a cura di Francesca Rossi

 

Tante paure, tante incertezze

Con il passare dei giorni e delle settimane mi sono resa conto che da quando la mia patologia cronica si è accentuata, tante sensazioni, tante paure, tante incertezze e tante situazioni sono le stesse che vivo quotidianamente anche nella normalità.

Ho 44 anni e quando ne avevo 32, dopo alcuni anni trascorsi tra accertamenti, visite ed esami, mi è stata diagnosticata la “Fibromialgia” che è una patologia cronica invalidante, il cui sintomo principale è il dolore muscolo-scheletrico diffuso in tutto il corpo associato a una moltitudine di altri sintomi che possono arrivare fino ad un centinaio. Per questo motivo non mi dilungherò a descriverli o spiegare le relative conseguenze fisiche, economiche, lavorative, ma vorrei cercare di fornire un quadro della situazione di chi, come me, vive con una malattia cronica invalidante non riconosciuta in tempo di Covid-19.

L’etichetta di ammalato immaginario

Fino a quattro anni fa riuscivo già a fatica con l’aiuto di molteplici cure farmacologiche e non, a gestire più o meno il quadro che questa patologia mi ha regalato, ma in tutto questo, la cosa che mi faceva soffrire era l’etichetta di “ammalato immaginario“. Purtroppo c’è ancora tanta ignoranza oggi su questa malattia anche in ambito medico e ancora di più tanti anni fa quando mi è stata diagnosticata. Anche i familiari fanno fatica a percepire il disagio che si prova: ai loro occhi infatti ti alzi, cammini, insomma alla fine fai più o meno quello che tutte le persone normalmente svolgono, senza arrivare però a capire l’enorme sforzo che queste azioni richiedono; è proprio questa sensazione di continua invisibilità che arriva a far più male del dolore in sé.

Quattro anni fa una forte infiammazione polmonare ha scatenato un peggioramento complessivo dei sintomi. Successivamente dopo circa un anno e mezzo, mentre ero ancora in fase di recupero ho contratto un’altra infiammazione polmonare con tutte le conseguenze del caso.

Da allora vivo non solo nell’incertezza di non avere una cura per la Fibromialgia ma anche nella speranza di non contrarre infiammazioni.

Come può cambiarci il coronavirus

Quando hanno iniziato a parlare del coronavirus, mi sono certamente spaventata, ma poi ho pensato che in realtà io osservavo già tante delle accortezze consigliate. Ma per chi non ha queste problematiche, capisco come possa essere difficile la situazione di costrizione in cui si è confinati.

Chissà magari questo evento ci aiuterà a far nostro il concetto che più accortezze abbiamo verso gli altri più aggiungiamo, e non togliamo, benessere a noi stessi.

Questo perché più persone riescono a stare bene più si amplia quel senso di serenità e appagamento e conseguentemente tutti ne traiamo vantaggio per una collettività più serena, realizzata, aperta all’altro.

Sono molto fiduciosa che questo momento, nonostante le insicurezze che ha scatenato, porterà anche delle trasformazioni positive in ognuno di noi se solo ci sforziamo a non nutrirci solo degli aspetti negativi.

Foto di A_Different_Perspective da Pixabay


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