Secondo molti studi, svolgere attività sportive migliora di molto la qualità della vita delle persone. In Italia, sono circa 21milioni le persone che praticano un’attività sportiva, e di conseguenza si abbassa anche la percentuale di sedentarietà. Purtroppo, però, le statistiche non sono così positive per  quanto riguarda le persone con disabilità. Secondo i dati istat nel nostro Paese le persone che soffrono di gravi limitazioni che impediscono loro di svolgere attività abituali sono il 5,2% della popolazione; la quota di persone con limitazioni che si dedicano all’attività sportiva si attesta al 9,1%.
Come dichiarato dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale delle persone con disabilità, “il problema della disabilità non è tanto o solo di tipo assistenziale, ma di opportunità offerte a tutti quanti abbiano una disabilità”, e lo sport ne è un esempio.

Storicamente parlando, lo sport per i disabili è una pratica relativamente recente. Ludwig Guttman, neurologo e dirigente sportivo tedesco, è stata la prima persona a capire l’importanza dell’attività sportiva per persone con disabilità motorie. Nel 1944, infatti, all’interno del centro di riabilitazione motoria di Stoke Mandeville, vicino Londra, Guttman cominciò a organizzare allenamenti specifici per sollecitare la collaborazione attiva dei disabili.
Nel 1948, poi, sono stati organizzati i primi giochi per atleti disabili a Stoke Mandeville, e l’iniziativa ebbe un così grande successo che dal 1960 diventarono internazionali. Da quel momento, infatti, vennero organizzate anche le gare per persone con handicap, le prime Paralimpiadi.

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