solidarietà con i medici del 118 di Bologna, Piacenza e Modena

Cittadinanzattiva – Tribunale per i Diritti del Malato dell’Emilia Romagna sottoscrive la lettera di solidarietà ai Medici del 118 di Bologna, Piacenza e Modena sospesi dall’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Bologna.

Il segretario regionale Franco Sisto Malagrinò afferma che “l’ordine dei medici di Bologna ha perso ancora una volta un’occasione per stare dalla parte di chi innova e si impegna per l’efficienza del servizio pubblico e per la nostra sanità regionale. Si schiera, invece, come al solito, per la difesa di istanze corporative e conservatrici. Quando si tratta di premiare la professionalità dei sanitari e la loro dedizione alla missione professionale, l’ordine trova il coraggio perfino di decisioni impopolari che scontentano tutti. Coraggio che non trova, invece, quando si tratta di condannare disservizi, disfunzioni e comportamenti deontologici non corretti che noi più volte denunciamo e che spesso sono anche accertati con sentenze dei magistrati. Conosciamo e apprezziamo il lavoro svolto dai professionisti sospesi dall’ordine e a loro va la nostra solidarietà di chi si batte quotidianamente per difendere i diritti dei cittadini e dei pazienti.”

Riportiamo di seguito la lettera pubblicata sul sito http://appelloweb.it e invitiamo tutti a sottoscriverla.

“Abbiamo appreso del provvedimento disciplinare di sospensione dall’attività predisposto dall’Ordine dei Medici di Bologna nei confronti di Colleghi della Rianimazione e 118 dell’Ospedale Maggiore e del Dipartimento di Emergenza della AUSL di Bologna, oltre che delle AUSL di Piacenza e Modena.

Il provvedimento è stato assunto nei confronti di professionisti conosciuti per l’assoluto valore scientifico a livello nazionale e internazionale, i quali, secondo l’Ordine bolognese, redigendo procedure e istruzioni operative che prevedono la possibilità di somministrazione di alcuni specifici farmaci anche da parte di infermieri, avrebbero trasgredito l’art. 3 del Codice di Deontologia Medica.

Questo tipo di procedure rientra nella modalità di soccorso volta a garantire una gestione ottimale sul territorio dei pazienti che sono a rischio imminente della vita, la cui efficacia è da anni documentata dalla letteratura scientifica e che rappresenta lo standard per i servizi di soccorso di molti Paesi, oltre che per l’Emergenza 118 anche di altre regioni d’Italia.

Il divieto di utilizzo da parte degli infermieri di strategie terapeutiche salva-vita codificate da linee guida internazionali, avallate da precise e protocollate prescrizioni mediche, in pazienti in imminente pericolo di vita, rappresenterebbe un passo indietro di decenni per l’Emergenza nazionale, esponendo – questa misura sì, regressiva davvero – a rischi inaccettabili la popolazione. Come professionisti coinvolti quotidianamente e da anni nel trattamento dei pazienti più gravi, negli ospedali e sul territorio, riteniamo sia tempo che questioni come questa, dotate di enorme impatto sia sulla salute che sulla opinione pubblica, vengano affrontate sulla base di dati scientifici consolidati, con il supporto di esperti del settore ed evitando di generare allarmismi nocivi  per la popolazione e per il Sistema Sanitario nel suo complesso.

Alla luce di queste riflessioni, ci saremmo aspettati allora dall’Ordine di Bologna, che, al fine di ottenere un chiarimento sulla gestione delle competenze professionali, si fosse adottato nei confronti dei Colleghi un approccio improntato da un lato al rispetto reciproco secondo l’art. 58 del nostro Codice di Deontologia, dall’altro, al confronto scientifico e a un dialogo da condurre nelle sedi opportune, finalizzato prima di tutto ad analizzare le ricadute in termini assistenziali delle procedure in questione, peraltro accettate e certificate dalle AUSL cui i Colleghi appartengono. Questo approccio, aperto e collaborativo, avrebbe anche sottratto l’intera questione alla prevedibile e inevitabile cassa di risonanza mediatica.

Al contrario, per affrontare quello che si è ritenuto fosse un problema, si è preferito far uso di un provvedimento disciplinare quale la sospensione.

Sottolineiamo con forza, che questa misura, proprio per il suo carattere punitivo, è il segno evidente di una incapacità ad affrontare i problemi di una società e di una professione in tumultuoso cambiamento che, al contrario, richiederebbe prima di tutto una disponibilità nuova a partecipare insieme e costruttivamente alle grandi sfide in corso nei confronti della nostra professione, del Sistema Sanitario Nazionale, dell’intera popolazione.

Sono soprattutto le distorsioni indotte da logiche di tutela corporativa che, oggi, a nostro avviso, costituiscono il vero intralcio alla ridefinizione della figura professionale del medico, come l’attuale, drammatica congiuntura storica invece richiederebbe.

Duole constatare che anche la Federazione Nazionale non abbia saputo, in questa occasione, adottare una posizione di mediazione, collaborazione e disponibilità facendo di questo episodio un punto di forza anziché di evidente debolezza.”


Segui #lepilloledicittadinanzattiva

#lepilloledicittadinanzattiva