di Paola Cuzzani

Evviva i nonni!

Così mi piace iniziare questa brevissima introduzione alle fresche ed autentiche testimonianze che alcuni nonni hanno voluto inviarci, aderendo in questo modo alla proposta che abbiamo fatto, pensando di valorizzare e rendere un po’ più leggero e divertente il ruolo del nonno e della nonna nel rapporto con i nipoti.

La lettura attenta di queste esperienze raccontate, fa emergere una voglia di relazione e di sperimentazione di modalità nuove dello “stare insieme” ai piccoli che ci vengono a volte affidati.

Il racconto di favole inventate ma anche solo lette con un intento attorale di interpretazione per rendere il racconto più emozionante, con un pizzico, perché no, anche di inquietudine che l’interpretazione può provocare, è quello io credo che affascina i bambini e che forse rimarrà nel ricordo dell’adulto domani.

Noi a volte pensiamo che i bambini debbano essere protetti da cattive notizie, da immagini catastrofiche ma, pur senza esagerare, se l’evento viene vissuto insieme, con la protezione che il tenersi per mano, o l’abbracciarsi, può dare, forse diventa un legame o un ponte verso il mondo esterno che protettivo sempre non è.

Andare insieme a pulire parchi, giardini, tratti di strada e ricevere da parte di una persona che transita in auto, un “bravissimo|”, forse alimenta il germoglio dell’educazione civica, del città che va protetta, difesa e tutelata.

Ecco queste sono solo alcune luminescenze che traspaiono da questi racconti.

Tante altre sicuramente ci sono e se altri nonni vorranno salire su questa slitta, le renne per trainarla e trasportarla in un mondo magico e fatato non mancheranno.

Nonna Paola

LO ‘SCRIGNO’ della Nonna : le Torri Gemelle

Sono una nonna. Ho diversi nipoti e per ognuno di loro ho uno scrigno chiuso a doppia chiave dentro di me dove tengo ogni istante che ho passato con loro.

La chiave di questo ‘tesoro’ l’ho solo io !

Ogni tanto lo apro e godo di ogni loro espressione che riesco a rivivere con ciascuno e con tutti assieme. E’ una sensazione bellissima e ogni volta rivivo l’essere nonna.

Il mio nipote più grande, girovago per il mondo, è FRANCESCO. Oggi apro il mio scrigno per voi e ricordo l’11 settembre 2001.

Ero a casa mia è ho acceso la televisione e ho visto il crollo della prima torre. Ho subito pensato che Francesco di otto anni doveva vedere quella tragedia che avrebbe cambiato il mondo.

Mi sono recata a casa sua e l’ho preso vicino a me , mano nella mano a guardare quella tragedia. Ho sempre pensato che a un bambino si può raccontare di tutto con il dovuto modo.

Francesco ha seguito con me ogni attimo di quella tragedia, mi ha chiesto spiegazioni che io ho cercato di dare anche se le notizie non erano chiare.

Quei momenti ci hanno uniti ancora di più; ci siamo fatti coraggio assieme!

Da allora sono passati tanti anni; Francesco è adulto, laureato e gira il mondo per studio e per lavoro. Per due volte è stato a New York al Ground Zero, mi ha pensato e in qualche modo mi ha ringraziato per averlo, lui bambino, considerato ‘adulto’ e fatto assistere al crollo di un mondo.

Ora al posto delle Torri sono state create due fontane quadrate delle stesse dimensioni della base di esse in mezzo ad un parco.

Prendo la chiave e richiudo il mio scrigno.

IL Nonnattore

Arriverò a parlare del mio rapporto coi nipoti, prendendola alla lontana.

Inizio dicendo che sono stato attore e insegnante di teatro. La mia lezione-base partiva da un concetto per me fondamentale: siamo tutti, anche involontariamente, sempre, attori, per tutti i giorni e per tutti gli incontri. Dicevo ai miei allievi che quando alla mattina mi svegliavo entravo nel primo ruolo, quello di marito, trovando il linguaggio, i modi , i gesti per comunicare con mia moglie, ma subito dopo uscendo e andando a scuola, in sala prof, era necessario che uscissi dalla parte del marito, per entrare in quello del collega, con altri linguaggi, altri modi e altri gesti, guai se avessi trattato i colleghi da moglie…e così via…in classe coi ragazzi diventato l’insegnante, guai se li avessi trattati da colleghi, , con gli amici l’amico e infine, ed eccoci al punto, coi nipoti il nonno.

Essere nonno vuol dire dimenticarsi di essere marito, insegnante, amico, collega per essere quello che richiede il ruolo, ruolo che DEVE cambiare coi cambiamenti dei nipoti stessi. Un nonno non può essere uguale se si rapporta con un bambino di pochi anni o se si rapporta con un adolescente.

Io ho provato a ricoprire quella parte sempre con grande impegno ( non so se ci sono riuscito, non posso dirlo io, sicuramente avrò avuto le mie brave cadute di stile e disatteso le intenzioni) sicuramente ho lavorato tanto per questo, cercando di capire ( come fa l’attore col suo pubblico) esigenze e aspettative; ricordandomi di fare quel che serve e non quello che si vorrebbe servisse e soprattutto studiando i tempi che cambiano, rincorrendo le accelerazioni, scoprendo altri modi di leggere gli eventi senza la paura di dover abbandonare delle cose per strada.

Così mi sono trovato ad apprezzare le novità, cose verso le quali ero refrattario, altre musiche, altre dinamiche. Mi sono accorto che così coi nipoti avevamo linguaggi e gusti comuni.

Mi sono chiesto se non era un tentativo patetico di voler “ sembrare giovane”, ma poi ho capito che stavo semplicemente vivendo il mio tempo effettivo, in contemporanea col mondo, l’unico che avevo, perché il passato serviva ad altro , utilissimo, ma non a vivere, e lo stesso era per il futuro.

Così serenamente porto avanti il mio rapporto, con alti e bassi, come deve essere in una dialettica sempre da inventare…e quando sono in difficoltà perché perdo il passo o mi trovo davanti a un problema, cerco di ricordare le mie origini di attore e rispolvero la sana tecnica dell’improvvisazione, per recitare a soggetto, anche senza canovaccio, per meritarmi anche magari solo un tenue applauso di consenso dalla mia storia.

 

Dalle filastrocche alla pagina web


Mi è sempre piaciuto raccontare favole e storie, sono come un balsamo, generano gioia, riflessioni, sollecitano la fantasia e raccontarle è un’arte tipica dei nonni, un patrimonio di grande importanza che si sta perdendo. Nel tempo, la lunga catena dei racconti orali che passavano di generazione in generazione si è interrotta, ma per fortuna molte storie sono state recuperate. Italo Calvino le ha raccolte e riscritte e tradotte dai vari dialetti in un volume [“ le fiabe italiane” della tradizione popolare durante gli ultimi cento anni]. Quando sono stata invitata, qualche anno fa, dalle insegnanti di mia nipote Ilaria nella sua classe (3^ elem) a leggere qualche filastrocca e parlare dei racconti di Gianni Rodari, ho con gioia, subito accettato. Spinta da una grande curiosità ed emozione per questa inaspettata nuova esperienza, volta a concludere un progetto fatto in classe che parlava di rime-poesie e filastrocche, mi sono accorta subito dalle prime frasi lette insieme, che avevo davanti bambini molto interessati, partecipi, attivi, curiosi. Senza rendersene conto stavano scoprendo il valore della memoria, un passaggio di informazioni tra vecchi e giovani, nonna-nipote e i suoi amici, in questo caso, attraverso frasi, parole, sensazioni, e abitudini perse, nel corso degli anni. Quando abbiamo letto la favola di Rodari “Alice Cascherina nel calamaio”,(molto carina e divertentissima – la preferita di Ilaria) sono state tantissime le domande! Proprio, e maggiormente, sul calamaio, questo strano oggetto sconosciuto, che quasi nessuno conosceva e di cui non avevano mai sentito parlare; una raffica di domande si susseguivano una dopo l’altra:

– che cosa è un calamaio? – Io non ne ho mai visto uno! – ma come è fatto? – tu lo usavi?? – Perché non avevi la penna BIC? – non avevi i soldi per comprala?
– divertita e sorpresa ho risposto loro: certamente! Io ho iniziato la prima elementare e ho sempre usato pennino e calamaio, si intingeva la penna nell’inchiostro, facendo bene attenzione a non fare macchie sul foglio, e tutti noi scolari, lo usavamo, a scuola e a casa. Al mattino, il bidello, passava a caricare i calamai inseriti nei banchi, li riempivano d’ inchiostro e poi si iniziavano le lezioni. E’ passato tanto tempo, ma ricordo benissimo! – adesso ci sono le penne a sfera, addirittura anche cancellabili, e gli errori non sono più in problema …vero? È così? … (risata generale)

E’ stato un momento molto bello, dolce e intimo, pieno d’emozioni, anche se in classe c’era una gran confusione tutti alzavano la mano per intervenire, tutti volevano fare le loro domande. Confidenziale, lo scambio tra anziani e bambini, tra due generazioni anagraficamente lontanissime tra di loro, che s’incontrano in una realtà fantastica. Narrare una favola, ha da sempre, la funzione di incantare insegnando qualcosa. I bambini amano le parole, amano che si parli di loro, ma soprattutto, che si presti loro attenzione, ma anche ascolto.

Subito dopo questa esperienza, è nata l’idea di creare una pagina web “La nonna legge Rodari” che si propone come strumento di divulgazione dell’opera di questo scrittore per l’infanzia, geniale ed ironico, grande amico dei bambini, i testi contenuti sono racconti, favole, filastrocche, poesie, aneddoti da condividere ma anche solo semplicemente da leggere insieme ai nipoti sullo smartphone, sul PC, o tablet, tutti strumenti che, attualmente, i ragazzi conoscono molto bene (più di noi) Può essere una bella occasione e uno stimolo per fare delle cose insieme, nonni e nipoti, e perché no? noi nonni imparare dai ragazzi!

Quello che è uscito da questa esperienza, è stato molto positivo ed anche pedagogicamente rilevante, “testimoniare”, non imporre la memoria del passato, dei nonni che vissuti in epoche diverse sono piene di ricordi, ma, fa e farà sempre parte di quel grande patrimonio collettivo su cui ognuno di noi fonda la nostra identità e le nostre radici.

Nonna Raffaella

Sono le due di notte. Squilla il telefono. Non mi spavento: deve nascere la mia prima nipote… Un emozionatissimo Federico (il mio secondo figlio, 21 anni, come la moglie) mi dice “Ma’, è nata Valentina! Sono stato sempre lì, l’hanno fatta tirare fuori a me! Tutto bene, siamo felici!”. Felice anch’io… ho poco più di cinquant’anni, è la prima femmina della famiglia, l’aspettavo tanto. Dopo sono arrivati altri nipoti, tutti attesi, amati e sperati… ma lei è proprio speciale per me. Il giorno dopo vado a conoscerla. E’ un fagottino… è sveglia e mi pianta negli occhi i suoi occhioni neri, un lungo sguardo, intenso, con il quale mi aggancia per sempre. In quel momento è come se le passassi il testimone di una femminilità scoperta tardi, vissuta a tratti con fatica. Ora c’è lei, cammineremo insieme. Da quel giorno sarò per tutti nonna Raffa, la nonna delle storie. Leggere storie è il mio mestiere, da sempre, tanto da averne alla fine fatta una professione. Quando vado nelle scuole i ragazzi mi chiamano prof… No, non prof per favore… Sono nonna Raffa. E nasce così un rapporto profondo, che ci lega misteriosamente, lungo nel tempo, perché nonna Raffa c’è sempre, quando sei allegro, quando sei triste, quando hai bisogno di capire un testo “e se me lo leggi tu capisco tutto!”

Nonna Raffa ora è vecchia, ma ritrova tutta la sua intatta infanzia nell’incanto delle storie, ed è il suo modo di trasmettere l’amore, la passione agli innumerevoli nipoti che attraversano la sua vita. I nipoti “veri” sono ormai grandi, Valentina è una giovane donna adulta, ma…”Nonna, mi leggi una storia?…” è il momento di complicità che ancora ci lega, per affrontare un momento difficile, per parlare di un argomento spinoso, per ritrovare l’intensità di quel primo sguardo, la solidità del primo patto.

 

Nonno Roberto

A 63 anni sono diventato nonno,
un emozione incredibile non si può dimenticare.
Da pensionato ho potuto dedicare il mio tempo libero a mia figlia e ai nipoti , Tommaso di 13 anni e Anna di 8 anni.  A loro cerco di raccontare episodi del mio vissuto, esperienze di lavoro,  il lavoro e’molto importante, sevizio militare, loro sono attenti e curiosi.
Nel periodo estivo io e mio nipote siamo andati alla ricerca di funghi, essendo io un conoscitore ho spiegato  quelli commestibili da quelli tossici,  e come ci si deve comportare nel bosco e rispettare il sottosuolo.
Infine un episodio da dimenticare in vacanza al mare io e mia nipote eravamo a fare il bagno quando all’improvviso ho avuto uno svenimento in acqua  stavo per annegare Anna ha dato  l’allarme ha chiamato il bagnino e mi ha salvato la vita.  I nonni sono utile  e i nipoti sono indispensabili.

 

Viaggi immaginari

“Signora, come posso aiutarla?”
” Vorrei andare in Brasile con mio marito”
“Bene ho proprio qui un viaggio che fa per voi”…

Nei pomeriggi invernali bisogna trovare qualcosa di divertente per passare il tempo con i nipoti, così fra le varie attività, giochiamo all’agenzia di viaggi.
Loro sono i tour-operetor e noi siamo i clienti.
Si prende l’atlante per raccogliere un po’ di dati utili. In relazione al Paese che si sceglie di visitare. Giacomo e Tommy propongono i mezzi di trasporto, i menù dei ristoranti, danno suggerimenti su cosa mettere in valigia, sulle escursioni che si possono fare in quei luoghi…
In questi viaggi virtuali ci si cimenta divertendosi in argomenti di geografia e trovando molte informazioni nelle loro e nostre esperienze.
Vengono fuori anche viaggi immaginari, ma verosimili rispetto alle caratteristiche dei luoghi scelti e si affrontano tanti aspetti della vita quotidiana in altri Paesi, come può essere una diversa valuta.

 

Cosa c’entrano le uova con la Pasqua
Mancavano dieci giorni alla Pasqua e un pomeriggio in cui venivano i “tre moschettieri” come ci divertiamo a chiamare i nipotini, ci è venuta l’idea di decorare con loro le uova da far benedire.
Sono tre maschietti molto vivaci ed è bene trovare sempre qualche progetto da realizzare con loro.
“Ma nonni, cosa c’entrano le uova con la Pasqua?”
Così mentre partiva l’attività di coloritura delle uova sode, abbiamo spiegato loro il significato delle uova e la relazione con la Pasqua.
Ci siamo divertiti e tra un uovo e l’altro le domande si susseguivano insieme all’ assaggio delle uova che a volte si rompevano.
Quante emozioni nel raccontare ricordi e aneddoti di un’infanzia ormai lontana, anni ’50, dove ci si divertiva con cose semplici, ma  che spesso avevano significati profondi!
I bimbi, che ci ascoltavano con curiosità, hanno partecipato con molto interesse e se ne sono ritornati a casa con il loro cestino di uova da portare ai genitori e qualche informazione in più.

 

Il Nonno

“Nonno, mi passi l’olio?”- “Coomee si dicee??”- “Per piaceere, mi passii l’olioo?” –Questo signore non è un nonno e se disgraziatamente lo fosse, andrebbe radiato immediatamente dal relativo Ordine.

Mai pensare tuttavia che si possa dire che cosa debba o non debba essere un nonno. Il nonno “è”, punto. Chiediamoci piuttosto perchè i pargoli vengano affidati ai nonni. I motivi possono essere i più vari ma venendo all’essenziale si tratta di un affidamento per una custodia sicura che l’esperienza personale di ciascuno dice possa essere riempita in mille modi. Sul come, è affare personale dei nipoti e dei nonni. Nonne e nonni si giocano sicuramente la partita in modo diverso anche in ragione delle diversità delle loro esperienze di vita prima di avviarsi sulla strada della nonnitudine. Pur non appartenendo all’Ordine delle nonne mi sembra che loro se la giochino molto sulla preparazione di manicaretti di diversa natura, con un occhio ad evitare svolazzi di farina e impastricciamenti di pasta sulle sedute di sedie e poltrone. I nipoti qui sono un po’ presi per la gola in un sottile e sotterraneo duello di abilità culinaria tra la nonna e la nuora o la figlia. Ora si dirà che opero l’ennesima riduzione della donna allo stereotipo casalingo. Va bene, accetto la critica, a mia parziale discolpa va tenuto in conto la mia estraneità all’Ordine delle nonne, prometto che d’ora in poi mi asterrò da ulteriori invasioni di campo.

Se il nonno “è”- punto-, diventa contraddittorio chiedersi cosa deve essere, cosa deve fare. I dati di fatto, strutturali, sono: l’affidamento fiduciario, la forte differenza di età tra i due soggetti (dato bio-fisiologico), la durata ipotetica dell’affidamento. Dentro queste tre polarità corre il fluido delle empatie. Il vecchio non può reggere l’attivismo fisico e la dinamicità del pargolo altrimenti rischierebbe di schiattare; deve mettere in atto strategie ammaliatrici che focalizzino la sua attenzione su oggetti, immagini e discorsi capaci di opporre un’astuta resistenza al fatto che, come dice il detto popolare, carne che cresce non sta mai ferma. Sui contenuti di questa strategia ogni nonno ha la sua ricetta personale che ha affinato in anni di schermaglie con il piccolo, che per altro cresce, da qui la necessità di adottare attente innovazioni di contenuti e stilemi. Un dato è certo: se il nonno accettasse di svolgere una qualsiasi funzione normativa scivolerebbe nel baratro dell’antipatia come accade al nonno della pubblicità dell’olio. Esigere che questa funzione sia prerogativa esclusiva dei genitori non significa non porsi anche ad argine alle più sfrenate pulsioni del nipote ma farlo in modo gentile, ironico mettendo in evidenza come proseguendo sulla strada intrapresa dalla bestiola si perda per entrambi tutto il divertimento. Una cosa che mi ha sempre stupito è come i bambini, e in particolare i nipoti nei confronti dei nonni, non abbiano la percezione di quanto i vecchi siano brutti, consapevolezza che si acquisirà solo molto più avanti negli anni. Questa osservazione mi induce a ritenere che ciò sia la ragione per la quale tra nonni e nipoti esista quasi una “simpatia fisica” che assume una speciale rilevanza quando i fanciulli restano a dormire dai nonni, magari nel lettone con loro.

L’addormentamento del pargolo merita una speciale considerazione: le trattative per mandarli a letto si svolgono come nel più orientale dei suk e si concludono quasi sempre con la promessa di un racconto o la lettura di una o più favole. Personalmente preferisco raccontare una favola inventata li per li. Non è che io sia un Andersen …. ma così mi diverto di più e anche il gradimento dei miei utenti è buono mentre il risultato dell’addormentamento viene comunque conseguito, pur in tempi variabili. Il più delle volte le mie sono storie, già questo è un termine impegnativo, nelle quali è difficile trovare un capo e una coda: quello che attira è il variare della coloritura e della espressività della voce che accompagna le sgangherate vicende dei personaggi. Comunque sia, un inchino del Principe di fronte al Re, al quale sta chiedendo la mano della figlia, accompagnato da un lieve ma inequivocabile rumore che mettere in imbarazzo tutta la corte ad eccezione della Principessa che lo accoglia invece con una grande risata, ha un indubbio successo nell’uditorio. Il guaio è che il biricchino, appena l’indomani incontrerà la mamma, maliziosamente le racconterà della nuova favola del nonno, a cui lei manderà, con severissimo cipiglio, uno sguardo fulminante.


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