasione di divertente apprendimento, cucinando o preparando insieme a un “cuoco o a una cuoca?” alcuni piatti semplici, gustosi ma anche salutari. Soprattutto i bambini più piccoli amano ancora pasticciare con le mani e l’aver imparato a “fare un piatto” li rende orgogliosi e contribuisce anche questo a incrementare la loro autostima.
“So fare, faccio io, l’ho imparato a scuola!”

L’educazione civica altro esempio, ai miei tempi, era noiosissima perché era raccontata come un insieme di norme, di doveri, e il piacere dove si nascondeva?
Ora non insegnarla più credo sia un errore, ma penso si debba proporla come una specie di ricerca, di osservazione e di sperimentazione di ciò che non va e di ciò che invece va molto bene. Una passeggiata in un parco, un piccolo trekking può non essere solo un’attività fisica, ma potrebbe trasformarsi anche in una divertente esperienza di apprendimento all’aperto, dove il sentiero pulito è la cosa buona, curata, mentre il sentiero con le cartacce o le bottiglie usate, di vetro o di plastica abbandonate, sono la cosa cattiva, sono l’incuria, la sporcizia e l’abbandono.
Il territorio, l’ambiente dove vivo è anche, e soprattutto, il mio: me ne devo prendere cura!


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