newsletter numero 8 del 12 novembre 2015

realizzata nell’ambito del Programma generale di intervento 2013 della Regione Emilia Romagna con l’utilizzo dei fondi del Ministero dello Sviluppo Economico

CITTADINI IN EMILIA ROMAGNA_a cura di Cittadinanza Responsabile

 

9 e 10 novembre 2015: i 35 anni del Tribunale per i Diritti del Malato a Bologna

Liste di attesa e intramoenia: il Piano dell’Emilia Romagna buona pratica per una politica nazionale. 

“E’ necessario avviare  una reale politica nazionale sulle liste di attesa, che sembra essere scomparsa dall’agenda delle priorità”.  Queste alcune delle dichiarazioni di Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva, in apertura della tappa bolognese (a Palazzo D’Accursio) della campagna itinerante “Sono malato anch’io – la mia salute è un bene di tutti. “Apprezziamo il Piano avviato dalla Regione, 22 azioni precise di contrasto alle liste di attesa, obiettivi  specifici e tempistica chiare, quindi una priorità per la sanità regionale. E’ un atto politico e non frutto di sole scelte tecniche, come troppo spesso abbiamo visto in questi anni”, ha continuato Aceti. “In particolare, molto importanti sono le azioni per far migliorare la produttività in sanità. Così come è apprezzabile la scelta della presa in carico del cittadino affetto da patologia cronica, che risponde ad alcune delle principali esigenze segnalateci dalle persone, che troppo spesso si sentono abbandonate a loro stesse e alla loro patologia. Molto positivo lo stop automatico della libera professione quando non siano garantiti i tempi di attesa approvati dalla Regione per l’attività istituzionale del SSN.  Ancora, molto interessante l’apertura delle strutture durante tutto l’arco della giornata dal lunedi al venerdi, anche il sabato e la domenica. Bene anche il sistema sostanziale di monitoraggio sul rispetto del piano messo in atto dalla regione. Va parimenti però segnalato un neo: il non aver previsto la presenza delle organizzazioni civiche nell’Osservatorio regionale per i tempi di attesa, che aiuterebbe ad avere ancora di più il polso della situazione attraverso le segnalazioni di chi quotidianamente deve rivolgersi al servizio sanitario regionale”. “Suggeriamo al coordinamento degli assessori alla sanità della Conferenza Stato Regioni”, ha quindi concluso Aceti, ” di partire dal piano delle liste di attesa adottato dalla Regione ER come buona pratica per riprendere in mano questo tema di fondamentale importanza e dare finalmente risposte efficaci ad uno dei principali problemi denunciati dai cittadini, troppo spesso costretti a mettere mano al portafoglio, quando possono, per aggirare le attese troppo lunghe”.

 

 

35 anni TDM: la Regione apre al dialogo con clinici e movimenti dei cittadini sul tema dell’osteoporosi

Il 9 e 10 novembre si sono svolte le celebrazioni del 35° anniversario del Tribunale dei Diritti del Malato. Nel pomeriggio inaugurale si è tenuta la tavola rotonda “Osteoporosi: quali percorsi diagnostici, terapeutici e assistenziali in Emilia Romagna” alla quale hanno preso parte clinici, istituzioni e associazioni di categoria. Ciò ha permesso di aprire un dialogo molto costruttivo, di evidenziare i percorsi in Emilia Romagna ma anche di sottolineare le differenze con le altre Regioni, e, infine, di avanzare proposte per collaborazioni tra tutti gli attori del sistema salute.

A cominciare i lavori del pomeriggio, moderato dal giornalista del Quotidiano Nazionale Federico Mereta, è stato Franco Malagrinò, Segretario Regionale di Cittadinanzattiva Emilia Romagna, che ha lanciato la discussione mettendo subito le carte in tavola su temi di primaria importanza. Parlare di osteoporosi ha offerto l’occasione di mettere in luce i tanti aspetti positivi di un lungo cammino che fa guardare, oggi, all’Emilia Romagna come a una Regione in cui sono ci sono delle eccellenze ma anche tante questioni da risolvere. Le liste d’attesa (di cui si è parlato durante i lavori della mattinata), la prevenzione primaria e soprattutto secondaria, il problema delle rifratture, e (l’importantissima) la questione della distribuzione dei centri prescrittori, che sono quelli identificati dalla Regione a trattare i pazienti più gravi,  non omogenea rispetto alla distribuzione della popolazione. Molte soluzioni sono state date dalla nuova nota 79 come l’apertura all’osteoporosi maschile, la possibilità di trattare pazienti costretti a terapie ormonali ablative, ma nel contempo si evince una poca informazione verso il Medico di Medicina Generale che da sempre è deputato a gestiste la prevenzione primaria.

Il primo intervento è stato quello del Dott. Emilio Maestri, Area Valutazione del Farmaco Agenzia Sanitaria e Sociale dell’Emilia Romagna. I dati nella Regione parlano di oltre 6.400 fratture di femore ogni anno. Nel 2012, 4.157 hanno riguardato le donne e 1.757 gli uomini. Di questi solo una minima percentuale ha ricevuto una terapia (12.5% per le prime e del 4% per i secondi). Il primo passo è certamente la diagnosi. Per Maestri, prima della MOC bisognerebbe fare riferimento ai calcolatori di rischio per le fratture, per esempio FRAX e DeFRA. Inoltre, è stata sottolineata l’importanza del ruolo che deve giocare il medico di base nel percorso di cura. Infatti, Il 95% dei trattamenti avviene in prevenzione primaria, soprattutto con la somministrazione di vitamina D. In conclusion un appello al “principio di prudenza” nella somministrazione dei farmaci in virtù del fatto che le prescrizioni sono aumentate di sei volte, ma contestualmente è cresciuto anche il numero di fratture. Fa eco, a questo primo intervento, il Prof. Giovanni Passeri, Coordinatore Regionale della SIOMMMS, avallando i dati delle fratture in aumento a causa del progressivo invecchiamento della popolazione, problema che in Italia sta diventando davvero rilevante. Passeri ha proseguito evidenziando l’importanza di un approccio sistematico che parta dall’anamnesi, passi per la DEXA prima e per gli esami biumorali poi, che tenga conto delle misure attuabili sul piano del miglioramento dello stile di vita, e arrivi, come ultimo step, al trattamento vero e proprio. È importante ricordare che a un anno dalla frattura, solo il 6% mantiene il trattamento attivo. L’osteoporosi è una malattia che comporta alti costi sociali e per il Sistema Sanitario Nazionale, con quasi 3.790.000 over 55 che convivono con fratture da fragilità. Il 20% è di sesso maschile e i due terzi hanno più di 65 anni. Nel nostro Paese si verificano circa 90.000 fratture di femore ogni anno, ma da tenere sotto controllo sono le fratture vertebrali che innescano un vero e proprio effetto domino. Non è, infatti, un caso che una persona su cinque con una frattura vertebrale si rifratturi entro un anno. Il problema è stato ripreso dal Dott. Paolo Leandri, Responsabile UOSD Medicina C dell’Ospedale Maggiore di Bologna che ha ribadito la necessità di riconoscere le fratture vertebrali e di trattarle in maniera adeguata per evitare quelle più invalidanti che colpiscono il femore. È da evidenziare la distribuzione dei costi associati alle fratture: il 66% viene speso per trattarle, il 29% nella fase post-operazione e solo il 5% per la prevenzione. Quello della AUSL di Bologna è un caso di eccellenza, basti pensare che nel 2011 solo il 48,7% dei pazienti veniva operato nelle prime 48 ore successive alla frattura, il tempo entro il quale è essenziale agire per diminuire il tempo di degenza e la mortalità. Nel primo trimestre del 2015 si è arrivati all’86,5%. Leandri prova anche a fissare quelli che devono essere gli obiettivi del PDTA: l’appropriatezza sia degli esami che dei trattamenti e la riduzione in termini di gap treament, di costi e di liste di attesa.

Dopo l’intervento dei clinici, a intervenire è Tonino Aceti. Il Coordinatore Nazionale del Tribunale per i Diritti del Malato e CnAMC ha inquadrato il tema da una prospettiva nazionale affermando che quello riservato all’osteoporosi dovrebbe essere un trattamento omogeneo in tutte le Regioni. Cosa che, purtroppo, non accade. Aceti avanza anche la richiesta che a questa giornata ci possa essere un seguito  strutturato e ragionato. Appello che è stato accolto in mattinata dall’Assessore alle Politiche per la Salute Sergio Venturi, e nel pomeriggio dal Dott. Antonio Brambilla, Responsabile del Servizio Assistenza Territoriale della Regione Emilia Romagna, al quale è stata affidata la conclusione di questa tavola rotonda. È emersa l’importanza di tutti gli spunti offerti nella discussione e l’apertura a un momento di collaborazione strutturato che possa servire per limare le incongruenze e ottimizzare i percorsi. La volontà comune è quella di curare i pazienti nel miglior modo possibile.

Dalla platea sono state sollevate anche alcune considerazioni delle associazioni pazienti che hanno sottolineato il bisogno di comunicazione medico-paziente, di una diagnosi precoce e, soprattutto, di un affiancamento da parte delle istituzioni che possa colmare le disparità di trattamento sia tra le diverse Regioni che, addirittura tra AUSL nella stessa Regione.


 

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In redazione: Anna Baldini, Franco Sisto Malagrinò, Tommaso Calia


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