a cura di PierGiorgio Degli Esposti

Covid-19 e processo di digitalizzazione forzata

Da quando conviviamo con il COVID-19 in Italia siamo costretti, oltre ad una emergenza sanitaria ad un processo di digitalizzazione forzata.

Il mondo, visto dalla finestra di casa e dal monitor del PC, ci appare diverso.

Per quanto riguarda le questioni sanitarie non ho nessuna competenza in merito ed è doveroso attenersi scrupolosamente alle direttive del Ministero della Salute e dei qualificati professionisti che se ne occupano. Dal punto di vista della comunicazione ed in particolare della comunicazione digitatale ci sono molti temi che si devono affrontare in maniera lucida e critica.

Eravamo e siamo tuttora subissati da migliaia di mail, messaggi Whatsapp e feed di social network vari: Facebook, Instagram o Ticktoc sono i più diffusi.

Flussi di informazione a volte insidiosi e minacciosi, volti a diffondere false informazioni da fonti spesso non certificate o addirittura create apposta con l’intento di disseminare panico, diffidenza ed odio.

Purtroppo non tutti hanno la capacità di discernere quali siano fonti autorevoli ed attendibili, quali messaggi sarebbe opportuno non leggere nemmeno e ancora di più non condividere.

Il nostro paese, ma la situazione è simile un po’ in tutto il mondo, si trova inondato di informazioni quasi sempre veicolate da media digitali, gli stessi che ora sono anche gli unici strumenti attraverso cui si riesce ad avere un contatto con famigliari, amici, colleghi, professionisti. Sherry Turkle, sociologa dell’MIT, già anni prima della pandemia aveva intitolato un suo lavoro “Insieme ma soli” per descrivere la situazione in cui ci troviamo. Connessi, in contatto con l’altro, ma limitati, imprigionati nel nostro spazio domestico, che per alcuni è una comfort zone, per altri, i meno fortunati è una gabbia all’interno della quale si enfatizzano situazioni di rischio e diseguaglianza.

COVID-19: divario digitale e l’infodemia

Gli spunti di riflessione sul tema potrebbero essere moltissimi, in questa breve introduzione mi limito a pensare al così detto divario digitale, ovvero quella situazione in cui anche se connessi (dato non necessariamente scontato per tutti) o siamo con diverse possibilità ed opportunità. La quantità e la qualità dei dispositivi di connessione, la velocità di accesso alla rete, il livello di alfabetizzazione tecnologica e la disponibilità di investire risorse economiche per mitigare questi elementi sono alcuni dei motivi per cui anche se siamo insieme ma soli, alcuni sono più soli di altri. Se a livello medico quanto sta succedendo è stato definito pandemia,  a livello comunicativo si può definire infodemia, come l’anomalia di una comunicazione massiva e spesso distorta. Fortunatamente dalla seconda si può guarire molto più facilmente che dalla prima, validando le fonti di informazione e selezionando i contesti comunicativi; non credendo, abboccando, agli avvelenatori di pozzi e soprattutto restando umani ed empatici con l’altro; oggi più che mai la qualità della comunicazione è molto più importante della quantità.

La newsletter di Cittadinanzattiva

In questa newsletter di Cittadinanzattiva tante storie sull’importanza della comunicazione al tempo del COVID-19; l’importanza della lettura e delle poesia, la centralità del linguaggio ed il suo valore empatico, la comunicazione tra professionisti e medici, che tantissimo stanno facendo per tutelare l’incolumità di tutti noi, le parole dei ed ai bambini e lo sguardo verso il futuro che verrà sono solo alcuni degli argomenti che vengono trattati.

Buona lettura

 

Prof. presso il Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia -Università degli Studi di Bologna

Foto di Gerd Altmann da Pixabay


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