di Gianfranco Di Lucchio

Ci sono giunte numerose segnalazioni dai consumatori in materia di annullamenti e cancellazioni di pacchetti turistici, prenotazioni di alberghi, viaggi, biglietti di aerei e treni.  Se da un lato i clienti richiedono la restituzione integrale di quanto già corrisposto, dall’altro gli operatori propongono voucher sostitutivi, al fine quanto meno di tentare di limitare e contenere gli inevitabili danni economici a cui stanno andando incontro in questo periodo.
Il problema non è di facile soluzione, considerato che la normativa nazionale recentemente varata dal Governo dà ragione agli operatori, andando in evidente contrasto con la normativa europea, che invece è favorevole ai consumatori (e sempre che nei prossimi mesi, alla luce della pesante crisi economica e finanziaria, non intervengano delle modifiche sulle norme di protezione dei consumatori da parte dell’unione europea).
L’interrogativo principale rimane quello di capire se una legislazione di emergenza possa derogare a una direttiva comunitaria, che aveva già previsto eventualità simili.

PACCHETTI TURISTICI

In materia di vacanze, da un punto di vista della legislazione nazionale, l’articolo 28, comma 5 del decreto legge n. 9 del 2 marzo 2020 ha previsto che, in caso di recesso da parte del consumatore, l’organizzatore possa offrire un pacchetto alternativo, restituire il prezzo o emettere un voucher a favore del consumatore, in caso di annullamento di vacanze già prenotate. I voucher sono di importo pari al dovuto, da utilizzare entro un anno dall’emissione.
La scelta dunque, viene rimessa all’organizzatore del viaggio ma chiaramente il consumatore – per esigenze o scelte personali – potrebbe non essere in grado di fruire del voucher entro l’anno.
Diverso è il caso in cui il viaggio sia annullato dalla stessa agenzia di viaggi a causa dell’emergenza sanitaria; in questa ipotesi, chi ha già anticipato le somme è  tenuto a restituirle al cliente, non potendo trattenerle indebitamente. Si tratta di risoluzione per cause di forza maggiore e la scelta in questi casi non è rimessa all’organizzatore del viaggio.
Il Dl 9/2020 contrasta però con il Codice del turismo, secondo le cui norme (ed in particolare l’art. 41 che riguarda proprio casi di impossibilità a effettuare il viaggio causati da emergenze sanitarie), se l’impossibilità non è dipesa da scelta del consumatore, questi potrebbe pretendere il rimborso di quanto già pagato senza penalità; si aggiunga poi che la direttiva comunitaria n. 314/90/CEE riconosce agli Stati membri la facoltà di adottare disposizioni più severe in materia di viaggi «tutto compreso», ma al fine di tutelare il consumatore.
Più di recente l’articolo 12 della direttiva CE 2015/2302 ha ribadito che l’organizzatore deve garantire al consumatore il rimborso integrale di quanto già pagato.
VETTORI
Divergenze normative si riscontrano anche nei casi in cui sia stato acquistato un biglietto aereo, del treno o per una nave o un soggiorno e non si possa più partire a causa dell’emergenza sanitaria in corso. Infatti, se da un lato l’articolo 1463 del Codice civile prevede il rimborso del biglietto trattandosi di una impossibilità sopravvenuta che non dipende da colpa del consumatore, dall’altro,l’articolo 88 del decreto Cura Italia prevede che il venditore possa emettere un voucher di rimborso entro 30 giorni dalla presentazione della richiesta del consumatore, da utilizzare entro un anno dall’emissione.
Ad ogni modo, la Commissione europea ha recentemente e più volte precisato che i Regolamenti Ue lasciano al passeggero la scelta se chiedere il rimborso del prezzo o il voucher sostitutivo e pertanto le compagnie devono offrire ai passeggeri la scelta tra un rimborso e un cambio di biglietto secondo quanto espressamente previsto dal regolamento 261 del 2004 in materia dei diritti dei passeggeri. Se il volo viene cancellato, il rimborso non può quindi essere negato per alcun motivo.

 

Di certo alla luce di quello che potrebbe accadere in futuro, è evidente che sarebbe sempre opportuno far prevaler il buon senso, apparendo di gran lunga preferibile tentare di raggiungere un accordo che provochi a entrambe le parti il minor danno possibile. Pensare, da parte dei consumatori, di far valere i propri diritti dinanzi ad un giudice, proponendo cause legali contro tour operator, vettori e albergatori potrebbe portare soltanto dei benefici irrisori, considerato il rischio, tutt’altro che infondato, che molti operatori non possano comunque essere in grado di pagare, una volta subita un’eventuale sentenza di condanna; molto dipenderà non solo da durata e gravità della crisi, ma anche dall’entità degli aiuti economici che riceveranno le imprese del settore.

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