Questo brano è tratto dal libro di Primo Levi. Reduce da Auschwitz, volle testimoniare la sconvolgente verità sull’inferno dei Lager. Il racconto della dignità e dell’abiezione dell’uomo di fronte allo sterminio di massa.
“… Questa, di cui abbiamo detto e diremo, è la vita ambigua del Lager. In questo modo duro, premuti sul fondo, hanno vissuto molti uomini dei nostri giorni, ma ciascuno per un tempo relativamente breve; per cui ci si potrà forse domandare se proprio metta conto, e se sia bene, che di questa eccezionale condizione umana rimanga una qualche memoria.
A questa domanda ci sentiamo di rispondere affermativamente. Noi siamo infatti persuasi che nessuna umana esperienza sia vuota di senso e indegna di analisi, e che anzi valori fondamentali, anche se non sempre positivi, si possano trarre da questo particolare mondo in cui narriamo. Vorremmo far considerare come il Lager sia stato, anche notevolmente, una gigantesca esperienza biologica e sociale.
Si rinchiudano tra i fili spinati migliaia di individui diversi per età, condizione, origine, lingua, cultura e costumi, e siano quivi sottoposti a un regime di vita costante, controllabile, identico per tutti e inferiore a tutti i bisogni: è quanto di più rigoroso uno sperimentatore avrebbe potuto istituire per stabilire che cosa sia essenziale e che cosa acquisito nel comportamento uomo di fronte alla lotta per la vita.
Noi non crediamo alla più ovvia e facile deduzione: che l’uomo sia fondamentalmente brutale, egoista e stolto come si comporta quando ogni sovrastruttura civile sia tolta è che lo “Haftling” non sia dunque che l’uomo senza inibizioni. Noi pensiamo piuttosto che quando a questo null’altro si può concludere, se non che di fronte al bisogno e al disagio fisico molte consuetudini e molti istinti sociali sono ridotti al silenzio. …”
da Se questo è un uomo di Primo Levi

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