A rischio la salute di malati con patologie non covid-19

Per due mesi gli ospedali sono diventati meno accessibili agli altri malati: vuoi per paura di contagio, vuoi per consiglio dei medici curanti, vuoi perché i reparti sono stati sguarniti e tutti i controlli sospesi. Gli ospedali quindi non sono stati più punto di riferimento per le persone che hanno avuto problemi di salute. Questo ha messo a rischio la salute di molti affetti da patologie non Covid che hanno vissuto un periodo difficile e molti di loro sono morti.

In particolare una fascia di persone, quelle che hanno avuto un infarto, non si sono recate in ospedale mentre avrebbero avuto bisogno di soccorsi e cure tempestive.

Infatti la Società Italiana di Cardiologia nell’indagine condotta nel mese di marzo ha evidenziato un calo superiore al 50% dei ricoveri per infarto del miocardio nella settimana dal 12 al 19 marzo, rispetto alla stessa settimana del 2019. Si teme che i pazienti abbiano rinunciato a richiedere i soccorsi per paura del contagio. Lo studio,  è in corso di pubblicazione sulla rivista ‘European Heart Journal’.

Malattie cardiovascolari prima del Covid-19

Ricordiamo che negli ultimi 40 anni la mortalità relativa alle malattie cardiovascolari è notevolmente diminuita, riducendosi del 63,7%.

Risultato straordinario questo, che è stato reso possibile da diversi fattori quali la consapevolezza dell’importanza di avere stili di vita corretti, l’esistenza di terapie farmacologiche che riducono il rischio di eventi avversi e che sono in grado di massimizzare sempre più l’efficacia del trattamento, la presenza delle reti cardiovascolari, ed anche tecniche chirurgiche sempre più sofisticate.

“Siamo tornati indietro di 30 anni”

A Bologna Gianni Casella, primario di cardiologia dell’Ospedale Maggiore di Bologna, ha avviato una ricerca in collaborazione ad altri 15 centri specializzati di Lombardia e Piemonte da cui emerge che nel primo trimestre del 2020 gli accessi in ospedale sono calati del 20% per i casi di infarto più grave e del 40% per quelli meno gravi. Non solo: in molti casi, quelli che si presentavano in ospedale arrivavano troppo tardi con il cuore già danneggiato in maniera difficilmente recuperabile. “In sostanza siamo tornati indietro di trent’anni” afferma il primario.

Per confermare e non vanificare il grande lavoro svolto in questa Regione, anticipiamo alcuni dati dell’indagine di Cittadinanzattiva “Il giusto ritmo del cuore”.

L’ indagine “Il giusto ritmo del cuore”

Cittadinanzattiva prima del lockdown ha avviato l’indagine “Il giusto ritmo del cuore” finalizzata a raccogliere informazioni su come le persone che hanno avuto un infarto miocardico acuto – IMA – siano state seguite nei 12 mesi successivi alla dimissione ospedaliera,  sull’aderenza allo stile di vita raccomandato e alla terapia farmacologica. Inoltre intende acquisire informazioni sulla presa in carico da parte dei Medici di Medicina Generale e sulle loro interazioni con altri professionisti (es. cardiologo) per la gestione del paziente che ha avuto un episodio coronarico acuto.

Si tratta di un’indagine civica che si avvale del contributo non condizionato dell’Azienda Farmaceutica AMGEN.

Si precisa che la ricerca è in atto ma, anche se i dati numericamente disponibili non coprono l’intero territorio regionale, si può  però  sintetizzare che sia nella fase di ricovero sia nella fase della presa in carico da parte dei MMG si evidenziano buoni risultati in termini di adesione al trattamento farmacologico, regolarità nei controlli periodici e attenzione all’educazione per corretti stili di vita.

Dai dati parziali in nostro possesso risulta che i MMG presidiano con buoni risultati il decorso post IMA: controllano la terapia e la pressione arteriosa (100%), educano il paziente a modificare lo stile di vita (81%).

Il 54% delle persone forniscono un giudizio molto positivo e 45% positivo in merito alle informazioni ricevute. La qualità dell’informazione, il presidio del monitoraggio del percorso di cura da parte di MMG e specialisti fa si che l’82% dei pazienti sia consapevole della possibilità di ridurre il rischio di ricadute.

I dati completi saranno divulgati al termine dell’indagine.

I servizi sono sicuri anche per le malattie non-covid

Il dott. Casella rassicura i cittadini “Le aziende sanitarie hanno fatto una completa riorganizzazione, garantendo le cure anche per le malattie non-covid“. Ad esempio al Maggiore sono state centralizzate tutte le patologie cosiddette tempo dipendenti, come infarti o ictus, “mantenendo l’efficienza delle cure e percorsi in totale sicurezza sia per i ricoveri che per gli interventi, Dunque – assicura il primario – non c’è ragione di aver paura, perché il sistema è efficiente. Gli ospedali non sono solo covid, accolgono e curano anche le altre patologie“. Ma cosa succede quindi a chi ha un infarto e non si reca in ospedale? “Il nostro timore è che muoia in casa – risponde Casella – oppure arriva in ritardo con problemi più gravi al cuore, come stiamo vedendo. Ma soprattutto temiamo di vederne le conseguenze tra sei mesi-un anno, quando avremo più persone con scompenso cardiaco su cui è più difficile intervenire. Quindi ai pazienti dico: non c’è solo il covid, non sottovalutate gli altri sintomi“, conclude il cardiologo. (Intervista tratta dal sito: http://www.bolognatoday.it/cronaca/infarti-ospedale-maggiore.html).

Collabora con Cittadinanzattiva per migliorare i servizi

Cittadinanzattiva, si augura che al più presto i cittadini si riappropino dei servizi e che la rete cardiologica ritorni ad essere efficiente come in passato.

Cittadinanzattiva informa che l’indagine è ancora in corso, e coglie l’occasione per ringraziare tutti coloro che hanno collaborato e invita a collaborare i cittadini e i MMG a compilare i questionari per migliorare l’assistenza e i servizi:

Questionario on line per i cittadini che rientrano nelle caratteristiche richieste dall’indagine: https://forms.gle/6T4Apoxv8RFa8k4y6

Questionario per i Medici di Medicina Generale: https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLScR33ITw_rujiBecpLaybpHclLIQ_Y62bctQUrJv-hqS920Fw/viewform

 

Immagine tratta dalla rivista INTIMA, Journal Medicine Narrative

 

 

 

 

 

 

 

 


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