La prevenzione delle malattie cardiovascolari attraverso la riduzione dei fattori di rischio classici: il caso del colesterolo.

A cura del Prof. Federico Licastro
Professore dell’Alma Mater, Scuola di Medicina e Chirurgia
Dipartimento di Medicina, Specialistica Diagnostica e Sperimentale

L’aterosclerosi e la prevenzione degli eventi cardiovascolari

Le malattie cardiovascolari (angina pectoris, infarto miocardico acuto, ictus e arteriopatie periferiche) rappresentano la principale causa di morte e di invalidità nelle popolazioni europee, e contribuiscono notevolmente al continuo incremento dei costi sanitari.

L’aterosclerosi, il processo patologico alla base di queste malattie, si sviluppa insidiosamente nel corso della vita. Al momento dell’emergenza dei sintomi spesso la patologia è in stadio avanzato e il controllo terapeutico complesso.

La deposizione di grassi derivati dal colesterolo nella parete dei vasi sanguigni induce un’attivazione di cellule normalmente presenti nella parete vasale, denominate macrofagi. Il macrofago, in seguito all’ingestione di lipidi ossidati e di detriti tessutali, viene attivato e inizia una risposta infiammatoria nella parete del vaso che col tempo porta alla formazione della placca aterosclerotica. I fattori solubili rilasciati dai leucociti infiltranti la parete vasale svolgono un’attività di regolazione sulla risposta infiammatoria e giocano quindi un ruolo importante nello sviluppo e nella manifestazione clinica delle complicanze dell’aterosclerosi, quali ad esempio l’infarto del miocardio.

Le malattie cardiovascolari possono causare anche la morte, in modo talmente improvviso da non consentire in tanti casi un intervento sanitario efficace.

Rischio cardiovascolare assoluto e relativo

I familiari di primo grado di pazienti con malattia cardiovascolare precoce, in quanto portatori di un rischio intrinseco di malattia più alto, sono considerati un obiettivo prioritario della prevenzione cardiovascolare nella pratica clinica (1). Per un’efficace attività medica di prevenzione del rischio è necessario individuare i fattori di rischio associati e/o predisponenti agli eventi cardiovascolari.

I fattori di rischio coronarico hanno un effetto moltiplicativo e proporzionale al tempo di esposizione ad essi.

La stima del rischio globale assoluto di eventi cardiovascolari indirizza l’intensità degli interventi di prevenzione onde evitare trattamenti eccessivi nei soggetti a basso rischio e trattamenti inadeguati nelle persone ad alto rischio.

La valutazione del rischio assoluto è legata anche all’età, poiché aumenta progressivamente con l’avanzare dell’età. La conseguenza di questo fattore condizionante è che se l’attivazione di interventi di prevenzione primaria viene decisa in base alla sola valutazione del rischio assoluto questa si indirizzerebbe prevalentemente su persone anziane piuttosto che su soggetti giovani. Tuttavia, negli anziani spesso il processo aterosclerotico è in fase avanzata e il successo degli interventi di prevenzione se attuati tardivamente sono meno soddisfacenti.

Il rischio relativo confronta il rischio assoluto di un soggetto con quello di persone di pari età. Gli interventi di prevenzione basati sul rischio relativo permettono di ridurre il rischio globale di soggetti giovani a più alto rischio relativo poiché vengono attuati quando i processi aterosclerotici sono in fase iniziale ed estendono per molti anni i benefici di un intervento precoce. Quindi i soggetti più giovani, pur avendo, per il fattore età, un minor rischio cardiovascolare assoluto, possono trarre importanti benefici da azioni preventive precoci e durature (2). La valutazione del rischio relativo può avere inoltre un favorevole impatto psicologico sui giovani motivandoli a migliorare i propri stili di vita.

Profilo lipidico ematico e prevenzione delle malattie cardiovascolari

La medicina moderna ha compiuto grandi passi nella cura delle malattie cardiovascolari in generale e dell’infarto del miocardio in particolare. Tuttavia, le terapie sono complesse e spesso si deve ricorrere a reparti di terapia intensiva. Gli esiti di un infarto grave non sono mai scontati, non solo perché vi è sempre pericolo per la vita del paziente ma, superata la fase acuta, gli esiti a lungo termine non sono sicuramente definibili. Sovente è necessaria una terapia riabilitativa ed il soggetto va seguito periodicamente con controlli clinici, strumentali e di laboratorio complessi.

Quindi, il costo dell’assistenza è destinato a lievitare inevitabilmente, sia per la continua sofisticazione delle procedure cliniche, sia per l’aumento dei numeri assoluti e relativi di tale patologia.

Più precisa è la rete di marcatori di rischio maggiore sarà la precisione nella predizione di rischio. Tale predizione non è una diagnosi, ma solo una valutazione delle probabilità (rischio relativo) che un determinato soggetto possa nel tempo sviluppare malattie cardiovascolari.

I fattori di rischio classici quali il BMI, il profilo lipidico ematico (colesterolo totale, HDL, LDL, trigliceridi) il livello di CRP e IL-6 circolanti può definire in modo sufficientemente preciso il rischio individuale e restringere le pratiche di prevenzione primaria e secondaria ad una popolazione ad alto rischio anche in età giovanile che beneficerà in maniera sostanziale degli interventi precoci a relativo basso costo per prevenire gli eventi cardiovascolari futuri. Inoltre, in alcune fasce di popolazione alcuni fattori ereditari noti sono la causa delle ipercolesterolemie familiari. I portatori della ipercolesterolemia familiare hanno ad esempio un rischio relativo più alto di aterosclerosi e malattie cardiovascolari.

Da alcuni anni l’introduzione di farmaci capaci di regolare il livello dei lipidi circolanti (colesterolo nelle sue varie forme) quali le statine, hanno contribuito a ridurre il rischio relativo di eventi cardiovascolari nei soggetti con profilo lipidico alterato. Più recentemente sono stati introdotti altri farmaci che agiscono su meccanismi diversi e, rallentando il riciclo del recettore cellulare delle LDL, aumentano la captazione delle LDL circolanti da parte del fegato con conseguente riduzione dei livelli di colesterolo e LDL ematiche. Queste molecole (anticorpi monoclonali anti PCSK9) sono efficaci anche nei soggetti in cui le statine hanno scarso effetto o nei casi di ipercolesterolemia familiare. Anche questi farmaci innovativi contribuiscono a ridurre il rischio relativo di eventi cardiovascolari e possono essere usati per la prevenzione primaria o secondaria delle malattie cardiovascolari.

Quindi una via per ottenere la riduzione del rischio cardiovascolare è il controllo dei livelli del colesterolo nel sangue (colesterolo totale, LDL, HDL e trigliceridi) attraverso diete appropriate e se necessario con l’uso di farmaci sotto il controllo medico.

Col crescere delle nostre conoscenze sui fattori di ischio predisponenti le malattie cardiovascolari migliorerà l’efficacia della prevenzione e della terapia delle malattie cardiovascolari.


Riferimenti bibliografici essenziali

1- European Guidelines on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical Practice. Fourth Joint Task Force of the European Society of Cardiology and other Societies on Cardiovascular Disease Prevention in Clinical practice. European Journal of Cardiovascular Prevention and Rehabilitation.2007,14 (Suppl 2):S1-S113.

2- Coronary Heart Disease Epidemiology. Second ed. Edited by M. Marmot and P. Elliot. Oxford University Press 2005.

⇒ Per approfondire, leggi anche: Malattie cardiovascolari e prevenzione: in arrivo una nuova carta del rischio

 

articolo realizzato nell’ambito del progetto: Farmaci inibitori di PCSK9- le modalità di accesso in Emilia Romagna, con il contributo non condizionante di


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