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Tutti i ritardi sottolineati nella recente pillola hanno fatto nascere nell’opinione pubblica una riflessione: si può parlare di “complotto” sulla attuazione della riforma del terzo settore?

Penso che si debba escludere un tale disegno. Certamente un terzo settore meno frammentato e incentrato sull’essere un fattore di coesione sociale, trasparenza e lavoro in rete, rappresenta di fatto una valorizzazione di quei corpi intermedi che spesso negli ultimi anni sono stati additati come fattori di ostacolo alla crescita.

Noi crediamo convintamente che fra il singolo cittadino e le granitiche istituzioni, così come per il singolo lavoratore nei confronti dell’impresa, la presenza di corpi intermedi (associazioni, sindacati, organizzazioni di volontariato ecc) che facilitano l’interlocuzione, il confronto e la disputa, sia un fattore democratico di partecipazione, di sostegno al cambiamento, di crescita sostenibile.

Certamente il cambiamento è l’elemento decisivo ed insito rispetto ai due grandi processi dell’oggi: innovazione tecnologica e globalizzazione dei mercati e delle produzioni. Ma questo deve avere strumenti di analisi, d’identità e di valori condivisi. In particolare, assumere la persona, intesa non come singolo individuo ma come soggetto di una comunità includente, come elemento centrale nel proprio operare.

Una riforma del Terzo Settore quindi non solo per fare un po’ di manutenzione del presente, ma per ripensare e aggiornare le azioni e i valori del suo agire, per rafforzare il suo ruolo nella società operando in trasparenza, con un partecipazione effettiva e avendo al centro la persona.

Andrea, cittadino straordinariamente normale

 


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