A cura di Federico Licastro
Covid 19 e istruzione pubblica
L’attuale permanente pandemia ha fatto emergere quelle che erano e permangono in essere le debolezze strutturali del nostro paese. Fra queste c’è il settore dell’istruzione pubblica.
Abbiamo tutti seguito con sgomento e a tratti con ironia i dibattiti e i provvedimenti sui banchi con rotelle, la didattica in presenza e l’apertura teorica delle scuole di ogni ordine e grado.
Si è scoperto poi che i banchi non erano la variante essenziale a impedire la presenza degli studenti a scuola, ma piuttosto i trasporti pubblici insufficienti e l’assenza della medicina scolastica.
La didattica in presenza ha visto un progressivo calo durante la seconda ondata pandemica e in questo mese di dicembre è ridotta a livelli minimi, mentre quella a distanza copre ormai gran parte della formazione scolastica dei ragazzi dalla terza media alle superiori ed in gran parte quella universitaria .
Si è molto parlato delle scuole sui giornali e sugli altri mezzi di comunicazione. Tuttavia, dell’università se ne è parlato poco e il Ministro dell’Università, Prof. Manfredi, è risultato il più silenzioso fra i ministri dell’attuale governo.
Cosa è successo all’Università? Come si è provveduto a continuare la formazione degli studenti in questo periodo pandemico? E come ci si è laureati?
Sono domande a cui tenteremo di rispondere in questo breve articolo.
L’indagine dell’Università di Torino
Un contributo autorevole per la comprensione di come l’Università italiana ha affrontato la prima ondata pandemica ci viene da un’inchiesta promossa dall’Università di Torino in collaborazione col Centro Luigi Bobbio e l’UNIRES a cura di Francesco Ramella e Michele Rostan. L’inchiesta, portata avanti a livello nazionale, offre una interessante fotografia della realtà universitaria.
Nel mese di giugno 2020 è stata condotta una ricerca nazionale sulla didattica fatta durante il semestre dell’emergenza ed è stato intervistato un campione di 3.398 professori e ricercatori delle università statali che hanno risposto ad un articolato questionario online. Di segluito alcuni dati tratti dall’indagine.
“… Durante l’emergenza Covid-19, le Università italiane hanno assicurato la continuità della funzione formativa svolgendo la loro didattica “a distanza” (DaD)“.
- i ritardi nell’avvio delle lezioni sono stati contenuti
- le ore di lezione non si sono discostate molto da quelle previste
- la stragrande maggioranza dei docenti è così riuscita a svolgere tutto il programma di insegnamento
- la maggioranza dei docenti ha adattato le proprie strategie didattiche all’insegnamento a distanza
- le lezioni sono state prevalentemente tenute in diretta streaming
- il numero di studenti frequentanti non è diminuito
- gli esami si sono svolti regolarmente.
I docenti hanno perlopiù svolto didattica da casa, con una infrastruttura tecnologica sufficiente a garantire lo svolgimento delle lezioni, ricevendo un supporto dalle loro Università e dai loro colleghi per la transizione alla didattica a distanza, soprattutto sotto il profilo tecnico.
L’indagine sottolinea che:
- la maggior parte di chi ha svolto ruoli di coordinamento a livello di Ateneo, di Dipartimento o di Corso di studio è stata molto impegnata in riunioni organizzative, nel coordinamento dei docenti e nella comunicazione con gli studenti
- la maggior parte dei docenti ha visto aumentare il tempo necessario a preparare le lezioni e quello per organizzare e condurre gli esami.
Va sottolineato che l’emergenza ha comportato un drastico ridimensionamento delle esperienze più innovative e la didattica si è semplificata, tornando al modello tradizionale, quello trasmissivo, per quanto arricchito quando possibile dalla discussione con gli studenti.
Una consistente minoranza di docenti ha segnalato problemi logistici legati alla mancanza di spazi adeguati a casa, alla necessità di prestare assistenza tecnica agli studenti, o problemi di privacy connessi al timore che i materiali creati per la didattica potessero essere utilizzati e diffusi in maniera impropria, e che le autorità accademiche potessero esercitare un maggiore controllo e ridurre l’autonomia d’insegnamento dei docenti.
Una piccola minoranza, infine, ha avuto problemi tecnici legati alla qualità della connessione internet o della strumentazione informatica.
L’inchiesta ha messo a fuoco problematiche rilevanti emerse durante la prima fase della pandemia
L’emergenza ha evidenziato fragilità e lati problematici delle università:
- forte stress e sovraccarico di lavoro riversato su strutture tecnico-amministrative e su un corpo docente in forte carenza di organico e già gravato dalle innumerevoli incombenze burocratiche
- deficit di formazione dei docenti universitari, sia sulla didattica in generale sia sulle nuove piattaforme tecnologiche
- drastico “impoverimento” delle modalità didattiche, al di là delle migliori intenzioni dei docenti e dei notevoli sforzi fatti dagli atenei.
Vediamo alcune cifre:
- I ritardi nell’avvio delle lezioni sono stati contenuti.
– Il 72% dei docenti, infatti, sono riusciti ad attivare la didattica a
distanza entro il 13 marzo.
- Le ore di lezione non si sono discostate molto da quelle previste.
– Negli insegnamenti dei corsi di studio triennali l’86% dei docenti ha tenuto lo stesso numero di ore. Il 7% addirittura di più.
– Nei corsi di studio magistrali, l’89% ha tenuto tutte le ore previste.
– Nei corsi di master e di dottorato si sfiora la totalità.
- La stragrande maggioranza dei docenti è così riuscita a svolgere integralmente il programma di insegnamento.
– L’80% ha completato tutto il programma
– Solamente l’11% lo ha ridotto, mentre il 9% lo ha aumentato mettendo a disposizione degli studenti più materiali online.
- La maggioranza dei docenti ha adattato le proprie strategie didattiche all’insegnamento a distanza.
– Il 67% ha modificato un po’ sia i contenuti sia la struttura dei propri insegnamenti.
– Il 24%, invece, li ha mantenuti inalterati.
Le modalità di svolgimento della didattica sono state prevalentemente lezioni in diretta streaming
– Il 66% dei docenti ha fatto lezioni in diretta streaming
– Il 15% ha tenuto lezioni sia in diretta che preregistrate
– Il 12% ha registrato (in audio o in video) le lezioni e poi le ha rese disponibili
– Il 52% ha messo a disposizione online dei materiali didattici (dispense, slide ecc.) con o senza commento audio
– Solamente il 7%, però, ha fornito esclusivamente materiali didattici o fatto altre attività senza fare lezioni in streaming o registrate.
Perlopiù la didattica è stata svolta da casa, con una infrastruttura tecnologica sufficiente a garantire lo svolgimento delle lezioni:
- Il 68% dei docenti ha fatto lezione da casa, il 17% da altri ambienti adibiti a studio personale
- Nell’88% dei casi la connessione internet e la strumentazione informatica a disposizione dei docenti è risultata adeguata a fare le scelte ritenute didatticamente più appropriate
La didattica prevede anche gli esami e la valutazione degli studenti alla fine del corso. Durante la prima onda pandemica l’indagine torinese ha raccolto i seguenti dati:
Gli esami si sono svolti regolarmente
– Al momento dell’intervista, il 92% dei docenti aveva già tenuto almeno un appello online:
- Il 37% di essi esclusivamente un esame orale
- Il 51% un esame orale con l’aggiunta di uno scritto e/o di un’altra prova finale (esercitazione, relazione, progetto ecc.)
- Il 12% un esame scritto e/o un’altra prova finale (esercitazione, relazione, progetto ecc.).
– Il 61% dei docenti ritiene di aver valutato adeguatamente la preparazione degli studenti.
Questa, in sintesi, l’auto analisi dei docenti intervistati:
- Il 75% dei docenti si dichiara soddisfatto della propria esperienza di didattica a distanza
- Il 57% dei docenti ritiene di aver accresciuto le proprie competenze professionali
- Fra gli aspetti valutati positivamente dell’esperienza, per il 51% dei docenti c’è anche una accresciuta consapevolezza della necessità di una maggiore formazione sui metodi e sulle tecniche di insegnamento, sia in presenza sia a distanza
- Per il 70% dei docenti il tempo necessario per preparare una lezione-a distanza è aumentato.
- Il 73% ha dovuto aumentare il tempo dedicato alla conduzione degli esami.
- Il 66% afferma che la valutazione a distanza dell’apprendimento degli studenti, gli ha richiesto uno sforzo organizzativo ingente.
Le difficoltà incontrate dai docenti durante i mesi di DAD
I problemi incontrati durante l’emergenza possono essere classificati in 4 categorie:
- Problemi tecnologici, connessi alla qualità della connessione internet o della strumentazione informatica. Hanno riguardato il 14% dei docenti.
- Problemi tecnico-logistici, connessi alla mancanza di spazi adeguati a casa, alla difficoltà di conciliare la didattica con la compresenza e la cura dei propri familiari, alla necessità di prestare assistenza tecnica agli studenti. Questi aspetti hanno riguardato il 31% dei docenti.
- Problemi di privacy, connessi al timore che i materiali creati per la didattica possano essere utilizzati e diffusi in maniera impropria, che la protezione dei dati sia a rischio e che le autorità accademiche possano esercitare un maggiore controllo e ridurre l’autonomia d’insegnamento dei docenti. Aspetti che hanno riguardato il 31% dei docenti.
- Problemi didattici, connessi con il poco tempo a disposizione, con la scarsa familiarità con le piattaforme per la DaD, con le difficoltà di interazione con gli studenti, con il minore accesso alle risorse didattiche (bibliotecarie ecc.), con le difficoltà ad adattare la propria materia all’insegnamento online, con la problematicità delle esercitazioni pratiche. L’uno o l’altro di questi problemi sono stati segnalati dal 70% dei docenti.
Nel complesso si è assistito ad un processo trasmissione delle informazioni che potremmo definire con una modalità di “semplificazione”. L’indagine conclude che “Si è assistito a un drastico ridimensionamento delle esperienze più innovative. La didattica si è semplificata, rattrappendosi intorno al modello tradizionale, quello trasmissivo, per quanto arricchito dalla discussione con gli studenti.”
Le strategie didattiche messe in atto
- La prima strategia, quella di trasmissione-dialogica, ha raddoppiato la sua diffusione. Con la DaD è stata praticata dal 47% dei docenti.
- La seconda strategia, quella di trasmissione-interattiva, è rimasta pressoché costante. È stata praticata dal 31% dei docenti.
- La terza strategia, quella collaborativo-innovativa, è invece più che dimezzata. È stata praticata dal 22% dei docenti.
Lo stesso processo di semplificazione si è osservato anche nella conduzione degli esami. Laddove la didattica in presenza consentiva modalità di verifica dell’apprendimento più ricche e articolate, con la DaD quest’ultime si sono notevolmente semplificate.
Non va trascurato il fatto che molti docenti che guardano con preoccupazione al protrarsi della didattica a distanza oltre il periodo dell’emergenza sanitaria.
Timori e dubbi dei docenti
- Il 40% ritiene che una eventuale estensione della DaD potrebbe ridurre il reclutamento;
- il 57% che comporterebbe un notevole sovraccarico di lavoro e di stress;
- Il 58% che indurrebbe una maggiore ingerenza dei grandi gruppi dell’industria tecnologica nella didattica universitaria.
La crisi pandemica ha riportato alla luce l’importanza cruciale della didattica nelle Università italiane. Una delle missioni date per scontate e trascurate in molti Atenei italiani.
“…Ebbene, la chiusura imposta dal lockdown ha fatto risaltare l’insostituibilità della didattica in presenza. Su questo, la quasi totalità degli intervistati ha pochi dubbi. Nessuna tecnologia, nessuna forma di didattica mediata da piattaforme, può sostituire l’interazione educativa che si svolge in presenza nelle aule universitarie.”
La crisi causata dal Covid-19 ha fatto emergere quanto distante sia l’università reale dall’università fittizia immaginata nei dibattiti pubblici; spesso imprigionati in stereotipi e rappresentazioni inerziali che risalgo a molti decenni fa.
Le conclusioni dell’indagine dell’Università di Torino
L’atteggiamento dei docenti tratte dal documento dell’Università di Torino sono che “… quasi la metà dei docenti non vede l’ora di tornare allo status-quo-ante. Non vuole mantenere niente dell’esperienza fatta con la didattica a distanza. Questa reazione è del tutto giustificata, vista la mancanza di formazione e la situazione emergenziale in cui hanno maturato il loro primo incontro con le nuove piattaforme tecnologiche. L’altra metà, invece, risulta disponibile a sperimentare forme di didattica mista, a sperimentare cioè un ambiente formativo integrato in cui la didattica in presenza venga arricchita da strumenti e attività formative online”.
Dall’indagine torinese emerge una fotografia complessiva degli atenei che ci deve far riflettere.
Il nostro Paese risulta particolarmente in ritardo sul fronte della digitalizzazione non solo universitaria e gli autori dell’inchiesta concludono: “Per rendersene conto basta dare uno sguardo al Digital Economy and Society Index messo a punto dalla Commissione Europea per valutare il livello di digitalizzazione degli stati membri. Ebbene, l’Italia nel 2019 si collocava solamente al 24° posto nella graduatoria generale degli Stati europei. Quasi in fondo alla classifica (al 26° posto) per quanto riguarda il capitale umano (possesso di specialisti e laureati nel settore ICT; diffusione delle competenze digitali di base e avanzate), e al 25° nell’uso di internet e dei servizi online da parte dei cittadini. Sono dati che parlano chiaro. La società e l’economia italiana rischiano di rimanere confinati nel mondo dell’analogico, mentre gli altri partner europei stanno rapidamente sfruttando le opportunità offerte dal digitale. Il sistema educativo può dare un contributo essenziale a colmare questo gap. L’Università non deve sottrarsi a questa sfida”.
L’Università di Bologna come ha affrontato l’emergenza didattica durante la pandemia?
A Bologna abbiamo la fortuna di ospitare la più antica università del mondo ed è interessante cercare di capire come il nostro ateneo ha affrontato l’emergenza didattica durante la prima ondata pandemica. A questo riguardo cito i risultati di un’indagine promossa da Elena Luppi, Marzia Freo Aurora Ricci e Nicole Gueglio dal titolo L’innovazione della didattica all’Università di Bologna durante la pandemia: un percorso basato sulla ricerca valutativa.
Riportiamo i passi salienti dell’indagine.
Dopo la sospensione di tutte le attività didattiche il 24 febbraio, il 70% delle lezioni è stato erogato online dopo una settimana e il 100% dopo due settimane, in modalità sincrona, utilizzando la piattaforma Microsoft Teams. Le attività didattiche sono state quindi trasferite online dall’inizio di marzo 2020 e per tutto il secondo semestre dell’anno accademico 2019-20 con i seguenti dati:
– 3.667 insegnamenti nell’ambito dei 221 corsi di laurea attivi in Unibo;
– 215.880 esami;
– 10.069 lauree (triennali e magistrali).
I tirocini sono stati effettuati a distanza, sia attraverso accordi con le organizzazioni ospitanti, sia attraverso l’offerta di attività alternative monitorate dai supervisori accademici.
I servizi amministrativi sono stati assicurati anche a distanza: le segreterie studentesche e tutti gli uffici amministrativi hanno fornito i loro servizi online, via e-mail o per telefono.
In questo scenario emergenziale, al fine di assicurare un servizio essenziale per l’Università di Bologna e i suoi studenti, l’Area Formazione e Dottorato – Settore Quality Assurance e Innovazione Didattica, d’intesa con il Prorettore per la Didattica e la Delegata del Rettore per l’innovazione didattica, ha ideato un ciclo di azioni rivolte ai docenti, per supportarli nel sostegno e innovazione della didattica online e in modalità “mista”.”
Risultati del questionario somministrato agli studenti
Per comprendere le difficoltà, le criticità e il gradimento della DAD da parte degli studenti è stato somministrato un questionario con alcune domande volte ad indagare diversi aspetti degli effetti della DAD sul versante studentesco che si riporta di seguito.
Hanno risposto complessivamente 9.943 fra studentesse (64%) e studenti (36%), di tutti i Corsi di Studio e ambiti disciplinari. Il 98% dall’Italia, di questi 66% dei rispondenti risiede nella Regione Emilia-Romagna, mentre il restante 34% è residente in altre regioni.
“I punteggi mostrano un’incidenza relativamente bassa di difficoltà tecniche (connessione e utilizzo della piattaforma) e livelli di soddisfazione medio-alti relativamente all’apprendimento (su cui si riscontrano i punteggi più alti), all’interazione con i docenti, all’attenzione durante le attività didattiche (il punteggio medio in questo caso è più basso) e all’esperienza complessiva nelle lezioni online.
Le risposte a queste domande mostrano livelli di gradimento elevati per la stragrande maggioranza degli studenti, se si considera il 75% dei rispondenti si colloca nelle fasce di punteggio superiori o uguali a 7 e il 50% superiori o uguali a 8”.
Moltissimi studenti, tuttavia, lamentano la tendenza dei docenti a spiegare troppo velocemente, senza verificare via via se “l’aula” riesce a seguire. Coerentemente con altre ricerche internazionali (Petillion & McNeil, 2020), è enormemente apprezzato un uso della chat come strumento per raccogliere feedback dagli studenti, fare domande, rispondere a sollecitazioni, interagire con docente e aula.
Molto apprezzata l’attenzione da parte dei docenti alle domande che vengono poste e l’utilizzo della chat come strumento che aiuta l’interazione, prima, durante e alla fine della lezione.
Tuttavia, spesso la DAD è stata unidirezionale senza la possibilità di scambio bidirezionale o multidirezionale fra docente e studenti. Quindi, il docente non aveva la possibilità di verificare se la classe o l’aula virtuale seguisse proficuamente la lezione.
Per il primo semestre dell’a.a. 2020/21 l’Università di Bologna ha definito una modalità di erogazione della didattica mista, ovvero contemporaneamente in presenza e a distanza.
Tale scelta rispondeva all’obiettivo di consentire agli studenti già iscritti e alle matricole, ovunque residenti, di avere certezza e garanzia del regolare svolgimento del proprio percorso di studio senza timori di ritardi, rinvii e sospensioni, né rischi per la propria salute, in maniera indipendente dall’evolversi della situazione sanitaria mondiale.
Al momento però, a causa della recrudescenza dell’andamento pandemico non sappiamo se e quanto nell’ateneo bolognese la forma mista di didattica sia in atto.
Infatti, lo svolgimento della didattica in forma mista richiede misure organizzative specifiche coerenti con i principi di sicurezza, inclusione e qualità, e che garantiscano la flessibilità necessaria per adeguarsi ai diversi contesti disciplinari e logistici dell’Ateneo, oltre che all’incertezza legata all’evolversi dell’emergenza pandemica.
In complesso, da quanto fin qui esposto sembra che la didattica universitaria se la sia cavata discretamente durante la prima ondata pandemica pur con le notevoli criticità e limitazione segnalate.
In una prossima newsletter si cercherà di informare sullo stato della ricerca scientifica.
L’impegno di Cittadinanzattiva
Queste azioni civiche sono parte di una serie di iniziative intraprese dall’associazione Cittadinanzattiva. Infatti, Cittadinanzattiva Emilia-Romagna ha dal mese di settembre intrapreso alcune iniziative per sostenere un cambiamento effettivo e un rinnovamento nel campo dell’istruzione la presente newsletter è un altro contributo che l’associazione vuole dare al vasto campo dell’istruzione nel nostro paese.
Di seguito riportiamo i punti programmatici già presentati in settembre quale nostro contributo per avviare un reale cambiamento dell’istruzione a tutti i livelli di scolarizzazione.
Punti programmatici proposti da Cittadinanza Attiva Emilia-Romagna alla luce delle criticità emerse anche durante la persistente pandemia da COVID 19 per la scuola su cui cercare convergenze e alleanze e costruire un percorso sul territorio regionale con l’obiettivo di avviare un processo di riqualificazione dell’istruzione che risponda alle esigenze delle generazioni giovanili del terzo millennio:
- Messa in sicurezza anti-sismica degli edifici scolastici.
- Messa in sicurezza degli impianti degli edifici scolastici.
- Riduzione del numero di studenti per classe (massimo 20).
- Ampliamento dell’organico degli insegnanti di ruolo e del personale ausiliario.
- Aumento dell’organico degli insegnanti di sostegno.
- Ripristino della medicina scolastica con introduzione di equipe medico-pedagogiche.
- No all’uso di aule come cabine elettorali.
- Riduzione del gap sula didattica digitale fra le scuole del territorio della regione.
- Costruzione di patti educativi territoriali per coordinamento fra didattico curriculare e quella extra-curriculare.
- Allocare almeno il 15% dei fondi Next Generation UE per le scuole e le università per il miglioramento della qualità dell’istruzione, il potenziamento della ricerca scientifica e la riduzione della povertà educativa.
Per approfondire
La-scuola-riparte-come-cittadinanzattiva-avvia-lindagine-civica:https://www.cittadinanzattiva-er.it/la-scuola-riparte-come-cittadinanzattiva-avvia-lindagine-civica/