Salvatore Condorelli

Carla G. – Buongiorno. Abito al quinto piano di un edificio privo di ascensore.
Essendo purtroppo mio marito stato colpito da grave patologia motoria, e non essendo gli altri condomini d’accordo a dividere le spese per l’istallazione di un ascensore condominiale, ci siamo trovati nella necessità di istallare individualmente un servo scala.
Unica consolazione: i contributi pubblici, che hanno in qualche modo alleggerito la spesa, unitamente all’IVA agevolata al 4%.
Essendo purtroppo da poco mio marito deceduto, ci troviamo a subire una duplice richiesta: alcuni condomini ci intimano di rimuovere il servo scala in quanto sostengono che, in assenza del soggetto disabile, non ci sarebbe più nessuna giustificazione a mantenerlo, mentre io e i miei figli vorremmo continuare a utilizzarlo.
In alternativa, altri del palazzo pretenderebbero almeno che ci facessimo carico di rimuovere il seggiolino e riporlo via dopo ogni utilizzo, perché in posizione di riposo, a detta loro, esso comporterebbe un’intollerabile riduzione del corpo scala, e quindi dello spazio necessario per il passaggio. Oggettivamente, col carrello in posizione, lo spazio del corpo scala non sembrerebbe subire un restringimento talmente eccessivo da impedire il passaggio.

La nostra risposta…

Cara signora Carla, innanzi tutto sentite condoglianze per la triste vicenda umana che ha coinvolto lei e la sua famiglia.
Le posso certamente dirle che, in base a chiare pronunce giurisprudenziali della Cassazione, gli altri condomini nulla possono avere a che pretendere in relazione ad entrambe le questioni da lei poste.
Se è vero infatti che l’istallazione individuale di un impianto provvisorio per l’abbattimento delle barriere architettoniche in base alla L. 13/89, a differenza di un sistema stabile quale un ascensore, presuppone la necessità della presenza di un soggetto diversamente abile, è orientamento giurisprudenziale che il venir meno del soggetto in questione non comporti di per sé l’estinzione del diritto all’utilizzo del presidio stesso.
La Corte di Cassazione (sentenza n. 3858/16) ha infatti sancito come il suo utilizzo non trovi fondamento su un mero diritto personale legato al soggetto disabile, e come tale intrasmissibile, che quindi si estingue con la sua stessa persona. Al contrario, una volta istallato, secondo la suprema Corte il presidio rappresenterebbe un vero e proprio strumento di abbattimento delle barriere architettoniche, e in quanto tale, capace di servire pure altri soggetti; quindi il diritto al suo utilizzo non si estingue con la morte del soggetto disabile, ma transita ai suoi eredi.
In tal senso anche la precedente sentenza n. 18344/12, in cui la Cassazione ha ritenuto come la funzione di abbattimento delle barriere architettoniche, svolta dall’ascensore, sia rilevante in relazione persino a disabili non residenti nel condominio in questione, enunciando in tal modo un altissimo principio di valore giuridico, che produce i suoi effetti al di là dai limitati interessi egoistici dell’edificio oggetto della causa.
Così per quanto riguarda la necessità di rimuovere il carrello in posizione di riposo, nulla questio, in quanto nel contemperare il diritto di proprietà col principio di solidarietà, quest’ultimo viene dalla giurisprudenza puntualmente considerato preminente, sempre che la compressione del diritto di proprietà non sia tale da risultarne pregiudicato.
Quindi la semplice riduzione dell’area potrebbe dal giudice non essere considerata determinate perché il bene comune, il pianerottolo, possa essere considerato come inservibile, tanto da giustificare la rimozione del seggiolino di volta in volta, e sarà estremamente probabile una pronuncia favorevole in forza della prevalenza del principio solidaristico (vedasi ad esempio la sentenza della Cassazione n. 15308/11).


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