A cura del dott. Ivan Favarin, Infermiere–Emergency Department-Pronto Soccorso e 118 Ospedale di Bentivoglio–Azienda Usl di Bologna.

 

Il triage: la giusta risposta al giusto bisogno

Per inquadrare il sistema di risposta sanitaria, occorre selezionare i livelli ovvero fare Triage, com’è uso fare nei pronto soccorso.

Vi sono vari livelli di classificazione: possiamo pensare alla gravità o al carico che un bisogno può comportare, criteri che sono alla base del sistema di colori al triage. Oppure pensare alle patologie (secondo un approccio clinico-specialistico) e indirizzare la persona alla struttura più idonea perché provvista dello specialista adeguato.

I criteri si sovrappongono e questi sono solo alcuni dei complessi aspetti che permeano la scelta dei percorsi.

Con un approccio più ampio, adatto alla progettazione di risposte complesse, possiamo dividere gli accessi in macrocategorie: emergenze, urgenze minori e non urgenze.

Le emergenze sono tipicamente i casi gravi e instabili, bisognosi di cure intensive o salvavita tempo-dipendenti: si pensi a una lesione spinale traumatica o a un infarto.

Le urgenze minori sono tutte le altre casistiche che non hanno carattere di gravità né alto rischio evolutivo né tempo dipendenza, ma che possono giovarsi comunque di diagnostica e terapia (anche del sintomo doloroso) se attuate in un tempo relativamente breve. Si pensi a una dolore lombare atraumatico cronico riacutizzato in paziente altrimenti stabile o a una recidiva di colica renale.

Su questa divisione si basa da anni la risposta sanitaria di Paesi come il Regno Unito, dove è possibile (anzi, fortemente raccomandato) l’accesso a centri dedicati per urgenze minori (Minor Injury Treatment Centre), riservando gli accessi di pronto soccorso ospedalieri (parte dei Dipartimenti di Emergenza) ai soli casi gravi.

Perciò la chiave primaria per capire come rispondere alla domanda del titolo è:

Come distinguere, come classificare i bisogni?

E se la cittadinanza non è in grado da sola di farlo, per cultura o per semplice incertezza nel momento di difficoltà, chi può farlo?

 

La domanda di salute

La demografia sta evolvendo verso l’aumento delle fasce di popolazione più anziane e con comorbidità.

La domanda per problemi di salute non in emergenza sta crescendo soprattutto nella cronicità, ma la mancanza (o la scarsa integrazione) di un’adeguata sanità di prossimità ha portato al sovraffollamento dei servizi di emergenza.

Esistono due grandi categorie di utenti che, tipicamente, esprimono bisogni di saluti senza carattere di urgenza/emergenza:

  • Pazienti non ancora presi in carico
  • Pazienti già in carico in percorsi diagnostico-terapeutici della cronicità (fuori orario dei servizi dedicati)

Alla domanda: “dove andare?”, la risposta che ha prevalso negli anni è che “tutte le strade portano al pronto soccorso”.

Sembrerebbe provocatorio, ma si è instaurato un circolo vizioso negli accessi, per cui a una domanda insoddisfatta di salute sul territorio, la risposta ricade alla fine sui pronto soccorso, con conseguenze sul sovraffollamento che sono sotto i nostri occhi quotidianamente.

Fig. 1 – Il circolo vizioso degli accessi in emergenza/urgenza

 

La chiave di accesso

Le chiavi di accesso sono efficaci quanto sono in grado di selezionare e indirizzare.

Esiste a oggi il sistema di risposta 118, che tuttavia, come vedremo, è utilizzato impropriamente anche per casi di urgenze minori (se non addirittura non urgenti).

Si parla di “accessi impropri” ma, ritornando alla definizione di livello di gravità non sempre facilmente intercettabile dall’utenza autonoma, sarebbe meglio parlare di accessi “evitabili”.

In Emilia-Romagna si è cercato di cogliere l’occasione di assolvere al mandato europeo di creare il numero di risposta per prestazioni sanitarie non emergenti (il 116117) e di farne un filtro in grado di capire e dare indicazioni strutturate, ovvero se restare nell’ambito della risposta territoriale per non emergenze o se dirottare sul sistema di emergenza (118).

Tutto questo rientrerebbe nell’alveo del “super-numero unico” 112, un sistema che potrà a sua volta filtrare interagendo con le centrali 118 e 116117 (come già accade in molte regioni italiane ed europee).

Fig. 2 – Il sistema di risposta telefonica integrato

 

La risposta ai bisogni di salute

I pronto soccorso, per come li abbiamo conosciuti finora, sono luoghi deputati alla cura di patologie acute perché inseriti in strutture ospedaliere per acuti. Esistono però ospedali di vario livello (centrali e periferici, come mozzo e raggi di una ruota, ossia Hub & Spoke).

Sebbene questi non rappresentino ancora una vera medicina di prossimità, è possibile inquadrarli in una evoluzione che va dal modello puramente centrato sull’ospedale verso la risposta di prossimità.

C’è stata infatti una progressione che può essere illustrata sinteticamente così: dall’ospedale unico punto di risposta (tipico ad esempio di molte culture di Paesi in via di sviluppo) ad una organizzazione che combina ospedali su livelli di diversa complessità e specializzazione con strutture territoriali.

Fig. 3 – L’evoluzione dal modello ospedale-centrico alla prossimità

Noi siamo abituati a pensare alle risposte territoriali come a semplici “ambulatori” o, laddove sono stati realizzati con buoni esiti, a consultori, day service, etc.

Grazie alla progettualità messa in campo in maniera pionieristica dalla Regione Emilia Romagna, le Case della Salute hanno posto le basi per un nuovo modello di risposta.

Oggi, con il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (nella Missione 6 – Componenti 1 e 2), si favorisce e si finanzia a livello nazionale quanto fatto con le Case della Salute secondo il modello emiliano romagnolo e ribattezzate Case della Comunità (CdC), a cui si affiancano Ospedali di Comunità (OSCO) nonché la Telemedicina che, integrata con il già citato servizio 116117, potrà costituire un’interfaccia remota di accesso alla cure ma soprattutto un passo verso la medicina di iniziativa, continuità e precisione.

 

Centri di assistenza e urgenza (CAU)

Nella Regione Emilia-Romagna con recente delibera si sono individuati due canali distinti:

  1. a) Urgenze sanitarie a bassa complessità clinico assistenziale, in capo alla rete assistenziale delle cure primarie (tipicamente i medici di base)
  2. b) Emergenze-urgenze sanitarie a medio-elevata complessità, in capo ai servizi di Accettazione ed Emergenza Urgenza Ospedaliera (118, Pronto Soccorso, Dipartimenti di Emergenza).

Nel tentativo di ovviare al sovraffollamento dei PS, si è favorito il progressivo sviluppo dei Centri di Assistenza e Urgenza-CAU, definite “strutture territoriali destinate alla gestione delle urgenze sanitarie a bassa complessità clinico assistenziale che garantiscono, oltre alle prestazioni erogate dalla Continuità Assistenziale, prestazioni non complesse attualmente erogate nei Punti di Primo Intervento e nei Pronto Soccorso”.

I Centri di Assistenza e Urgenza-CAU possono essere collocati nelle Case della Comunità, oppure nei Punti di Primo Intervento, negli Ospedali di prossimità di livello III (come ad es. Budrio – BO); è comunque opportuno, dove possibile, valutare la presenza di un Centri di Assistenza e Urgenza in prossimità di un Dipartimenti di Emergenza di I e II livello (ad esempio Ospedale Maggiore o Policlinico Sant’Orsola-Malpighi a Bologna).

Anche l’aggregazione di medicina generale, organizzata e idonea, potrà essere sede di tali setting assistenziali.

Nei Centri di Assistenza e Urgenza-CAU il team interprofessionale si compone di Medico e Infermiere.

Il medico proviene, secondo le indicazioni regionali, dalla continuità assistenziale.

L’infermiere proviene da un’esperienza di almeno un biennio in emergenza/urgenza con formazione ulteriore per uso dei POCT (Point of Care Testing, ovvero apparecchiature per analisi nell’ambulatorio stesso, e non in un tradizionale laboratorio remoto).

L’equipe medico-infermiere si avvarrà di strumentazione per i prelievi, elettrocardiogrammi (con potenziale interfaccia in telemedicina per consulto) nonché di possibilità terapeutiche per via endovenosa. Il tutto senza necessità di accesso ospedaliero per i cittadini.

Questo è quanto avviene ad esempio da anni negli studi di medicina generale in Germania e Austria, con il risultato di avere ridotto di molto gli accessi evitabili in Pronto Soccorso.

I Centri di Assistenza e Urgenza garantiscono di norma la copertura su 24 ore, con possibilità di articolare orari di apertura diversi nel rispetto delle necessità assistenziali territoriali e comunque non inferiori alle 12 ore.

L’accesso dell’utenza ai Centri di Assistenza e Urgenza avviene:

– tramite invio del 116117

– in seguito a valutazione da parte di medici di medicina generale/pediatra di libera scelta

– su invio delle sedi di Continuità Assistenziale (ex guardia medica) eventualmente rimaste attive

– su autopresentazione (preferibilmente, in futuro l’accesso sarà filtrato dalla centrale 116117).

I Centri di Assistenza e Urgenza-CAU possono erogare prestazioni di:

  • Visita medica
  • Certificazioni
  • Trattamento farmacologico al bisogno
  • Prescrizione di terapia per patologie di nuova insorgenza o terapie essenziali
  • Procedure chirurgiche minori (per esempio, suture, medicazioni)
  • Prelievo per indagini di laboratorio (in modalità POCT)
  • Osservazione post-trattamento
  • Attivazione di percorsi/prestazioni a completamento dell’iter diagnostico.

Prestazioni diagnostiche possono essere prescritte dal medico nei Centri di Assistenza e Urgenza, ma sarà poi compito del medico curante rivalutare il caso alla luce dei referti.

L’elenco delle patologie gestibili direttamente dai Centri di Assistenza e Urgenza-CAU è stato dettagliato dalla Regione.

Come già avviene ad esempio nella Casa della Salute di San Rocco a Ferrara (ex sede dell’ospedale Sant’Anna), in pratica l’utenza accede liberamente negli orari dalle h8 alle h20, si munisce di biglietto da un totem con assegnazione di codice con quello verrà chiamato, come accade già per molti accessi ambulatoriali.

Da lì l’infermiere del Centro di Assistenza e Urgenza, accolta la persona, provvederà a effettuare lo “Spot Check” una sorta di triage “sulla porta” (cioè non dedicato con codici ma al solo scopo di selezionare eventuali casi di maggior gravità da inviare al Pronto Soccorso).

Questa accoglienza con Spot Check si basa su criteri di inclusione ed esclusione sulla casistica in accesso.

Questo si sviluppa ulteriormente nell’applicazione di “procedure di interfaccia/integrazione fra i punti della rete comprese le modalità di accesso ai reparti ospedalieri per acuti. Ogni Azienda dovrà pertanto definire il percorso di gestione e di centralizzazione dei pazienti in autopresentazione con caratteristiche cliniche diverse da quelle identificate nei criteri di accesso ai Centri di Assistenza e Urgenza, per garantire la presa in carico nel setting più appropriato”.

Questa integrazione assicura che, laddove l’accesso fosse meritevole di livello di intensità superiore, si possa avere accesso ai percorsi di approfondimento clinico con trasporto secondario e/o 118.

Non è prevista, in prima battuta, la possibilità di ricovero ospedaliero direttamente dai Centri di Assistenza e Urgenza: per questo occorre il rinvio al medico di pronto soccorso.

Si avrà un collegamento con tutti quegli attori (medici di medicina generale/pediatra di libera scelta, Dipartimenti di Emergenza di riferimento, Case della Comunità) e altri che costituiranno il nuovo sistema di risposta ai bisogni di salute non urgenti che, sempre più spesso, diventano preponderanti.

PARTECIPA AL SONDAGGIO

La regione Emilia Romagna ha avviato la riorganizzazione del sistema 
emergenza urgenza.

Nell'anno 2023 saranno attivati 30 Centri di Assistenza Urgenza (CAU) 
sul territorio regionale.

I CAU sono "strutture territoriali destinate alla gestione delle urgenze 
sanitarie a bassa complessità clinico-assistenziale che garantiscono, 
oltre alle prestazioni erogate dalla Continuità Assistenziale, 
prestazioni non complesse attualmente erogate nei Punti di Primo Intervento
e nei Pronto Soccorso".

Sei a conoscenza dei CAU?
diccelo compilando il form CAU: Centri di Assistenza Urgenza

Conclusione

Quanto descritto è in fase di realizzazione in Emilia Romagna: esistono già presso le Case della Salute servizi attivi assimilabili, ma il processo di risposta delineato verrà sviluppato e integrato appieno man mano secondo i passi definiti dalla Regione.

È un cambiamento sviluppato negli anni, e che ha trovato impulso nel periodo pandemico e post-pandemico anche sulla scorta del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.

Per le esigenze socio-sanitarie che potrebbero trovare più adeguata risposta sul territorio invece che nell’emergenza, un primo punto di accesso è Numero Unico Europeo 116117.

Si è favorito lo sviluppo di una struttura 116117 che si collochi come filtro per gli accessi in emergenza (diretta o tramite 112 o 118) ma che pure vada oltre il già esistente servizio di guardia medica.

Si è voluto immaginare un servizio ampio, parte di un sistema, in grado di fornire un accesso diretto alle cure nel giusto setting.

Come esperienze estere (Danimarca) insegnano, un numero telefonico da solo non basta: occorrono strutture e soluzioni (quali appunto i Centri di Assistenza e Urgenza-CAU, nonché lo sviluppo di Case e Ospedali della Comunità e di piattaforme di telemedicina) per dare risposte nuove a problemi esistenti che ora trovano sfogo solo nel 118 o nei pronto soccorso. “It takes a system to save lives”.

 

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Per Approfondimenti:

Emergenza Urgenza R. E. R.: https://salute.regione.emilia-romagna.it/siseps/sanita/emergenza-urgenza 

DGR 1206/2023: Linee di indirizzo alle aziende sanitarie per la riorganizzazione della rete dell’emergenza urgenza in Emilia-Romagna – prima fase attuativa – anno 2023 (pdf5.15 MB)

118 E.R.: https://www.118er.it/organizzazione#:~:text=La%20richiesta%20di%20soccorso%20pu%C3%B2,il%20gettone%20o%20la%20carta


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