a cura di Di Renzo Rossana

E’ in giornate come queste

Mai come oggi la salute è percepita un bene comune e l’accessibilità è un diritto di tutti. “Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino” e nessuno deve sentirsi solo, nessuno deve restare indietro.

E’ in giornate come queste che ci scopriamo fragili, isolati e comprendiamo che la salute pubblica dipende dal nostro senso di responsabilità. Altro sentimento costante e quotidiano è l’incertezza legata al proprio e altrui futuro.

E’ in giornate come queste che ripensiamo al valore delle cose che fondano il nostro stare al mondo.

E’ in giornate come queste che abbiamo tempo per pensare e dare un senso a quello che ci sta accadendo e in questo dialogo interiore scopriamo che per sopravvivere occorre coltivare la solitudine come valore.

E’ in giornate come queste che per la prima volta partecipiamo a riti collettivi a distanza e i nostri vicini sono per noi una risorsa.

E’ in giornate come queste che per rompere il silenzio innaturale che ci circonda e sentirci parte di una comunità, apriamo balconi, finestre per suonare, cantare insieme.

Tutti i giorni

Ma per molti queste “scoperte” sono ben conosciute: sono i caregiver.

Tutti i giorni per loro stare a casa isolati è normale. Spesso non trovano vicini per poter scambiare ed esprimere le loro preoccupazioni. Quando  trovano qualcuno che li ascolta lo fanno non tanto per aver consolazione ma per poter coltivare speranza.

Tutti i giorni sanno di essere soli ad affrontare i mille ostacoli della quotidianità per un tempo di cui non si conoscono la durata e la fine.

Tutti i giorni  fronteggiano la difficile situazione di gestire non solo il proprio caro ma tutta la complessa situazione sanitaria, familiare, sociale e burocratica.

Tutti i giorni sanno bene cosa è importante nella vita: piccoli gesti di quotidiana cura, parole che confortano, aiutano a tracciare un cammino e dare senso all’esperienza che stanno vivendo.

Tutti i giorni il lavoro di cura s’impadronisce della quasi totalità del tempo quotidiano con dispendio di energie fisiche e mentali.  Molto spesso non riuscendo a conciliare i molteplici impegni sono costretti a rinunciare a un lavoro a tempo pieno a favore di orari ridotti e flessibili, cosa che incide non poco sul bilancio familiare.

Tutti i giorni sentono la responsabilità della salute del proprio caro e nel contempo la paura di non riuscire ad essere all’altezza. Spesso il caregiver considera imprudente assentarsi, teme che la persona cara possa avere bisogno, col risultato che rischia di diventare egli stesso soggetto fragile e bisognoso di cure.

Domani

Domani quando la nostra vita riprenderà, non dimentichiamoci di ciò che abbiamo vissuto e con occhi nuovi, con mente diversa guardiamo la realtà che ci circonda, consapevoli che la malattia fa parte di un destino comune.

Domani ricordiamoci di stare accanto a chi ha bisogno e di non lasciarli soli. Riscopriamo un linguaggio che parta dal cuore “parole  leggere e profonde, gentili e assorte, fragili e sincere”(E. Borgna), parole che curano e che danno speranza.

Domani, come comunità, riempiamo di fatti una parola “solidarietà“.

Le testimonianze

Riportiamo all’attenzione, alcuni articoli che testimoniano come caregiver, persone malate, associazioni denunciano i rischi di salute, carenze di informazioni e isolamento sociale.

Coronavirus, noi caregiver siamo sfinite e questa volta non sappiamo cosa farcene dei grazie

Ad alcuni di noi caregiver questo immane sacrifico dell’#iorestoacasa fa sorridere. Queste norme così restrittive sono la quotidianità di moltissime famiglie da anni e per decenni.

E’stato detto moltissimo sulla condizione dei disabili e specialmente di chi vive una condizione di grave disabilità. Vorrei soffermarmi su una lente di quotidiana realtà e dare luce ad alcuni aspetti che, seppure secondari, fanno la differenza del vivere quotidiano.

Ad alcuni di noi questo immane sacrifico dell’#iorestoacasa fa sorridere.

Articolo pubblicato 11 marzo 2020 sul Fatto Quotidiano

Per continuare a leggere: https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/11/coronavirus-noi-caregiver-siamo-sfinite-e-questa-volta-non-sappiamo-cosa-farcene-dei-grazie/5732690/

Io non mi illudo resta tutto uguale

Anna Claudia Cartoni, 57 anni, laurea in Scienze motorie, vive a Roma e si dedica alla figlia disabile

“Il coronavirus ha fermato il mondo costringendolo  a ritmi molto lenti. Ognuno è chiuso in casa obbligato ad evitare rapporti sociali, cinema, teatri, sport e tutto il resto. Io sono una care givers in quanto madre di una ragazza disabile molto grave e il coronavirus non ha cambiato poi di molto il nostro vivere. La disabilità già mi aveva costretto a vedere la vita in un altro modo, già mi aveva obbligato a ridurre le mie possibilità di svago, già mi aveva obbligato a essere meno libera, già mi aveva insegnato a vivere con la paura di una corsa in ospedale per un’emergenza”.

“Quando tutto ripartirà, noi invece continueremo a vivere a un’altra velocità e torneremo a essere soli perché il mondo degli altri prosegue su un altro binario. Il coronavirus invece mi fa riflettere su alcuni aspetti di cui si parla tanto in questi giorni. Prima di tutto sembra che l’italiano sia diventato improvvisamente rispettoso del prossimo, perché di fronte ai supermercati vediamo file ordinate nel rispetto rigoroso della distanza di sicurezza”.

Articolo pubblicato 16 marzo 2020 su Repubblica: rubrica “Invece Concita”

Per continuare a leggere:

https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2020/03/18/io-non-mi-illudo-resta-tutto-uguale/

L’appello di First: “Si aiutino immediatamente i caregiver familiari”

Si tratta di persone che, in questo particolare momento più che mai, si trovano in grandissima difficoltà, alle prese con tutta una serie di gravosissimi impegni assistenziali che devono affrontare con pochissime mezzi economici di sostegno

https://www.redattoresociale.it/article/home/l_appello_di_first_si_aiutino_e_si_sostengano_ora_e_immediatamente_i_caregiver_familiari_

 

Coronavirus, le storie dei disabili in isolamento: “Siamo i più a rischio, ma senza indicazioni”

Testimonianze di chi vive con grande apprensione l’emergenza coronavirus e chiede maggiore sostegno da parte delle istituzioni. “Chi si occuperà di noi?”, chiede il 27enne Nicolas Sportelli. Mentre Daniele Biundo, costretto a tenere un ventilatore per la sua incolumità, denuncia l’assenza di comunicazioni ufficiali. La deputata Noja (Iv): “Serve un’azione uniforme”

Nicolas Sportelli ha una patologia grave che colpisce i muscoli e il sistema respiratorio: “Sono consapevole di essere un soggetto a forte rischio”, dice. “Non sapere quando tutto questo finirà mi provoca una forte ansia”. Tutta la popolazione, non solo lombarda, vive con forte apprensione l’evoluzione del contagio e si adegua alle restrizioni per tutelare i più deboli, ma proprio chi è più a rischio soffre ancora di più l’isolamento. Così Daniele Biundo, 41 anni e con distrofia di Duchenne, costretto a tenere il respiratore, chiede chiarimenti su come fare a

usare la mascherina. E Alessandro Provito, tra i disabili gravissimi della Lombardia, denuncia: “Ci dicono che siamo la categoria più sensibile al Covid-19 e poi nessuno ci chiama per darci indicazioni”.

Articolo pubblicato 11 marzo 2020 sul Fatto Quotidiano Per continuare a leggere:

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/03/11/coronavirus-le-storie-dei-disabili-in-isolamento-siamo-i-piu-a-rischio-ma-nessuno-ci-da-indicazioni-spero-nel-sostegno-a-casa-se-no-rischio-di-essere-bocciata/5731493/

Lombardia, assistenza a rischio per anziani e disabili. L’allarme di Confcooperative

Mancano mascherine e guanti. Il 30% degli operatori è ammalato o in quarantena. E il presidente Minelli esorta: “Bergamo e provincia diventino zona rossa

MILANO – Il tempo stringe: ancora una settimana, forse poco più, e poi gli operatori delle cooperative sociali lombarde non saranno più in grado di assistere anziani, disabili, bambini in difficoltà. Mancano mascherine, guanti, gel igienizzanti. Il 30% degli operatori è ammalato o in quarantena. “Le abbiamo chieste alla Regione, ai comuni, alla protezione civile -racconta Massimo Minelli, presidente di Confcooperative-. Ma per ora non c’è arrivato nulla. Capisco che la priorità è per il personale degli ospedali, ma subito dopo viene il personale che si occupa di assistenza sociale e sociosanitaria. Perché non possiamo lasciare a se stesse quasi 100 mila persone che oggi vengono assistite”.

https://www.redattoresociale.it/article/home/lombardia_a_rischio_l_assistenza_per_anziani_e_disabili_l_allarme_di_confcooperative?UA-11580724-2

 

Coronavirus, allarme persone cieche: “Isolate e senza supporto”

In Italia 360 mila ciechi assoluti e un milione e mezzo di ipovedenti e pluridisabili: secondo l’Unione Ciechi situazione di “grande difficoltà” per l’assenza di volontari che aiutino nei bisogni primari. La richiesta al governo: assistenza obbligatoria e unità di supporto permanente

https://www.redattoresociale.it/article/home/coronavirus_allarme_unione_ciechi_isolati_e_senza_supporto_

 

Coronavirus, Ens:”Salute e accessibilità sono un diritto di tutti, anche dei sordi!”

Portando l’esempio della Francia, l’Ente nazionale sordi chiede che le comunicazioni del Governo e delle principali autorità siano rese essere accessibili e invita tutti a spedire la richiesta via mail all’indirizzo della Presidenza del Consiglio dei ministri

https://www.redattoresociale.it/article/home/coronavirus_ens_salute_e_accessibilita_sono_un_diritto_di_tutti_anche_dei_sordi_

 

Foto di Konevi da Pixabay


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