a cura di Silvia Barbanti
Lo stop imposto dal coronavirus
Apro la mia agenda settimanale (non ho abbandonato il cartaceo) alla pagina 24 febbraio – 1° marzo: tutti i giorni, tranne il lunedì e la domenica c’è segnato un impegno. Ma su ogni impegno una croce che lo cancella. Leggo con nostalgia la rimozione di momenti previsti in preparazione all’evento tanto atteso del Cespi nell’ambito di Civil Week, iniziativa del Corriere della Sera “Mi sento albero nella mia città” che doveva mettere in dialogo testimonianze di migranti di ieri e di oggi.
Ma… il coronavirus ha dettato uno stop.
Ed è proprio da questa settimana che anche i battenti della nostra scuola di italiano per stranieri si sono improvvisamente chiusi senza neppure un saluto, un grazie, una festa… La nostra festa abituale di cibi e danze del mondo.
Per un po’ siamo rimasti tutti noi docenti volontari quanti basiti e il silenzio è regnato sovrano.
Primi tentativi per mantenere i contatti con gli studenti
Poi è iniziato il tam tam di telefonate e whatsapp tra docenti che si interrogavano sul da farsi. Gladys, Alberto, Marilena, Patrizia, Isabella, Beniamina… che facciamo?
La scuola, quella ufficiale, reagiva, si metteva in pista con strumentazione tecnologica… e noi?
Il registro elettronico non lo abbiamo, sulle piattaforme non ci siamo mai entrati… E allora? Allora iniziamo dalle cose più semplici: ciascuno con i propri studenti un bel gruppo di whatsapp magari… proviamoci. E così ci siamo messi in pista. Al “come state?” c’è subito risposta: Ibrahim, Vilma, Mirian, Erison ed Eyasu che esclama: “per me non va bene senza la scuola”. Poi invio di schede di lavoro in attesa di risposte. Gruppo allargato a Evelyn, Gaby, Celeste e Channella. E con Pasqua corale eco di auguri. E al 25 Aprile un risuonare di canti…
Ma alle schede inviate non fa più eco la consueta risposta. E siamo all’oggi.
Come rilanciare?
Introdurre messaggi vocali?
Chiedere una fotografia con titolo?
Che altro fare per rilanciare?
Ma soprattutto quale pensiero per il prossimo anno scolastico?
I limiti di whatsapp come trampolino per nuovi pensieri
Sono i timidi primi passi di un cammino che stiamo percorrendo.
Per guardare oltre, per guardare al dopo. La semplice strumentazione usata finora risponde al desiderio di restare in contatto ma è inefficace sul piano dell’apprendimento perché poco adatta ad uso didattico. Ce lo dice il cammino percorso.
L’esigenza di confrontarci come gruppo di docenti e la competenza di Marilena Vimercati che indice una videoconferenza tra insegnanti, fanno superare ogni timidezza virtuale e ci si incontra con gioia e piacere. E’ così che abbiamo iniziato, sulla base della convinzione comune che la didattica in presenza è irrinunciabile, a tessere la tela per il dopo. Abbiamo tracciato l’ordito pensando a lezioni in piccolo gruppo, alla dotazione di un libro di testo che riempia a casa il minor tempo passato a scuola
Ma per avere il tessuto compiuto dobbiamo costruire la trama. Ci incontreremo ancora e ancora in videoconferenza per incrociare sulla proposta di base il nuovo che ognuno di noi saprà suggerire in termini di utilizzo di più strumenti tecnologici, dalle e-mail fino a videolezioni e far così dono ai nostri studenti della lingua di cui hanno grande bisogno per costruire positive relazioni, per vivere tutti quanti insieme la città.
Foto di Welcome to all and thank you for your visit ! ツ da Pixabay