A cura di Maria Chiara Briani, Presidente Ordine Assistenti sociali Emilia Romagna
In un pronto soccorso
Domenica, ore 13,30 circa, in un Pronto soccorso del bolognese, aspetto la visita medica di mia figlia. Di fronte a me una donna magra, di circa 50 anni, bella, vestita e tenuta in modo elegante, cammina veloce e nervosa nel corridoio, verso l’uscita, parlando al cellulare, a voce alta, con un certo Andrea, forse suo fratello: “… ma è un bugiardo!!! papà è un bugiardo……non è vero quello che dice, ripete che non ha mangiato a casa, ma ho visto io che ha mangiato prima di uscire… non ne posso più, io te lo dico: non ne posso più! “ e voltandosi : “Papà, cerca di andare più svelto!”.
Dietro annaspa un uomo che dimostra più di 80 anni, vestito in modo disordinato, capelli bianchi scompigliati, annaspa, ricurvo sul bastone, con aspetto implorante dice: “aspettami”. Invece non le dice niente, borbotta qualcosa tra sé, incomprensibile, il volto proteso in avanti, ma le gambe non lo seguono, i piedi si trascinano sul pavimento.
Il caregiver
Non è l’inizio di un romanzo, ma una storia reale, di ordinaria fragilità e di ordinaria assistenza.
Quando si parla di non autosufficienza, anziani, fragilità, non si può non parlare oggi di caregiver: è ormai condivisa l’importanza di privilegiare e sostenere l’assistenza a domicilio, si inizia a valorizzare la figura del caregiver e la cura della sua attività di assistenza.
Il caregiver, come ben definito dalla normativa dell’Emilia Romagna, in particolare la L. 2/2014, viene individuato così: “ Il caregiver familiare è la persona che volontariamente, in modo gratuito e responsabile, si prende cura nell’ambito del piano assistenziale individualizzato di una persona cara consenziente, in condizioni di non autosufficienza o comunque di necessità di ausilio di lunga durata, non in grado di prendersi cura di sé.”
Tutti sperimentano in un certo momento della loro vita, anche temporaneo, questa esperienza, ed è evidente quale sia la differenza tra la posizione di familiare e quella di caregiver, che si trovano così facilmente a coincidere, quando un componente della famiglia è affetto da malattia.
La relazione di figlio, di coniuge, di fratello o sorella è contraddistinta dalla relazione affettiva, emozionale, il ruolo di caregiver nasce spontaneamente nell’ambito di queste relazioni, ma si rende nel lungo periodo obbligato, necessario, non scelto ed, in alcuni casi, non voluto, caratterizzato dal senso del dovere e di responsabilità verso una persona amata.
Il caregiver occupa un ruolo informale di cura, supporto e di vicinanza, è partecipe dell’esperienza di malattia del malato e si impegna nelle attività quotidiane di cura della persona. Non è indispensabile che questa figura sia presente in ogni momento della giornata, ma è necessario definire il riferimento per gli operatori che si recano a casa all’interno del nucleo familiare (Federazione cure palliative, Cure palliative domiciliari: la figura del care giver).
E’ così che, nel tempo a volte molto lungo dell’assistenza e dell’attenzione, il familiare referente sia comunemente soggetto a momenti di affaticamento, stress, difficoltà a conciliare i tempi di cura ed i tempi di lavoro, ansia, depressione, perdita di capacità economica e addirittura dell’attività lavorativa. Tutte condizioni che possono minare la sua salute fisica e psichica.
E’ vero che gli interventi di Servizio sociale predisposti a supporto delle persone disabili e delle persone anziane sono, seppur indirettamente, sempre rivolti anche a sollevare, a supportare il caregiver nei suoi compiti di cura.
Fatta questa premessa, spostare il focus dall’attenzione alla persona fragile a quella sul caregiver non è solo un cambio di prospettiva, non mette in secondo piano la centralità della persona che ha bisogno di assistenza, ma significa sottolineare che non c’è possibilità di garantire una qualità di vita adeguata in ambito domiciliare, se non si prende in carico l’esigenza di “salute” di tutto il contesto familiare e soprattutto del referente dell’assistenza.
Quelli che possono sembrare in momenti di grande affaticamento interessi contrapposti, quelli della persona fragile, non autosufficiente e quelli del caregiver, sono invece intimamente interconnessi e interdipendenti, poiché non è possibile il benessere dell’uno senza il benessere dell’altro.
Un progetto di domiciliarità efficace e adeguato per la persona anziana non può dunque prescindere dalla “presa in carico” delle necessità anche del familiare referente o anche del referente di tipo amicale, quando un parente non c’è.
Le norme ed i Servizi
Di questa prospettiva e sfida si fanno carico le normative, nazionali e regionali, che predispongono Fondi ed interventi specificatamente dedicati al riconoscimento del caregiver, alla misurazione del livello di stress dovuto all’assistenza prestata, alla predisposizione di interventi di sollievo, ecc.
L’ultimo Piano sociale e sanitario regionale della Regione Emilia Romagna prevede come centrale la figura del caregiver familiare, al fine di valorizzare la prossimità degli interventi e di privilegiare l’assistenza al domicilio, la riconosce quale risorsa indispensabile rispetto alla rete dei servizi coinvolti nella condivisione del Progetto assistenziale individualizzato (PAI).
Quale l’orientamento possibile dei Servizi in questa prospettiva che valorizza il mantenimento e la qualità della vita a domicilio e, dall’altro lato, la cura della “salute” del caregiver ?
Non si può prescindere da una presa in carico complessiva, di tutte le esigenze della persona come del suo contesto familiare, in ogni sua forma possibile.
E la presa in carico complessiva, quando si parla di salute, di non autosufficienza e di assistenza, non può prescindere da una presa in carico integrata da parte dell’Assistente sociale, spesso referente per l’equipe multiprofessionale, quale responsabile del caso, e di tutte le altre figure professionali coinvolte nel progetto personalizzato a favore dell’anziano non autosufficiente.
Tutta la nuova normativa più recente, dal DM 77/2022 alla Legge delega in materia di politiche a favore della popolazione anziana, fa riferimento ad un approccio multidisciplinare, multiprofessionale, parla di valutazioni multidimensionali e di approccio bio-psico-sociale nei confronti della persona.
La presa in carico, valutazione, progettazione, confronto e verifica trova allora un momento privilegiato nell’equipe multiprofessionale, costituita in modo variabile di volta in volta a seconda delle esigenze della persona, ma allo stesso tempo secondo percorsi condivisi: pensata, organizzata, flessibile, ma strutturata.
A partire dalla presenza dei Servizi territoriali, che seguono quotidianamente i nuclei in difficoltà, deve coinvolgere anche le figure professionali di natura sanitaria e deve essere collocata anche all’interno delle Case di comunità, chiamate ad interpretare la prossimità dell’assistenza e a coniugare l’assistenza nella sua dimensione sociosanitaria. Un esempio possibile è il ruolo dell’equipe all’interno delle Centrali operative territoriali o degli Ospedali di comunità.
In tal senso, le previsioni normative non si sottraggono: la L. 33/2023, “Deleghe al Governo in materia di Politiche in favore delle persone anziane” elenca tra i principi individuati tutte le indicazioni necessarie:
– l’unitarieta’ delle risposte alla domanda di assistenza e cura, attraverso l’integrazione dei servizi erogati dalle aziende sanitarie locali e dai comuni;
– l’integrazione degli istituti dell’assistenza domiciliare integrata(ADI) e del servizio di assistenza domiciliare (SAD), finalizzata a garantire un’offerta integrata di assistenza sanitaria, psicosociale e sociosanitaria, secondo un approccio basato sulla presa in carico di carattere continuativo e multidimensionale;
– la promozione del miglioramento delle condizioni materiali e di benessere bio-psico-sociale delle famiglie degli anziani fragili o non autosufficienti e di tutti coloro i quali sono impegnati nella loro cura;
– la promozione del miglioramento, anche in via progressiva, del livello qualitativo e quantitativo delle prestazioni di lavoro di cura e di assistenza in favore delle persone anziane non autosufficienti.
Tali principi ben si intersecano con le previsioni del DM77, che richiama la centralità dei percorsi di continuità assistenziale, presidiati dalle Centrali operative territoriali, e che prevede la realizzazione degli Ospedali di comunità, servizi in cui diventa quantomai importante integrare l’Assistente sociale, quale professionista che intercetta la fragilità sociale e la eventuale vulnerabilità/difficoltà della rete familiare, che individua gli interventi di sostegno necessari al supporto della rete stessa e del referente familiare, in particolare nei momenti di criticità, di peggioramento delle condizioni di salute della persona assistita e di faticosa riorganizzazione dell’assistenza necessaria.
La vera sfida è quella di realizzare le previsioni normative, spesso programmate senza la destinazione di risorse dedicate ( L.33/2023) a partire da quella multidisciplinarietà, multiprofessionalità che deve coinvolgere assistenti sociali, infermieri, geriatri, psicologi, OSS, fisioterapisti, medici di base,ecc. in modo sempre più efficace. Ma molto può essere fatto, anche solo a livello organizzativo, per implementare le possibilità di raggiungere questi obbiettivi.
Familiare e caregiver, quale convivenza?
Ecco che realizzare un sistema compiuto ed integrato di servizi per la non autosufficienza garantisce l’adeguato supporto al caregiver, consente alla famiglia di “risparmiare” percorsi che si sovrappongono, di “ risparmiare” energie preziose, di sentirsi realmente “presa in carico” .
Il raggiungimento di uno stato di “burden” per il caregiver ( sindrome con manifestazioni psicofisiche simili al burnout) comporta la perdita del benessere personale per il familiare ed in molte situazioni preclude la possibilità dell’anziano di continuare a vivere al proprio domicilio.
A partire dalla condivisione e dalla co-progettazione del percorso assistenziale, il caregiver viene posto al fianco della persona non autosufficiente, come centrale nel progetto stesso.
E’ assolutamente necessario che il familiare referente conservi anche il suo ruolo di “familiare”, possa avere momenti di sollievo ai propri compiti di cura, un adeguato sostegno psicologico, informazioni adeguate, servizi specifici e possa mantenere lo spazio fisico e mentale per conservare la relazione affettiva e non vederla soffocare nella fatica di tutti i giorni: “ non ne posso più!”.
Per approfondire
Ordine Assistenti sociali Emilia Romagna: https://www.oaser.it/pubb/
Cittadinanzattiva Emilia Romagna, Articoli Caregiver:
Carta delle priorità: https://www.cittadinanzattiva-er.it/carta-delle-priorita-del-caregiver/
Caregiver: https://www.cittadinanzattiva-er.it/category/caregiver/