8 marzo 2022: “è difficile pensare a questa giornata come una festa”

di Maria Antonietta Sassani

Ancora una volta ci apprestiamo a celebrare l’8 marzo e quest’anno sarà ancora più difficile pensare a questa giornata come a una festa.

E’ l’occasione per ricordare i risultati conseguiti sulla via della parità di genere e trarne la forza per andare avanti con ferma determinazione, ma è altrettanto vero che molti sono i problemi ancora insoluti.

I casi di violenza non diminuiscono, la conciliazione famiglia-lavoro è sempre difficile, il peso del lavoro di cura è soprattutto sulle spalle delle donne, le disparità di trattamento economico ed il part-time volontario o forzato penalizzano le lavoratrici, la rappresentanza femminile a livello decisionale è sempre scarsa e l’elenco delle criticità potrebbe continuare.

A questo si è aggiunta la pandemia da Covid19, da cui ancora non siamo usciti e che ha inasprito tutti i problemi.

Ma quest’anno si è aggiunto un ulteriore elemento di tensione dovuto alla gravissima crisi internazionale in atto, che sta procurando ansie e timori che avevamo ormai archiviato nella storia.

I venti di guerra che spirano oggi in Europa fanno paura a tutti, ma è ben noto come l’insicurezza che ne consegue abbia impatto diverso sugli uomini e sulle donne, per la diversità dei ruoli sociali e la maggior fragilità di quelli femminili. Diversità di impatto che aumenta in caso di conflitti armati, dove crescono le probabilità di violenze.

Le donne sono state sempre contro la guerra, che contrasta profondamente con la loro natura di portatrici di vita e di valori positivi, così come hanno sempre combattuto contro ogni tipo di violenza, con pieno titolo, avendola subìta per secoli in tutte le sue forme.

E questo mi induce ad alcune riflessioni sul rapporto fra le donne e la pace, che, nell’attuale situazione, mi sembra di centrale rilevanza.

Alle donne vengono riconosciute peculiarità innate o frutto di ataviche esperienze di vita, come la capacità comunicativa, l’attenzione verso chi soffre, l’abilità nella mediazione e nell’uso della diplomazia. Capacità che potrebbero risultare preziose nei processi di pacificazione, in cui, invece, le donne sono relegate in ruoli marginali.

Eppure non sono mancate le prese di posizione da parte di istituzioni internazionali.

Già nel 1975, nella prima conferenza mondiale sulle donne, in Messico, era stato posto, fra i temi centrali, quello del contributo femminile alla promozione della pace (tema poi ampliato nella quarta conferenza mondiale tenutasi in Cina nel 1995).

Fondamentale è la Risoluzione n.1325 adottata il 31 ottobre 2000 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, proprio sul tema “Donne, pace e sicurezza”, seguita da altre nove risoluzioni negli anni successivi: per la prima volta si riconosce la necessità di dare alle donne un ruolo di maggior rilevanza nel processo decisionale della prevenzione e risoluzione dei conflitti.

Soprattutto si afferma che deve essere riconosciuto alle donne un ruolo attivo, in un’ottica di profondo cambiamento, dove sono viste non più solo come vittime, ma come risorsa essenziale nei processi di pace, a cui possono contribuire con competenze e punti di vista specifici.

Anche il Parlamento Europeo adotta, nel 2000, una Risoluzione che legittima il ruolo attivo ed essenziale delle donne nei processi di negoziazione, tema ripreso e confermato da vari regolamenti e normative nazionali.

Ma il passaggio dal piano formale a quello sostanziale, ancora una volta, non trova una significativa attuazione.

Ancora una volta si riconosce che le donne sono capaci di comprendere le radici profonde dei conflitti, di affrontare globalmente i problemi, hanno una forte motivazione a creare un futuro migliore e capacità di negoziare su basi positive, ma nel contempo la loro presenza in ruoli di leadership resta minima, se non inesistente

  Basti pensare che tra il 1992 ed il 2019, nei principali processi di pace nel mondo, solo il 13% dei negoziatori ed il 6% dei mediatori e dei firmatari sono donne, come si rileva dalla Relazione del Segretario Generale del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite del 2020.

Se questa è la situazione, occorre una svolta decisiva, che può venire solo dalle donne, per affermare il loro diritto alla partecipazione attiva in processi di prevenzione e tutela della pace e della sicurezza, processi che comunque le coinvolgono fortemente. 

In questo contesto, mi piace pensare che dal mondo femminile possa arrivare un messaggio forte e chiaro, facendo dell’8 marzo una giornata di riflessione e di rilancio del tema “Donne, pace e sicurezza”, coerentemente con la storia che lega questa data alla pace e alla manifestazione del 23 febbraio 1917, quando le donne russe chiesero a gran voce la fine della prima guerra mondiale, pane per le famiglie dei soldati e più diritti per loro stesse. Un secolo dopo, l’8 marzo del 2017, le donne di Mosca e San Pietroburgo lottavano, a gran voce, contro le disparità di genere sociali e politiche. 

Buon 8 marzo, dunque, con l’auspicio di un futuro costruito con il fattivo contributo delle donne, tratteggiato al femminile su modelli di pace e di prosperità.


Segui #lepilloledicittadinanzattiva

#lepilloledicittadinanzattiva