di Maria Antonietta Sassani

Ancora una volta ci ritroviamo a celebrare la Giornata internazionale della donna in un contesto di tensioni e di difficoltà che certamente non fanno pensare ad una festa.
Ci guardiamo intorno e vediamo violenza e aggressività esasperate, ancora tante  discriminazioni di genere, problemi femminili mai risolti e, nello sfondo, rumori di guerra sempre più preoccupanti.
Eppure, la data  dell’8 marzo è così importante che bisogna darle un significato.
Potrebbe essere una giornata di protesta contro la violenza sulle donne, che continua a imperversare nelle più svariate forme, nonostante le leggi sempre più repressive.
Oppure una giornata della memoria, nel ricordo di tutte le donne che, attraverso i tempi, hanno combattuto e sofferto per l’affermazione dei loro diritti.
Ma anche una giornata di confronto, per uno scambio di esperienze e di progetti, di studio e di analisi dei fenomeni sociali che interessano la vita delle donne.
Potrebbe essere una giornata di speranza, con l’auspicio di autentici e sostanziosi progressi verso l’obiettivo della parità di genere.
E potrebbe essere anche una giornata di semplici incontri fra donne, per il rifiuto dell’isolamento e della solitudine, in un clima di leggerezza e di  sdrammatizzazione.
Ogni donna può scegliere e costruirsi un 8 marzo consono alle proprie aspettative ed alle proprie sensibilità sociali o culturali e qualunque scelta andrà bene, perché  questa giornata ci giunge da una lunga storia che l’ha  arricchita di molte sfaccettature e di molti significati.
L’8 marzo è quello delle operaie morte in una fabbrica di New York nei primi del novecento, è quello delle donne di San Pietroburgo che chiedevano la fine della prima guerra mondiale, è quello delle suffragette incarcerate per aver protestato a favore del voto universale e quello delle prime  femministe, ma è anche l’8 marzo delle donne che hanno ottenuto grandi risultati.
L’8 marzo è quello di Grazia Deledda, prima donna ad ottenere il premio Nobel per la letteratura, è quello di Rita Levi Montalcini, premio Nobel per la medicina, è quello delle donne che hanno partecipato alla stesura della nostra Costituzione, e di tante altre donne che hanno lasciato un segno indelebile nella storia.
L’8 marzo è anche quello di Franca Viola, prima donna a rifiutare il “matrimonio riparatore”, è quello delle tante volontarie che lavorano nelle “Case protette”, è quello  di tutte le donne che affrontano ogni giorno tanti problemi, spesso barcamenandosi fra casa, lavoro e famiglia in un quotidiano  e silenzioso esercizio di abilità e abnegazione.
Per quanto mi riguarda, l’8 marzo ha tante componenti, che possono variare nel tempo, ma con alcuni punti fermi, uniti da un denominatore comune che è la consapevolezza.
Possiamo celebrare la giornata mondiale della donna in qualsiasi modo, ma  dobbiamo sapere che  se vogliamo davvero dare un senso  a questa data, si deve continuare a contrastare fermamente ogni tipo di violenza, si deve procedere senza cedimenti verso l’obiettivo della parità, non si deve disperdere l’eredità di valori e di sacrifici che abbiamo ricevuto, ma con uno sguardo saldamente rivolto ai prossimi obiettivi,  traendo  forza dalla certezza di essere dalla parte giusta e di sentirsi parte  di una grande comunità.
Allora, il mio augurio a tutte le donne è di un buon 8 marzo,  fatto di mimose  e di impegno per dare a questa giornata  un significato di sempre  maggior valore.

 

Foto da Pixabay, © Judith Horvath


Segui #lepilloledicittadinanzattiva

#lepilloledicittadinanzattiva