a cura di Matteo Valoncini

Covid-19 e il riuso

Il Covid-19 ha certamente colpito tutti, chi direttamente e chi indirettamente; quello che più ha fatto effetto è stata però la totalità delle dimensioni che il virus che ha colpito.

L’emergenza ci ha insegnato in questi mesi che non si può più ignorare di vivere non solo all’interno di una società ma anche all’interno di un ecosistema, di un mondo.

Il Covid-19 ha fermato, per più di un momento, anche se solo parzialmente, anche quell’invadente ma imprescindibile ospite che ben conosciamo: il capitale.

Amazon ha smesso di consegnare “beni non necessari”, i negozi (puniti oltremodo) sono stati chiusi, le persone hanno dovuto riscoprire ciò che avevano in casa, arrangiarsi, e molti di loro hanno scoperto che consumare può essere limitato.

Limitare i consumi per il bene di tutti

Non solo, limitando i consumi abbiamo scoperto che facciamo del bene a tutti, a noi e al mondo di cui siamo ospiti. Siamo rimasti tutti colpiti dalle immagini delle città prese nuovamente d’assalto dagli animali, “la natura che riconquista i propri spazi”.

Tutto ciò a sottolineare l’importanza che l’ambiente e il rapporto che abbiamo con esso sia importante non solo da un punto di vista etico, ma anche da un punto di vista di mera sopravvivenza.

Oggi come non mai la questione è evidente: il pianeta non ha bisogno di noi, ma noi abbiamo bisogno di lui.

Bisogna iniziare a ripensare gli stili di vita che abbiamo messo in gioco per questi due secoli, ripensare la rivoluzione industriale che tutt’oggi stiamo vivendo, ripensare il nostro rapporto con il pianeta, bisogna considerare il geometrale di tutte le prospettive, anche quelle che per lungo tempo non sono state considerate.

È davvero necessario consumare, consumare e consumare?

 Utilizzare, non possedere

Qualcuno, ben prima del virus, ha cercato di avvertirci che no, non era necessario e che sì, c’erano delle alternative. Nella fattispecie faccio riferimento a una realtà che non solo è strutturata per essere un centro di aggregazione e solidarietà ma è anche pensata per frenare il consumismo più sfrenato, senza demonizzarlo. Sto parlando di Leila, La Biblioteca degli Oggetti.

Leila, la Biblioteca degli Oggetti

Nasce a Bologna Leila un’associazione di promozione culturale a base volontaria che si preoccupa di fare rete e mettere in comunicazione tra loro i cittadini attraverso la condivisione e la raccolta degli oggetti.

Grazie a un agile tesseramento, i cittadini hanno accesso a un catalogo di oggetti (che loro stessi mettono in condivisione) da poter prendere in prestito per poi restituirli una volta finito l’utilizzo.

Pensate ad un trapano, nella maggioranza dei casi questo è utilizzato in media solo 7 minuti rispetto alle sue possibilità, questo significa non solo risparmio economico ma anche risparmiare un acquisto alla lunga inutile.

Se si riuscisse ad acquistare solo ciò di cui si ha davvero bisogno si eviterebbe una produzione serrata e esagerata di prodotti e quindi di inquinamento dovuto anche al necessario smaltimento di quel prodotto.

La cultura è l’unico bene dell’umanità 

“La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande”

Leila è uno spazio di condivisione[MV1] , non solo di oggetti ma di idee, di valori e di passioni, che vive grazie ai suoi volontari e ai suoi tesserati.

È una caleidoscopica realtà di pensieri accomunati da un’idea: meno spreco, meno capitale, più condivisione. È al tempo stesso innovativa e arcaica, geniale e scontata, si basa su un’idea semplice ma efficace: le relazioni.

Leila permette alle persone di trovarsi nuovamente protagoniste, permettendo loro di uscire dalla frenesia consumistica che ci divora, creando legami attraverso gli oggetti e le loro storie; storie che si intessono tra persone che hanno un duplice ideale: condividere e risparmiare (l’ambiente). 

Siamo esseri relazionali

Associazioni come Leila, ma ce ne sono tante che condividono questi ideali, favoriscono l’esercizio della fiducia.

Tutti noi, volenti o nolenti, siamo fatti delle relazioni che intessiamo col prossimo, l’idea di essere individui soli contro il mondo oltre che spaventare è anche falsa, nessuno di noi lo è.

Ogni volta che ci interfacciamo con qualcuno, fosse anche un estraneo, poniamo in essere le nostre capacità relazionali e attraverso esse ci muoviamo nel mondo, viviamo.

Non è un inno naif alla pace nel mondo (ben venga) o al volersi bene, è una riflessione sulla nostra società.

Come possiamo definirci “animali sociali” se facciamo dell’individuo il centro della nostra cosmologia?

Come possiamo muoverci in un mondo abitato se non siamo in grado di ammettere di esser noi stessi parte di quel mondo?

Leila fa anche questo, aiuta a porre in essere una riflessione sull’idea di possesso in favore dell’utilizzo, facendo ciò aiuta a restituire un valore agli oggetti e alle relazioni che ne scaturiscono, lavorando sulla fiducia reciproca e sulla solidarietà che, mai come in questi mesi, si è dimostrata vitale. 

 


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