Per le madri lavoratrici ritornare in ufficio dopo la nascita di un figlio continua ad essere duro, e ancora troppo spesso le dimissioni sembrano una scelta obbligata. E’ La Stampa a tornare ad accendere i riflettori su un problema mai risolto che ora pare interessare in misura più incisiva tutte le regioni del Paese, come dimostrano i dati forniti nel 2017 dall’Ispettorato Nazionale del lavoro.

Quali sono le criticità che spingono un numero sempre più alto di neo mamme a smettere di lavorare? Stipendi bassi associati ad elevati costi dei nidi e al mancato supporto dei nonni, spesso ancora impegnati sul posto di lavoro. Per alcuni, un altro aspetto problematico riguarda la mancata concessione del part time e la modifica dei turni. In altre parole, è l’assenza di una rete familiare e sociale ad impedire alle donne di ritornare serenamente al lavoro dopo la gravidanza, come confermerebbe il dato significativo secondo cui le dimissioni e le risoluzioni consensuali hanno perlopiù riguardato le lavoratrici madri (n. 27.443), che rappresentano il 78% dei casi.

In cima a questa triste classifica c’è la Lombardia, con ben 8.850 dimissioni convalidate, di cui 6.767 rassegnate da donne; 3.105 di loro hanno preferito licenziarsi per i motivi sopra citati. Al secondo posto troviamo il Veneto, dove le dimissioni sono state 5.008, di cui 3.658 di mamme e 1.350 di papà. L’Emilia Romagna è terza con 3.609 dimissioni, insieme al Lazio, dove se ne sono registrate 3.616. Considerando i dati aggregati, il numero più alto di dimissioni – pari a 23.117 – riguarda il Nord, mentre al Centro se ne sono verificate 8.562 e al Sud 6.059 (numeri che vanno letti e contestualizzati in relazione al differente tasso di occupazione che caratterizza le diverse aree geografiche del Paese).

Un altro aspetto da sottolineare è l’incidenza del guadagno sulla scelta di rinunciare o meno alla professione. Nella maggior parte dei casi (ovvero 32.650, pari a oltre il 93% delle dimissioni/risoluzioni convalidate) si tratta di lavoratori e lavoratrici che ricoprono i ruoli di impiegato (n. 15.541) e operaio (n. 17.109). Dato che sembra confermare come la maggiore disponibilità economica di quadri e dirigenti permetta di fare scelte diverse.

Se volete saperne di più, leggete la Relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e
risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri a cura dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.

In apertura: foto tratta da Pixabay.com, @fancycrave1


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