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Mi è capitato per puro caso di dover insegnare alcune nozioni di informatica di base ad un gruppo di dodici ragazzi minorenni provenienti dall’Africa. Quelli che arrivano senza genitori sui barconi, proprio quelli!

Qualcuno sa un po’ di inglese, qualcuno mastica qualche parola di francese, qualcun’altro conosce un poco di arabo -sa scrivere il suo nome-, la maggior parte conosce la lingua originaria del suo paese, che è solo orale. I più non hanno frequentato una scuola, per non dire che alcuni non hanno mai visto l’acqua corrente e la luce elettrica (ma questa è un’altra storia!).

Eppure, insieme a Franco Visentin, l’amico di Informatici Senza Frontiere con cui ho condiviso quest’avventura, dopo uno smarrimento iniziale, abbiamo trovato la chiave per entrare nella mente e nel cuore di questi ragazzi. Ed abbiamo ottenuto risultati eccellenti sotto molti punti di vista. Lo racconta egregiamente Roberto Zarro in un’intervista che mi ha fatto e che ha raccontato in uno storytelling che trovate al link: https://medium.com/@pane_e_internet/bologna-l-accoglienza-passa-anche-da-internet-b88183eff32a

Solo oggi, a distanza di molti mesi da quel momento, riesco a trovare le parole per raccontare le sensazioni di quell’esperienza faticosissima, ma anche ricca di emozioni e soddisfazioni. Solo oggi che vedo tanto orrore e tanta diffidenza da parte di molti cittadini comuni e di nazioni intere mi sento in dovere di raccontare la nostra avventura. Basta poco per comprendersi anche se si parlano linguaggi diversi e si proviene da vissuti differenti.


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