A cura di Claudia Camedda, Associazione Infermieri di Famiglia e Comunità (AIFeC) Emilia-Romagna

La presa in carico allargata, il lavoro di cura dell’Infermiere di Famiglia e di Comunità

L’assistenza territoriale svolta quotidianamente dagli infermieri non riguarda solamente la persona malata: inevitabilmente si estende anche alla soddisfazione dei bisogni del nucleo famigliare, di cui fa parte o cui si aggiunge il caregiver.

Questo avviene quando un individuo diventa non autosufficiente e le persone a lui vicine si organizzano per garantirgli la miglior cura possibile.

In questo contesto, spesso il caregiver è un famigliare su cui grava la maggior parte del carico assistenziale.

Nel percorso di cura è sempre più frequente che gli infermieri si prendano carico non solo degli assistiti individuati nei piani di cura, ma anche dei caregiver.

I caregiver diventano punto di riferimento e di informazioni per gli infermieri, ma anche oggetto di attenzioni per poter prevenire problemi di salute sia fisica che psicologica.

Di conseguenza, il ruolo dell’infermiere viene ridefinito come responsabile di una “presa in carico allargata”; è quindi importante che i futuri professionisti siano formati in maniera specifica su questi temi.

Riportiamo in breve alcuni riferimenti teorici, informazioni e riflessioni condivisi con gli studenti del CDL infermieristica.

Chi è il caregiver

Le persone che svolgono una funzione di cura ed assistenza diretta e continuativa ad un altro individuo sono definite caregiver; le loro cure si rivolgono a malati acuti o cronici, persone disabili, non autosufficienti, e in situazione di dipendenza totale o parziale, temporanea o permanente.

Esistono varie distinzioni per il termine caregiver: possiamo distinguerli in formali o informali, e tra primario o unico. I caregiver formali sono professionisti che forniscono assistenza per lavoro; gli informali, invece, forniscono assistenza a una persona con cui hanno un legame affettivo (congiunto, amico, vicino, ecc.). Il caregiver primario (o “primary caregiver”) condivide la cura dell’assistito con qualcuno, rimanendo però il principale riferimento, mentre quando parliamo di caregiver unico non si hanno altri punti di riferimento: l’intero processo assistenziale ricade su una sola persona.

Caring e caregiving

Il caregiving è l’espressione comportamentale del caring, ossia della componente affettiva dell’impegno dedicato al benessere di un’altra persona. Il caregiving può essere suddiviso in 3 fasi:

  • iniziale: si manifesta l’esigenza di dare assistenza ad un proprio caro; si sommano l’impatto emotivo legato alla malattia, la necessità di riorganizzare le proprie funzioni e gli effetti dei cambiamenti sul sistema famiglia. È una fase molto complessa;
  • intermedia: il caregiver esercita il suo ruolo; può essere caratterizzata da una certa stabilità, in base ai mutamenti della persona assistita. Può durare molti anni;
  • finale: il caregiving si interrompe; ciò può avvenire per ritrovata autonomia dell’assistito o per suo decesso, oppure per l’insorgenza di alterazioni nello stato di salute del caregiver stesso. Come la fase iniziale, può essere complessa.
Il caregiver burden

Il caregiving può essere associato a effetti negativi, come il “caregiver burden”, che può essere definito come il livello di stress percepito dal caregiver nel prendersi cura di un membro della famiglia e/o di una persona cara col passare del tempo. Il caregiver burden si può manifestare con perdita di peso, fatica, disturbi del sonno, distress emotivo e psicologico, alienazione, deterioramento delle relazioni familiari, modificazioni nell’organizzazione della giornata e nello stile di vita, riduzione delle attività sociali, isolamento, problemi economici.

I fattori predisponenti sono:

  • insufficienti risorse finanziarie (costi aggiuntivi, ma anche riduzione o perdita del lavoro)
  • conflitto fra le diverse responsabilità (coesistenza di ruoli diversi, e di responsabilità diverse: assistenza diretta, assistenza nello svolgimento delle attività di vita quotidiana, supporto emotivo, monitoraggio dei trattamenti, aiuto nell’assunzione dei farmaci, visite, cura della persona, trasporto, ecc.)
  • mancanza di attività di socializzazione (rete sociale carente).

Le conseguenze del caregiver burden, invece, sono:

  • peggioramento delle attività di cura (insofferenza verso l’assistito)
  • peggioramento della qualità di vita (poco tempo per se stessi)
  • peggioramento della salute fisica (problemi cardiaci, ipertensione) e psicologica (depressione, rabbia, preoccupazione, senso di colpa, ansia)
  • relative sia al caregiver che alla persona assistita.
Prevenire il caregiver burden sostenendo il caregiver

Affinché non si verifichi il fenomeno del caregiver burden, è bene sostenere il “caregiver empowerment”, ossia il controllo positivo della propria mente e del corpo. Questo si può attivare coltivando un atteggiamento positivo, tentando in modo proattivo di comprendere il proprio ruolo di caregiver per migliorare le proprie capacità, concentrandosi sugli altri oltre che su se stessi, sostenendo l’indipendenza dell’assistito e conducendo relazioni costruttive con altre persone.

Le caratteristiche del caregiver empowerment, più concretamente, sono:

  • controllo positivo della mente e del corpo (prendersi delle pause, cercare supporto, prendersi del tempo per sé)
  • coltivare sentimenti positivi (adottare strategie per affrontare eventi difficili, mantenere una prospettiva positiva)
  • prestare assistenza in modo proattivo (prendere decisioni in autonomia con consapevolezza, monitorare con costanza le proprie capacità)
  • sviluppo progressivo delle competenze (rispondere in modo adeguato alle esigenze che si presentano di volta in volta)
  • sostegno all’indipendenza dell’assistito (aiutarlo a trovare la capacità di assumere nuovi ruoli, creare opportunità di interazione sociale, fornire supporto che mira a promuovere l’indipendenza)
  • relazioni costruttive con la propria rete sociale (condividere sentimenti e svolgere attività di gruppo).

I fattori predisponenti al caregiver empowerment sono:

  • caratteristiche individuali del caregiver (culturali, credenze religiose, durata del ruolo);
  • autocontrollo mentale e fisico (salute fisica e stato psicologico)
  • relazione con l’assistito (relazione passata che condiziona quella presente)
  • caratteristiche della persona cui si presta assistenza (età, livello di istruzione, durata della malattia, età di insorgenza, gravità della malattia, disabilità)
  • supporto di altre persone vicine (membri della famiglia, parenti, amici, operatori sanitari).

Gli effetti del caregiver empowerment sono:

  • stabilità fisica e mentale (ridurre lo stress, migliorare i sintomi di depressione, migliorare la cura di sé, soddisfare i propri bisogni, mantenere uno stato generale di benessere)
  • maggiore sicurezza nello svolgere le attività di caregiving (aumento e miglioramento delle proprie capacità di cura)
  • crescita personale
  • miglioramento della qualità delle relazioni fra l’assistito e gli altri membri della famiglia (evoluzione delle relazioni famigliari)
  • acquisizione di supporto sociale continuativo (non sentirsi abbandonati).
Il lavoro degli infermieri: prevenire, alleviare e sostenere il caregiver

La coppia paziente-caregiver viene presa in carico dagli infermieri nella sua interezza: tutto il processo di assistenza, dall’accertamento agli interventi infermieristici, è rivolto a entrambi.

Anche per questo, gli infermieri possono agire a diversi livelli per prevenire e alleviare il caregiver burden, e per favorire il caregiver empowerment.

Durante la fase di accertamento, l’infermiere può individuare la presenza di caregiver burden o un suo rischio di insorgenza: se ciò avviene, si può aprire una diagnosi di “tensione nel ruolo di caregiver” o di “rischio di tensione nel ruolo di caregiver”, a seconda del caso rilevato.

Caregiver e infermiere stabiliranno insieme i risultati attesi che saranno volti a promuovere il caregiver empowerment oppure a risolvere, ridurre o minimizzare i fattori che provocano la tensione di ruolo in un primo momento e, successivamente, a promuovere il caregiver empowerment.

Gli infermieri e i loro interventi possono avere un ruolo chiave nel supporto alle persone che necessitano di assistenza e ai loro caregiver: per questo è fondamentale prestare attenzione a queste persone ed evitare il più possibile l’insorgenza di situazioni negative, come quella di caregiver burden, e monitorare i possibili fattori predisponenti.

La figura di caregiver è molto importante nel processo di cura ed è dunque necessario coinvolgerla ed integrarla quanto più possibile nello stesso.

 

Per approfondire

Associazione Infermieri di Famiglia e di Comunitàhttps://www.aifec.it/

Liu Z., Heffernan C. & Tan J. (2020). Caregiver burden: A concept analysis. International journal of nursing sciences, 7(4), 438–445.

Sakanashi S. & Fujita K. (2017). Empowerment of family caregivers of adults and elderly persons: A concept analysis. International journal of nursing practice, 23(5), 10.1111/ijn.12573.

Scalorbi S., Longobucco Y. & Trentin A. (2022). Infermieristica preventiva, di famiglia e di comunità. McGraw-Hill; II ed. Milano.

Cittadinanzattiva Emilia Romagna, Articoli Caregiver:

Carta delle priorità del caregiver: https://www.cittadinanzattiva-er.it/carta-delle-priorita-del-caregiver/

Caregiver: https://www.cittadinanzattiva-er.it/category/caregiver/

Documenti ufficiali Regione Emilia Romagna (Leggi regionali, Delibere e Determine, Note di indirizzo, Informazioni, Servizi): https://caregiver.regione.emilia-romagna.it/

 

 

 

 


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