a cura di Marilena Vimercati

Il volontariato

Il mondo del volontariato è un paesaggio variegato che comprende realtà molto diverse tra loro ma che condividono tutte l’idea di garantire i diritti fondamentali a tutti, a partire da coloro che stanno “nell’ultima fila” così chiamati da don Virginio Colmegna, “prete di comunità”, come ama lui stesso definirsi, instancabile animatore di progetti contro l’emarginazione fin dagli anni 80.

Sono proprio di don Virginio Colmegna le pagine dense che aprono questa newsletter in cui sottolinea la necessità di “liberare il volontariato” dalla “gabbia” della semplice gestione di risposte, spesso di tipo emergenziali, e di riconoscere invece la sua natura di anticipatore culturale e di processi sociali, in grado di dare voce a chi non ce l’ha.

Va superata quindi secondo lui la tendenza a fare “appelli generici alla generosità” validi per ogni stagione, perché invece il volontariato ha in sé una forza profetica, capace di mettere in moto “sentimenti di umanità e legame, non scontati in questa società individualista”.

 “Stare nel mezzo

E’ questo il motto della Casa della Carità che interroga noi tutti: significa stare nel mezzo di tante storie ferite per accompagnarle a rinascere; nel mezzo dell’impegno per una società più giusta, fraterna e inclusiva; nel mezzo di una Chiesa, ospedale da campo, che vuole ripartire dalle periferie, facendo la propria parte insieme a tutti gli uomini e le donne di buona volontà.

La Casa della carità

La fondazione “Casa della carità” di cui Don Virginio è presidente, è una realtà ricca e complessa: con tante religioni e tante diverse esperienze che l’attraversano, una casa in cui il dialogo è fondamentale.

Ma la Casa della carità è anche un laboratorio sociale e culturale dove si incrociano saperi e competenze degli operatori e dei numerosi volontari che li affiancano. Questo permette, partendo dalle esperienze, di riflettere sulla complessità della realtà metropolitana di Milano e di elaborare proposte attraverso l’incontro di persone, linguaggi e approcci diversi.

Una scelta questa che colloca la Casa della carità ai margini anche dal punto di vista culturale cercando di superare la separazione, a volte eccessiva, tra l’azione e la riflessione.

Coronavirus e Casa della carità

A causa del coronavirus, anche alla Casa della carità si sono trovati, da un giorno all’altro, a dover cambiare le abitudini di vita e lavoro. Sono state sospese le attività diurne, riorganizzati i turni degli operatori e gli impiegati lavorano dalla propria abitazione. Anche gli oltre 100 volontari che quotidianamente aiutavano a portare avanti tante attività sono stati costretti a stare a casa loro; tuttavia essi non si sono arresi al rischio di trasformare la distanza fisica in distanza sociale, relazionale ed emotiva inventando nuove modalità per essere vicini agli ospiti, sostenerli e affiancarli nella gestione della quotidianità. Hanno continuato cioè a “stare nel mezzo”.

Il diario di Don Virginio 

Don Virginio per tutto il periodo dell’emergenza fino al 4 maggio, data ufficiale dell’inizio della fase 2, ha tenuto un diario che ha condiviso via wa e tramite il sito: cinquantadue giorni di condivisione di pensieri che hanno voluto accompagnare i giorni difficili di una pandemia che ci ha imposto il distanziamento sociale, ci ha fatto piangere morti, ci ha procurato angosce e paure.

Uno spazio virtuale diventato appuntamento quotidiano, che ha attraversato significativamente anche il tempo di Pasqua, dove la meditazione su quanto stava accadendo non ha mai smarrito la speranza per un futuro di cambiamento. Il tutto mettendo sempre in primo piano i più fragili, poveri ed emarginati e i più sofferenti come anziani e disabili.

Fare del bene fa bene

Non è un gioco di parole perché, come affermano le persone che praticano volontariato, dare significa ricevere sempre e comunque, talvolta fino al punto da restituirci più di quello che abbiamo donato con un benefico effetto sul benessere personale. Fino ad oggi si disponeva solo di evidenze narrative, ma negli ultimi anni ricerche scientifiche condotte sul tema hanno avvalorato i dati delle narrazioni.

In una ricerca condotta in Inghilterra nel 2013 utilizzando studi sperimentali e di coorte sono stati confrontati i risultati di salute fisica e mentale e la mortalità di un gruppo di volontari con un gruppo di non volontari. Ne è emerso che il volontariato ha avuto effetti positivi sulla depressione, sulla soddisfazione della vita, sul ben-essere.

IN QUESTA NEWSLETTER

Le Riflessioni sul volontariato di don Virginio Colmegna ci forniscono interessanti quanto impegnativi spunti per uno sguardo nuovo sul variegato mondo del volontariato che opera per una “solidarietà diffusiva, capace di anticipare e restituire il senso di un’umanità che si appassiona di giustizia, che lo sente come un dovere e una responsabilità di cittadinanza”.

Le testimonianze che seguono le riflessioni di don Virginio Colmegna comprovano il significativo ruolo educativo da lui attribuito al volontariato di diffusione di comportamenti di cittadinanza attiva all’interno dei contesti in cui operano, comportamenti che la situazione di emergenza vissuta contribuisce a rendere maggiormente visibili, comprensibili e imitabili.

Per continuare la lettura:https://www.cittadinanzattiva-er.it/don-virginio-colmegna-riflessioni-sul-volontariato/

 

In Ricostruire i legami di vicinato in una grande città di Enzo Nova, volontario per l’AUSER, ci narra come ha supplito alla sospensione della sua abituale attività inventando  nuovi modi per essere vicino alle persone anziane e sole,  interrogandosi nel frattempo sul “dopo”.

Per lui il volontariato è uno stile di vita che che viene da molto lontano, da un padre che è stato un grande esempio per lui fin da quando ero bambino. Anche l’idea su cui sta lavorando viene da molto lontano, dall’esperienza di vicinato vissuta negli anni della sua infanzia quando nella corte esisteva una sorta di mutuo aiuto tra le famiglie che l’abitavano.

Per continuare la lettura: https://www.cittadinanzattiva-er.it/ricostruire-i-legami-di-vicinato-in-una-grande-citta/

 

Dobbiamo stare distanti, ma vogliamo sentirci vicini esclama a gran voce Silvia Barbanti, docente volontaria nei corsi di italiano L2 per migranti presso un’associazione di volontariato che deve fare i conti da un lato con la scarsa strumentazione tecnologica, dall’altro lato, e ben più importante, con l’atteggiamento di molti docenti di diffidenza nei confronti della tecnologia. Silvia si pone il problema di come avviare l’attività didattica il prossimo anno scolastico e di condividere col gruppo dei colleghi, tutti volontari, nuove modalità per supportare l’attività didattica in presenza, irrinunciabile ma ovviamente ridotta in termini di orario, con l’utilizzo di più strategie per raggiungere tutti senza tralasciare nessuno.

Per continuare la lettura: https://www.cittadinanzattiva-er.it/dobbiamo-stare-distanti-ma-vogliamo-sentirci-vicini/

 

In Leila, la biblioteca degli oggetti, Matteo Valoncini, laureando in Antropologia, ci presenta un’interessante iniziativa che propone un cambiamento culturale forte: dalla cultura del possesso alla cultura dell’utilizzo. E’ un progetto attivato a Bologna da un’associazione di promozione culturale a base volontaria e che si colloca nell’ambito di una nuova idea di economia che, grazie alla pandemia, ha cominciato a “contagiare” le persone: limitando i consumi infatti abbiamo scoperto che facciamo del bene a tutti, a noi e al mondo di cui siamo ospiti.

Leila consente di mettere in comunicazione tra loro i cittadini attraverso la condivisione e la raccolta degli oggetti. Leila però non è solo condivisione di oggetti ma anche di idee, di valori e di passioni; è una caleidoscopica realtà di pensieri accomunati da un’idea chiave: meno spreco, meno capitale, più condivisione.

Come ci spiega Matteo Valoncini è al tempo stesso innovativa e arcaica, geniale e scontata, perché si basa su un’idea semplice ma efficace: le relazioni.

Notevole è il contributo di Leila nel percorso di custodia della “casa comune” in cui agli uomini è dato di vivere ma di cui non sono i padroni.

Per continuare la lettura: https://www.cittadinanzattiva-er.it/il-progetto-leila-bologna-la-biblioteca-degli-oggetti/

 

Violetta Burla, nell’articolo “Storie ferite da accompagnare per rinascere” ci racconta il suo lavoro di volontaria presso l’Associazione SOKOS e Cittadinanzattiva.

Violetta, incontra persone che sono fuggite da guerre, dalla povertà e da campi per profughi. Sottolinea che tutto sarebbe molto semplice se ognuno potesse risolvere i problemi per se stesso, ma così non è.

In un mondo fatto di legami c’è chi chiede aiuto e chi lo porge, abbiamo qui due esempi di associazioni che permettono ai meno fortunati di trovare una strada da percorrere insieme.

Per continuare la lettura: https://www.cittadinanzattiva-er.it/storie-ferite-da-accompagnare-per-rinascere/

PER APPROFONDIRE:

La forza vincente dell’idea sta nella sua semplicità e nella sua concretezza. Sicuramente la lotta alla povertà è  un obiettivo, delle istituzioni, della sfera pubblica, ma ciascun cittadino può fare molto con piccoli gesti che fanno la differenza.

Alcuni esempi di cosa vuol dire “Stare nel mezzo”:

“Stare nel mezzo”: Avvocati di strada, ma non solo

Avvocati, medici, psicologhi, ma anche geometri e amministratori di condominio rappresentano un segmento in forte crescita nell’universo del volontariato: sono professionisti che mettono a disposizione di chi ha bisogno, le loro competenze e parte del loro tempo. L’Associazione Avvocati di Strada, per esempio, è un network di 982 avvocati, penalisti e civilisti, che ogni anno assistono circa 3.800 persone per un valore di compensi non riscossi pari a 2,6 milioni di euro.

A Milano è molto attiva l’associazione NAGA una rete di medici che, coprendo tutte le specializzazioni, prestano assistenza gratuita a cittadini stranieri senza permesso di soggiorno provenienti da ogni angolo del mondo, diventando così i loro “medici di famiglia”.

L’assistenza sanitaria offerta non si esaurisce nella cura del corpo. Il contatto quotidiano e diretto con i cittadini stranieri ha reso evidente la necessità di strutturare anche un servizio di consulenze psicologiche in cui sono impegnati circa 10 psicologi volontari che attuano una presa in carico congiunta con il medico in caso di patologia psichiatrica. Anche per le donne è attivo un servizio specifico per questioni relative a prevenzione, contraccezione e maternità.

“Stare nel mezzo”: cohausing per padri separati

Nell’attuale società i padri separati sono diventati in moltissimi casi i nuovi poveri. A Parma è stato avviato due anni fa il primo esperimento di cohousing “Io sto con te” per consentire a chi è in difficoltà di condividere una nuova casa e una nuova vita. In cambio viene chiesto loro un gesto semplice e utile per la (ex) famiglia e per i figli: avere rapporti civili con la moglie.

Il progetto è promosso dall’associazione San Cristoforo, attiva nel campo delle persone fragili con il patrocinio del Comune e il sostegno di Forum Solidarietà, e il Centro di servizio per il volontariato locale.

“Stare nel mezzo”: Empori Solidali

Gli Empori Solidali sono progetti sociali creati dalle comunità locali. L’obiettivo principale è sostenere le famiglie, in transitoria situazione di disagio economico, nel trovare un equilibrio per ripartire in modo autonomo, grazie a una serie di servizi messi a disposizione all’interno degli empori stessi. Attualmente sono in attività 102 empori solidali sul territorio nazionale: dopo l’apertura del primo di essi nel 1997 a Genova, il modello si è diffuso man mano.

Per poter usufruire dei beni messi a disposizione negli empori bisogno rientrare in determinate regole. In Emilia Romagna, ad esempio, possono accedervi solo i residenti nel comune in cui ha sede l’emporio. Tra questi può: chi ha dichiarato mediante Isee tra i 3 mila e i 10 mila euro, chi è senza lavoro, chi è iscritto a un centro per l’impiego e chi ha figli minori.

“Stare nel mezzo”: Frigoriferi Solidali

Secondo la FAO (Food and Agriculture Organization of the United Nations), un terzo del cibo prodotto per il consumo umano viene perso o sprecato in tutto il mondo, pari a circa 1,3 miliardi di tonnellate all’anno.  Frigorifero solidarietà è un progetto che è nato nel 2015 a Galdakao, una comunità dei paesi baschi, dopo molti mesi di lavoro dell’Associazione Umanitaria dei Volontari di Galdakao GBGE- Galdakaoko Boluntarioen Gizarte Elkartea – proprio per contrastare lo spreco di cibo mettendo a disposizione cibo che, per altri, è in eccesso rispetto al fabbisogno. Dopo il primo periodo di prova di un mese sono stati risparmiati quasi 200 chili di cibo che altrimenti sarebbe finito in una discarica.

E’ una soluzione semplice ed efficace per favorire la riduzione dello spreco di cibo e contrastare la povertà attraverso la diffusione della pratica del foodsharing, mediante frigoriferi e dispense solidali: chi vuole può donare i prodotti commestibili che altrimenti vanno nella spazzatura e chi ne ha bisogno può ritirare.

A Bari è stata avviata un’iniziativa analoga con il nome Frigo solidale: sette frigoriferi, con altrettante dispense, aperti in vari punti della città, dove chiunque può depositare cibo commestibile che non consuma e rischia di andare sprecato. E nel contempo chiunque, tra le famiglie e le persone in difficoltà, può prelevare gli stessi prodotti che non ha la possibilità di acquistare.

 

 

Foto di Michael Schwarzenberger da Pixabay

 

 


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