Cosa sono le barriere architettoniche?

Le barriere architettoniche sono, “banalmente”, tutti quegli ostacoli che impediscono ad una persona invalida/diversamente abile/a ridotta mobilità di vivere al meglio, senza impedimenti, la propria vita, lavorativa e sociale.
Le persone a ridotta mobilità coprono un bacino molto ampio. Non si tratta più, soltanto, di soggetti con disabilità motoria e/o sensoriale, ma anche di anziani, bambini che, ad esempio, portano grossi pesi, donne in gravidanza o persone che hanno problemi di comunicazione.

Le normative del 1989: 30 anni di barriere!

Due sono le normative a favore dei diversamente abili: la legge 13/1989Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche” e il DM dei Lavori Pubblici 236/1989.
Secondo Giuseppe Trieste, presidente nazionale di FIABA (Federazione Italiana Abbattimento Barriere Architettoniche) fondata nel 2000, “l’applicazione puntuale di quanto previsto per legge non è stato sufficiente a rendere un luogo effettivamente fruibile e confortevole per tutti“.
La prima legge, ad esempio, si preoccupava di rimborsare lavori di abbattimento delle barriere in ambito privato, attraverso l’istituzione di un fondo speciale. Questi rimborsi, però, non sono stati erogati.
Sempre secondo Trieste, la necessità odierna è quella di riattivare la Commissione tecnica. Tra il 2004 e il 2006 aveva prodotto lo schema di regolamento delle barriere architettoniche. Successivamente la Commissione si è sciolta per controlli finanziari da parte dello Stato, senza terminare il lavoro.

Come possiamo superare questi ostacoli?

Nell’articolo su quotidianosanità.it di Domenico Della Porta (dal quale abbiamo preso spunto per l’elaborazione di questo testo), Docente di Medicina del Lavoro e delegato nazionale di Federsanità ANCI – Roma, nella parte finale leggiamo un’interessante considerazione:
Tener conto del problema in fase di progettazione non comporta quasi mai costi aggiuntivi rispetto alla realizzazione di strutture con barriere. L’intervento successivo, quello per la loro eliminazione, implica, invece, costi aggiuntivi […]”.
Che sia questo un punto di partenza su cui, quanto meno, riflettere?

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