Il 9 e il 10 novembre saranno due giorni intensi per Cittadinanzattiva Emilia Romagna. A Bologna festeggeremo i 35 anni del Tribunale per i Diritti del Malato, accogliendo la campagna itinerante “Sono malato anch’io. La mia salute è un bene di tutti” che ha già toccato quasi tutte le regioni d’Italia. Da oggi, fino al giorno dell’evento, approfondiremo in questa rubrica il valore e il ruolo che questo movimento di partecipazione ha avuto in Italia nel corso di questi 35 anni. Proseguiamo con “Trentacinque anni di diritti e di partecipazione”, l’analisi di Tonino Aceti, il coordinatore nazionale del Tribunale per i Diritti del Malto di Cittadinanzattiva, sull’attività e sulle campagne intraprese in questi 35 anni dal TdM.
Trentacinque anni di diritti e di partecipazione
Quest’anno ricorrono i 35 anni dalla fondazione del Tribunale per i diritti del malato (TDM) di Cittadinanzattiva (ex Movimento Federativo Democratico – MFD) e dalla presentazione a Roma, il 29 giugno 1980 in Piazza del Campidoglio, della prima Carta dei 33 diritti del cittadino malato.
La lettura attenta in queste settimane dei documenti storici del Movimento, non lo nascondo, mi ha emozionato e mi ha fatto ripercorrere situazioni, pensieri, confronti, battaglie di tutti quei cittadini protagonisti della Rivoluzione Copernicana attuata dal TDM, dal 1980 in poi, per l’affermazione dei diritti del cittadino malato e per la costruzione del Servizio Sanitario Nazionale. Essere poi qui nello stesso luogo in cui tutto questo è nato è un vero e proprio privilegio per me che ho tanti anni quanti il TDM e il Servizio Sanitario Nazionale!
L’imponenza della storia, dei numeri, dei fatti e dei risultati raggiunti dal Movimento è stata il frutto di forze, coscienze, sensibilità, storie, competenze, pensieri, azioni di persone, cittadini attivi, che hanno fondato, animato, sviluppato e sostenuto giorno dopo giorno il Tribunale e i diritti dei cittadini. E permettetemi di rivolgere un pensiero e un ringraziamento a tutti coloro che hanno contribuito a realizzarlo, in particolare a chi come Francesco Marabotto, Amos Albertini, Gabriele Ideo, Annamaria Tempesta, Aldo Sardoni tanto si sono spesi per i diritti delle persone malate, hanno lasciato un segno tangibile, ma non sono più qui con noi.
L’idea di un Tribunale per i diritti del malato ha origine con il libro “L’Uomo Negato” di Giancarlo Quaranta, all’epoca leader del Movimento Federativo Democratico, che sostanzialmente afferma: quando un uomo si ammala non è solo il suo corpo a subire un’alterazione, ma sono la sua identità personale e il suo ruolo nella società a essere rimessi in discussione. Il malato, soprattutto se ospedalizzato, sfugge alle norme del controllo sociale ordinario: non lavora, non ha obblighi familiari, non ha relazioni sociali normali. E per questo, specialmente se “il malato” sono i tanti malati di una società di massa, diventa un pericolo. Per ristabilire su di lui il controllo sociale, si crea un sistema di norme, di significati e di valori, cioè un’istituzione, che sostituisce quelle della vita ordinaria.
È la malattia-istituzione a presiedere il funzionamento delle strutture sanitarie, secondo una logica che non ha niente a che fare con la malattia fatto biologico. In forza di questa logica, l’ospedale diventa un carcere, ogni procedimento terapeutico contiene tratti di spersonalizzazione, i malati sono una casta, il malato diviene una malattia e quindi, appunto, un uomo negato.Per questo suggeriva un programma incentrato su una gestione della salute in nome degli interessi popolari, interessi che non erano contrapposti a quelli di medici e paramedici – così si chiamavano all’epoca – e che costituivano anzi una riserva di energie per una profonda riforma della sanità in Italia. La lotta che veniva proposta era condotta sul piano delle istituzioni e non contro di esse. Viene quindi per la prima volta avanzata l’idea di costituire un “Tribunale per la difesa dei diritti dell’ammalato”.
In quegli anni accadeva: letti gettati dalle finestre degli ospedali dai degenti in segno di protesta per le loro condizioni; mense ospedaliere gestite dall’esercito a causa degli scioperi del personale sanitario; bambini legati ai letti per mancanza di personale; mance estorte per servizi dovuti; orari di visita al di fuori di ogni ragionevolezza, anche per i bambini degenti; abbandono dei degenti; restrizione di ogni collegamento con il modo esterno; soprusi, offese e piccole violenze; costante violazione della riservatezza e del senso del pudore; sporcizia ovunque; malati abbandonati negli escrementi; mancanza di medicine, garze, ecc…
Accade anche che diventa operativa la Legge 833 del 1978 che riforma la sanità del nostro Paese istituendo il Servizio Sanitario Nazionale e che fissa questi principi: “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività mediante il Servizio Sanitario Nazionale. La tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana.
Il Servizio sanitario nazionale è costituito dal complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività destinati alla promozione, al mantenimento ed al recupero della salute fisica e
psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali o sociali e secondo modalità che assicurano l’uguaglianza dei cittadini nei confronti del Servizio. L’attuazione del SSN compete allo Stato, alle Regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la partecipazione dei cittadini. Le Associazioni di volontariato possono concorrere ai fini istituzionali del SSN…”
Le difficoltà e la domanda di giustizia dei cittadini che entrano in contatto con i servizi sanitari di quegli anni, oltre che la necessità/maturità da parte del Movimento di guidare politicamente, nell’ottica dell’interesse delle persone (all’epoca si diceva popolare), l’attuazione del SSN e quindi l’implementazione della legge 833/1978 , portarono lo stesso Movimento a decidere di lanciare il 1° gennaio del 1980 il Tribunale per i diritti del malato.
Da quel momento tantissime persone, alle “radici dell’erba” e “dai tetti in giù”, armati di registratori e di macchina fotografica danno il via a quella rivoluzione sanitaria e civica, a quella mobilitazione diffusa che ha come messaggio il riscatto dei cittadini malati. Insomma i cittadini iniziano ad “impicciarsi”. L’uomo malato prende il posto della malattia, delle esigenze del personale sanitario o delle procedure organizzative sino al quel momento al centro della vita degli ospedali. “Tutti possono fare qualcosa, tutti devono fare qualcosa” perché è possibile, con la collaborazione di tutti, razionalizzare, modernizzare e
umanizzare uno dei settori più importanti per la vita delle persone e del Paese.
Il messaggio del Tribunale si diffonde velocemente tra le persone “di bocca in bocca” aggregando migliaia e migliaia di cittadini, che iniziano a raccogliere segnalazioni ed inviarle al TDM. Tra le prime ricordiamo quella di Maria Grazia Carbone che racconta l’assistenza disumana ricevuta da sua figlia, poi deceduta, al Policlinico Umberto I di Roma. Il motivo della segnalazione, dice Maria Grazia, è “perché non accada ad altri” e questa frase ha segnato per sempre l’attività del TDM e di ciascuno che in esso si è impegnato. Maria Grazia stessa si è impegnata successivamente per anni all’interno del TDM del San Camillo di Roma e sono tanti i cittadini attivi che, come Maria Grazia, ieri come oggi, dopo esperienze personali hanno deciso di impegnarsi nella tutela dei diritti e nel TDM.
Per sostenere maggiormente le segnalazioni spontanee dei cittadini, il Movimento in collaborazione con la Regione Lazio promuove un’indagine sulle condizioni dei degenti negli ospedali romani: vengono raccolte 1.100 interviste. La fotografia che ne esce è agghiacciante.
All’indomani del 29 giugno del 1980 in Piazza del Campidoglio viene proclamata la prima Carta dei 33 diritti del cittadino malato, e negli anni 80 ne seguiranno altre 90 a livello locale. Sulle prime pagine dei giornali si leggeva “Il Malato ha 33 Diritti”. Con la Carta si affermano la centralità del malato con diritti concreti e l’assunzione di responsabilità da parte dei cittadini. Questi ultimi esercitano di fatto, poteri, diritti e responsabilità per promuovere l’interesse generale: si afferma nella pratica una sovranità sussidiaria (da padroni di casa della Repubblica).
Tra i 33 diritti sanciti voglio ricordarne alcuni. Il diritto a non dover dare mance per ricevere un servizio o un posto letto; il diritto ad essere assisti da personale sanitario identificabile con cartellino; il diritto da parte dei malati a disporre di organi che li rappresentino (i Centri per i diritti del malato); il diritto del malato alla parità e all’eguaglianza di trattamento assistenziale; il diritto del malato anziano a non essere ricoverato in ospedale su richiesta dei parenti; il diritto della donna degente ad esercitare liberamente scelte di valori e comportamenti; il diritto dei bambini degenti ad essere assistiti senza limitazioni di tempo, soprattutto da parte dei genitori; il diritto dei bambini a non essere trattati con mezzi di contenzione; il diritto del bambino al gioco; il diritto del malato a dettare brevi osservazioni da inserire in cartella clinica; il diritto di ogni malato ad usufruire, durante la degenza, di lenzuola, federe, cuscini, coperte, posate, sedie a rotelle, forniti dall’amministrazione ospedaliera; il diritto del cittadini ad ottenere cibo di buona qualità; il diritto di tutti i malati ad usufruire di servizi igienici puliti; il diritto dei malati a vivere le giornate di degenza secondo gli orari medi della vita civile; il diritto dei malati a partecipare tramite propri rappresentanti o attraverso il Tribunale per i diritti del malato alle contrattazioni collettive tra Governo, Regioni, Sindacati; e tanti altri diritti ancora.
Il messaggio politico del Tribunale, la proclamazione della Carta dei 33 diritti e le Giornate nazionali dei diritti del malato che hanno inizio a partire dal 14 giugno 1981, portano il numero delle sezioni del TDM da 50 a 150 in un solo anno, dal 1982 al 1983. Oggi siamo ad oltre 300 sezioni in tutta Italia.
L’esperienza del Tribunale non è stata vista da tutti bene. Nel 1980, ad esempio, l’Ordine dei Medici di Roma invia una ingiunzione, convocando i medici che collaborano con il Tribunale per i diritti del malato e richiamandoli ai loro doveri professionali, ma nessuno dei medici che opera nel TDM si presenta all’appello dell’Ordine. Anzi, uno di loro, Giovanni Berlinguer, scrive all’Ordine dicendo che non vede la ragione della convocazione, dal momento che egli ha aderito al TDM proprio perché pensa che un medico non possa fare a meno di garantire in concreto la dignità delle persone malate.
Quelli che condividono l’impegno del TDM e i contenuti della Carta dei 33 diritti in quegli anni sono moltissimi: cittadini comuni, medici, operatori, amministratori, professori universitari ma anche politici. Il 14 novembre del 1986, 89 deputati di partiti diversi depositano in Parlamento la proposta di Legge-Quadro sui diritti del cittadino malato, elaborata dal Movimento Federativo Democratico dopo anni di lotte all’interno delle strutture sanitarie. Il Disegno di legge riconosce finalmente alle carte dei diritti del malato e quindi ai cittadini il potere di determinare i grandi diritti alla dignità, all’informazione e alla salute sanciti dalla Costituzione. Accanto alle leggi sanitarie, accanto al codice civile e penale, viene riconosciuto alle Carte dei diritti del malato il valore di raccolte di usi e consuetudini e quindi vere e proprie fonti del diritto.
Un noto costituzionalista e deputato dell’epoca, Franco Bassanini, sostiene che la proposta di legge quadro sui diritti del malato è un esempio di come si debba fare la riforma istituzionale e definisce la proposta del Movimento Federativo Democratico come una legge di attuazione costituzionale. Tra i parlamentari che sostengono fortemente il Progetto di Legge c’è il nostro Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
I diritti dopo essere stati proclamati e inseriti nelle Carte, in occasione del decennale del TDM (1990) vengono monitorati dal Tribunale attraverso il lancio di un’indagine che mobiliterà 16.000 volontari e documenterà analiticamente la situazione del Servizio Sanitario Nazionale: è il primo Rapporto sullo stato dei diritti dei cittadini.
Nel 1994 il Tribunale tenta di fare una lista dei diritti contenuti in tutte le carte dei diritti di livello locale. Il frutto di questo lavoro sarà un elenco di 100 diritti, sintetizzabili in 15 gruppi. L’esperienza del Tribunale per i diritti del malato viene messa a disposizione dell’elaborazione della Carta Europea dei Diritti del Malato, presentata da Cittadinanzattiva – Active Citizenship Network – a Bruxelles nel 2002. La Carta verrà poi successivamente monitorata nella sua attuazione in 13 Paesi dell’Unione e a partire dal 2007 si celebrerà la Giornata Europea dei diritti del malato. La Carta Europea riceverà dal 2007 in poi vari riconoscimenti dal Comitato Economico e Sociale Europeo e dal Senato della Repubblica Italiana. Molti dei diritti in essa contenuti sono stati recepiti nella “Direttiva 2011/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2011, concernente l’applicazione dei diritti dei pazienti relativi all’assistenza sanitaria transfrontaliera”. È stata inoltre recepita in Carte dei servizi, delibere regionali oltre che fonte per manifesti e carte dei diritti, in Italia e oltre confine, arrivando fino in Colombia, dove abbiamo fondato e attivato, con un gruppo di cittadini attivi locali e l’UNDP, il Tribunale per i diritti del malato colombiano a Cartagena il 25 Aprile 2011.
Nel 2006, con Decreto del Presidente della Repubblica, il Tribunale per i diritti del malato ottiene la Medaglia d’Oro al Merito della Sanità Pubblica. Molti sono stati i risultati raggiunti, e vorrei ricordarli, per render merito al lavoro di decine di migliaia cittadini e cittadine attivi (e tra questi ci sono professionisti sanitari, giuristi, cittadini comuni, imprese, amministratori, politici…). Ne cito alcuni, tradendo un po’ l’emozione del momento.
Abbiamo fatto in modo che le persone malate, i cittadini malati, soprattutto quelli più fragili come bambini e anziani, fossero riconosciuti come persone: diritto al gioco e allo studio per i bambini, poter avere l’amore e la presenza dei familiari costantemente, abbattendo limitazioni di orari di visita ridottissimi (non era infrequente la pratica della contenzione fisica e che per ricoveri lunghi per malattie infettive i bambini non vedessero i genitori anche per mesi), lavorato per avere geriatrie personalizzate. E ancora, su questo, lavoro da fare ce n’è, e molto: contenzione fisica e farmacologica ancora sono presenti soprattutto per gli anziani; uso di cateteri e pannoloni dove non ce ne sarebbe bisogno per supplire carenze organizzative o di organico, dimissioni forzate. E lo ricordo non al fine di scoraggiarci, ma per ripartire con determinazione in battaglie che devono andare nella direzione dell’umanizzazione delle cure. Su questo fronte, quello dell’umanizzazione, molto abbiamo ottenuto. Il miglioramento del confort, che ha trasformato gli stanzoni da 6/10 e più letti, bagni promiscui per uomini e donne, in stanze a due posti, dotate di armadietto, bagno dotato di chiave; orari di visita familiari più ampi; orari dei pasti più consoni. Il riconoscimento della pratica del culto religioso, quanto mai attuale nella nostra società multiculturale, con la realizzazione di stanze del silenzio o del culto.
Abbiamo raccolto, catalogato, premiato e valorizzato buone pratiche, grazie al Premio Andrea Alesini per le buone pratiche in sanità e l’umanizzazione delle cure intitolato ad un direttore generale illuminato, prematuramente scomparso: migliaia i progetti raccolti, decine quelli premiati. Continue le battaglie per la semplificazione, per contrastare le odiose e incomprensibili vessazioni burocratiche, le sofferenze inutili, che aggravano la condizione di malattia. Ne sono un esempio la necessità per le persone affette da patologie croniche e ingravescenti di doversi sottoporre a visita di controllo per la conferma dell’invalidità civile e accompagnamento, o la necessità di rivedere l’esenzione per patologia. Battaglie in parte vinte, con l’approvazione della l. 80 del 2006 e del decreto Semplifica-Italia, ma ancora da far applicare pienamente.
Proseguendo sulla scia delle sofferenze e il dolore non necessari, anni e anni di battaglie hanno portato ad avere non solo una legge che sancisce che non soffrire è un diritto di tutti (persona malata e familiari), in ogni luogo di cura (casa, ospedale, strutture residenziali), in ogni momento dell’assistenza (quando il dolore è acuto, cronico o si è nella fine della vita).
È la legge 38/10, un punto di arrivo importante per il riconoscimento della dignità della persona e per superare affermazioni come “tanto di dolore non si muore” o “bisogna sopportare”. Anche grazie al TDM oggi la terapia del dolore e le cure palliative sono un Livello Essenziale di Assistenza. Ma ancora questo non è sufficiente per garantire l’attenzione e la riduzione del dolore in tutti i casi in cui ciò è possibile e necessario: dopo interventi chirurgici, al pronto soccorso, al momento del parto, etc. Ma su questo, anche da componenti della Sezione terapia del dolore e cure palliative del Comitato Tecnico Sanitario del Ministero della Salute, con il programma IN-DOLORE e con il lavoro quotidiano delle sedi del TDM lavoreremo per migliorare le cose e far sì che, ad esempio, la parto-analgesia diventi LEA e garantita per legge.
Abbiamo reso misurabile l’umanizzazione delle cure, mettendo a punto la metodologia e lo strumento di rilevazione e intervento per migliorare le cose, in collaborazione con Agenas che ha interessato 278 strutture. Un grande valore aggiunto nella valutazione dei servizi, aspetto questo troppo spesso formale e non fedele alle esperienze dei cittadini, quindi sostanziale. Migliaia i cittadini coinvolti e istruiti perché mettessero il naso e quindi bocca sui servizi, capitalizzando l’esperienza dell’AUDIT CIVICO avviato nel 2001. L’AUDIT CIVICO, sulla base di standard e indicatori definiti a partire dalle Carte dei diritti del malato, vede un processo di analisi dei dati e valutazione condotto pariteticamente tra responsabili civici e responsabili aziendali, e piani di miglioramento condivisi.
Insomma i cittadini in Italia hanno conquistato ed esercitato il diritto a controllare di persona la qualità dei servizi offerti. Fino ad oggi sono stati realizzati 411 cicli di AUDIT CIVICO, 15 programmi regionali e 6 rapporti nazionali e la sperimentazione in ambiti come la rete dell’emergenza-urgenza, i dipartimenti per le dipendenze e i SERT, l’assistenza protesica e integrativa, l’assistenza domiciliare. Abbiamo lavorato perché il diritto elementare, ma non scontato, a ricevere le informazioni su servizi, prestazioni, modalità di accesso, fosse riconosciuto e concretizzato: abbiamo lavorato alla stesura del decreto che ha istituito le Carte dei Servizi. Abbiamo realizzato numerose campagne di informazione ed empowerment, nelle piazze, negli ospedali, nei centri commerciali, per spiegare servizi e diritti: dal consenso informato, alla prevenzione di patologie importanti come quelle oncologiche, di cuore e cervello, sul dolore, sui ticket, sulla procreazione medicalmente assistita, etc.
Esperienze tragiche come le morti avvenute nella camera iperbarica della clinica Galeazzi di Milano e i trapianti di cornee infette al Policlinico Umberto I di Roma hanno trovato immediata risposta con la messa a punto di Ospedale sicuro, il programma che ha evidenziato l’inesistenza di governi di sicurezza, come hanno dimostrato i monitoraggi di 150 ospedali e i risultati che ogni anno sono stati resi pubblici, in una classifica che rilevava gli ospedali con situazioni più critiche e allarmanti. L’impegno per la sicurezza è stato forte e determinato: imparare dall’errore, la carta della sicurezza nella pratica medica hanno fatto da apripista alla messa a punto di strumenti di controllo degli errori negli ospedali e nei contratti del personale sanitario.
La battaglia per un consenso davvero informato, scritto, proposto per tempo ha prodotto alcuni risultati, come la realizzazione di consensi scritti insieme al Tribunale per i diritti del malato, la formalizzazione scritta, ma ancora molto c’ è da fare. Sul fronte della sicurezza, poi, non possiamo dimenticare il lavoro fatto attraverso azioni legali vinte per malpractice: cause per la mancanza del consenso informato, per lesioni da decubito, per infezioni ospedaliere, per morti sospette, sulla nota vicenda del sangue infetto, etc. Sulla vicenda sangue infetto abbiamo fatto pressioni e ottenuto l’approvazione della l. 210/92, che riconosce il diritto all’indennizzo ai danneggiati da sangue infetto per epatite e HIV, oltre che aiutato migliaia di persone a compilare e presentare la domanda nei tempi dovuti.
Grazie ad azioni legali pilota abbiamo ottenuto che la legge 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita abbattesse limitazioni incomprensibili, come quelle che colpivano persone affette da malattie genetiche.E ancora, in merito al diritto al rispetto del tempo del paziente, non possiamo dimenticare le battaglie storiche sulle liste d’attesa, messe nell’agenda politica anche grazie alle nostre pressioni, per una maggiore trasparenza, la cancellazione di quelle pratiche che vedevano persone accampate fuori dall’ospedale sin dalla notte per prendere il numeretto e avere accesso alle prestazioni, attraverso l’istituzione dei centri unici di prenotazione (CUP) e i codici di priorità. Ma anche su questo ancora molto c’è da fare per unificare le agende di prenotazione, renderle davvero trasparenti, soprattutto per gli interventi chirurgici. Sul fronte dell’emergenza-urgenza il TDM ha accompagnato la realizzazione di strutture fondamentali come l’istituzione della centrale operativa 118, l’introduzione del triage e la recente Carta dei diritti al pronto soccorso.
Ci siamo battuti per l’accesso ai farmaci, ottenendo che fossero erogati a carico del SSN decine di farmaci per persone affette da malattie croniche, rare, oncologiche; che le procedure per la prescrizione dei farmaci oppioidi fossero semplificate (prescrizione in triplice copia e necessità di procedure di sicurezza ostacolavano la prescrizione e l’accesso per le persone che ne avevano bisogno, in particolare quelle nella fase terminale della vita).
Sempre sul fronte della partecipazione dei cittadini, non si può dimenticare l’impegno e il successo ottenuto nel D.Lgs 502/92, che all’art. 14 riconferma il diritto alla partecipazione come parte integrante della riforma sanitaria e le organizzazioni di cittadini come attori nella governance del sistema sanitario.Il TDM ha sostenuto il cambiamento dell’assetto istituzionale del SSN attuato con il 502/92 che ha previsto la cessazione della poco gloriosa storia dei comitati di gestione e l’affermazione dell’aziendalizzazione: la scelta non è stata facile, anche per l’ancora pressante ingerenza partitica. Per questo fu promossa e sostenuta, anche dal TDM, la nascita della Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) che avrà la prima sede proprio presso il Movimento Federativo Democratico.
Per far contare di più la voce dei cittadini, in particolare di quelli affetti da patologie croniche e rare, istituisce il Coordinamento nazionale delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC), che conta oggi oltre 100 tra associazioni e federazioni di associazioni di pazienti. Obiettivo: portare avanti politiche unitarie sul tema delle cronicità, anche attraverso il Rapporto Annuale sulle politiche delle cronicità. Il lavoro svolto ha portato alla messa a punto del primo Piano nazionale della cronicità, al quale stiamo lavorando, insieme alle associazioni, alle società scientifiche e al Ministero della salute.
Abbiamo tutelato centinaia di migliaia di cittadini. E continuiamo a farlo gratuitamente, ogni giorno, attraverso le sezioni del TDM e i servizi PIT. Diamo voce alle esperienze dei cittadini ed alle difficoltà che incontrano con i servizi sanitari attraverso il Rapporto PIT Salute, giunto alla sua 18esima edizione. E i loro occhi e le loro storie ci raccontano di un’Italia stretta e lunga, nella quale i diritti cambiano spostandosi da un confine amministrativo ad un altro: tra le regioni, ma anche all’interno della stessa regione, tra aziende sanitarie e distretti.
Per questo, per restituire la fotografia più compiuta della realtà e avere interventi più mirati alle esigenze del territorio, il TDM si è dotato nel 2011 dell’ Osservatorio Civico sul Federalismo in Sanità, che produce ogni anno un Rapporto apprezzato tanto dalle Istituzioni italiane, quanto da quelle europee, che ne hanno tradotto alcune parti per documenti ufficiali sullo stato dell’arte dei servizi in Italia. Il primo e fondamentale risultato tangibile raggiunto con l’Osservatorio civico è quello di aver fatto fare un balzo in avanti alle Istituzioni, in particolare passando da un controllo formale dei LEA ad un controllo sostanziale, come prevede il recente Patto per la salute. Siamo impegnati nel monitoraggio del rispetto dei diritti delle persone con disabilità sanciti nella Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, attraverso la partecipazione all’ Osservatorio nazionale istituito presso il Ministero del lavoro e politiche sociali.
Stiamo lavorando insieme a tanti amici per il superamento reale degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari(OPG): grazie alla campagna STOPOPG, nella quale siamo tra i promotori, la chiusura degli OPG è una prescrizione di legge. Ma soprattutto abbiamo inciso nel cambiamento della mentalità del sistema, della politica sanitaria e di tanti operatori. Abbiamo dato coraggio ai cittadini: se non ci fossimo stati noi, forse, sarebbero rimasti a casa con la loro rabbia e rassegnazione, invece abbiamo aggregato energie positive e voglia di fare “perché non accada ad altri”.
Anche grazie all’ attività pressante del TDM, il nostro Servizio Sanitario Nazionale pubblico è considerato uno dei migliori sistemi al mondo nelle classifiche internazionali, ma sul quale, tutti sappiamo bene che dobbiamo lavorare e molto, per proteggerlo, migliorarlo e rilanciarlo. Il SSN è una conquista irrinunciabile e una necessità per i cittadini: questo come affermavamo già nel 1985 può funzionare meglio e a costi minori per la collettività, solo a condizione di assumere come punto di vista portante quello degli utenti di tale servizio.La centralità del malato, assunta sin dall’inizio come asse portante del messaggio e delle azioni del TDM, oggi come ieri, rappresenta non soltanto il principio guida sulla base del quale organizzare o riorganizzare il SSN, ma anche il faro per definire la road map per la sua sostenibilità.
Ma intendiamoci bene sul significato di sostenibilità: finora l’unica sostenibilità affrontata è stata quella di carattere economico che si è tradotta in tagli lineari alle risorse economiche, umane e strumentali,con razionamento di servizi e compressione di tutele e diritti, sacrificando i principi fondanti del SSN: equità, universalismo e solidarietà. E invece proviamo a partire dal concetto di sviluppo sostenibile, vale a dire “uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni” come afferma la Commissione mondiale sull’ambiente e lo sviluppo. Traslando questo assunto al nostro SSN, è evidente che esiste una responsabilità dell’attuale generazione della classe dirigente -e non solo- politica, amministrativa, professionale, civica, delle imprese, di consegnare alle generazioni future, e quindi ai nostri figli e nipoti, un bene comune, conquista irrinunciabile e necessità qual è il SSN, integro nei suoi principi fondamentali, e possibilmente migliore dell’attuale. Questa responsabilità non pensiamo possa essere esercitata proponendo, come unica soluzione alla sostenibilità, le forme integrative di finanziamento privato, che lascerebbero fuori ad esempio disoccupati, anziani, precari.
Invece illuminanti sono le conclusioni alle quali giunge la Commissione Igiene e Sanità del Senato della Repubblica nell’indagine conoscitiva sulla sostenibilità del SSN, che fa proprie le conclusioni del Rapporto di Roy Romanow, della Commissione sul futuro del servizio sanitario in Canada (2002) che afferma “Non vi è alcuno standard su quanto un Paese dovrebbe spendere per la salute. La scelta riflette la storia, i valori e le priorità di ciascuno e – aggiunge – il sistema è tanto sostenibile quanto noi vogliamo che lo sia” In altre parole stiamo parlando di una scelta che è prima di tutto politica. E la scelta per noi è chiara e indiscutibile: continuare a garantire un Servizio Sanitario Pubblico, migliorandolo e rilanciandolo.
Non dobbiamo soffocare in nome della crisi economica e del rigore dei conti, la domanda forte che c’è oggi, come ieri, di vecchi e di nuovi diritti e di un servizio sanitario pubblico forte, efficiente ed efficace. Anzi la prima azione concreta che chiediamo a Governo e Regioni è l’abrogazione del super-ticket di 10 euro sulla ricetta.La realtà oggi per i cittadini è questa: difficoltà crescenti ad accedere alle prestazioni di cui si ha bisogno e necessità di compensare mettendo mano al portafoglio, come dimostrano le segnalazioni che gestiamo; costi privati per prestazioni e servizi, oltre che ticket sempre più pressanti ed alti, tanto da rendere le prestazioni offerte nel pubblico più costose del privato in alcuni casi. E intanto il 9,5% della popolazione rinuncia a curarsi (dati ISTAT 2015), mentre i ticket sono aumentati del 25% tra il 2010 e il 2013 e ancora continuano a crescere (+1,1% nel 2014).
La sfida per il nostro Paese è quella di riuscire a mantenere in perfetto equilibrio l’esigenza del pareggio di bilancio con il rispetto, la tutela e il riconoscimento dei diritti dei cittadini. Questo, dal nostro punto di vista, è possibile per quanto riguarda il SSN, attraverso un suo vero ed effettivo ammodernamento, funzionale al suo rilancio. E l’ammodernamento parte dallo stesso mandato del TDM e cioè riorganizzare il SSN a partire dalla centralità del malato, dei suoi bisogni e non di altri interessi, che nulla hanno a che vedere con il servizio di cura, assistenza e produzione di salute che al SSN è affidato. Gli assi per rilanciare e ammodernare il Servizio Sanitario Nazionale pubblico, ispirandoci a quanto affermato da Romanow, sono sintetizzabili in tre parole chiave:
1 Servizi. Devono essere garantiti tutti -e solo- i servizi necessari ed essenziali (i LEA) per soddisfare le esigenze di salute dei cittadini, garantendo qualità e accessibilità universale e tempestiva, secondo principi di appropriatezza, efficienza ed efficacia che evitino sprechi e ridondanze intollerabili da un punto di vista etico prima che economico.
2 Bisogni. Il SSN deve essere centrato sui bisogni di salute e assistenza dei cittadini che cambiano, in un’ottica non solo individuale, ma di comunità. E questo sfida il sistema a migliorarsi continuamente nelle performance e nell’organizzazione; a promuovere politiche integrate per la salute: nell’ambiente, nelle politiche industriali, nell’istruzione, nella scelte di mobilità pubblica, etc.
3 Risorse. Non sono solo quelle economiche, ma anche il patrimonio strutturale, il parco tecnologico, la ricerca, i sistemi informativi, e soprattutto le risorse umane e professionali necessarie per garantire servizi.
Questa dimensione sottolinea, fra l’altro, la rilevanza del lavoro di cura, il ruolo della trasparenza e dell’integrità del sistema, l’importanza della qualità dei luoghi dove sono assistiti e vivono i cittadini, il valore dell’innovazione e della ricerca, la centralità della formazione e dell’aggiornamento professionale, il riconoscimento del merito. Dobbiamo quindi guardare all’erogazione e alla garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza e non all’esistenza di contenitori, magari vuoti e costosi, come strutture che esistono, ma di fatto non funzionano, sono insicure e mettono a rischio i cittadini.
Tutto questo si traduce in un rinnovamento dell’attività del TDM per essere all’altezza delle nuove sfide. Vuol dire quindi guidare nelle regioni, con le regioni, e con le aziende sanitarie, la corretta implementazione del nuovo Regolamento sugli standard ospedalieri, sostenendo in particolare l’implementazione del modello ad intensità di cura, centrato sulla persona, non primariati o altre esigenze; sostenere e far attuare lo sviluppo di reti cliniche. Vuol dire anche pretendere e presidiare che sia garantita la giusta contropartita in termini di risposte sicure nei casi di emergenza-urgenza e nell’assistenza territoriale, che veda nelle cure primarie un sistema all’altezza dei bisogni di integrazione, assistenza e presa in carico. Vuol dire pretendere e definire standard nazionali dell’assistenza territoriale, a partire da quella domiciliare, che ancora oggi in molte realtà è un lusso per pochi e a pagamento. Vuol dire “impicciarsi” al livello nazionale e regionale dei contratti collettivi, orientandoli ai bisogni dei cittadini, a partire da quelli dei Medici di Medicina Generale e Pediatri di Libera Scelta, in discussione. Vuol dire investire di più in prevenzione, in un’ottica integrata come indica l’Europa che sostiene “la salute in tutte le politiche”. Vuol dire sostenere la vera innovazione tecnologica e selezionare quella utile attraverso processi partecipati di Health Technology Assessment (HTA). Vuol dire lavorare, promuovere e implementare Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali, e mi permetto di aggiungere che dovremmo iniziare a parlare di PPDTA, dove la seconda P sta per prevenzione. Vuol dire investire nella salute mentale e nel ruolo delle comunità e delle persone–risorsa per la comunità. Vuol dire per i cittadini esserci e presidiare i processi di centralizzazione e accorpamento in corso, a partire dagli acquisti e dalla riorganizzazione delle ASL, per salvaguardare qualità, accessibilità, personalizzazione, innovazione, efficienza, trasparenza e partecipazione. Vuol dire accompagnare e sostenere una nuova politica del personale sanitario che risponda meglio ai bisogni dei cittadini, alla ri-organizzazione del SSN, e che riconosca e valorizzi le competenze degli uomini e delle donne professionisti sanitari. Vuol dire promuovere la cultura del merito nelle nomine di direttori generali, sanitari, amministrativi, primari, amministratori… e contrastare clientelismi e corruttele. Vuol dire promuovere e realizzare davvero un sistema trasparente nella definizione delle scelte e nella gestione dei servizi, a partire dalla questione più importante per i cittadini: le liste d’attesa. Vuol dire lavorare insieme ad una nuova normativa sulla responsabilità professionale che mantenga fermo il diritto al risarcimento del danno sofferto dal cittadino, ma contestualmente restituisca serenità ai professionisti in modo da contribuire a ridurre l’alibi dell’iper-prescrizione e le spese inutili per medicina difensiva. Vuol dire continuare a rimuovere le sofferenze inutili, l’aggravio della burocrazia e della cattiva organizzazione dei servizi, come il “palleggio tra professionisti” per la prescrizione. Vuol dire spingere tutti gli attori a superare il proprio “orticello”, per la tutela e il rilancio del SSN, attuando uno dei principi che ha animato i cittadini attivi del TDM: “ciascuno sa che non può ottenere niente per sé, senza ottenere qualcosa per tutti”.
Sto parlando di un Movimento di persone che rinnova il suo impegno, che ha a cuore il SSN pubblico e i diritti dei cittadini malati, dei principi di solidarietà, equità, universalità che lo caratterizzano. Il messaggio che stiamo portando in giro per l’Italia con un tour che rimette al centro i diritti vuole dimostrare vicinanza e solidarietà alle persone malate, non importa la patologia che hanno. Vogliamo parlare in modo nuovo della malattia, come condizione possibile e comune, che può essere affrontata anche col sorriso se vengono rimossi quegli ostacoli che portano sofferenze inutili e ne limitano la dignità. Ma vuole anche riportare al centro il valore della salute, come bene comune, per la persona, per la collettività, per lo sviluppo economico e sociale del Paese. Prima di concludere vorrei ringraziare uno a uno i volontari del Tribunale per i diritti del malato di ieri e di oggi e gli attivisti del Movimento tutti; gli amici delle associazioni di pazienti che lavorano con noi; i numerosi compagni di viaggio.
Grazie di cuore a tutti!
Voglio concludere con il motto della campagna:
“Sono malato anch’io. La mia salute è un bene di tutti”.
E io aggiungo, il Servizio Sanitario Nazionale anche! Difendiamolo insieme!
Tonino Aceti
Coordinatore nazionale Tribunale per i diritti del malato
Responsabile Coordinamento nazionale Associazioni Malati Cronici
scarica la relazione tonino aceti per celebrazione 35 anni TDM