di Walther Orsi

Siamo di nuovo in un grave periodo di emergenza, senza avere la possibilità di comprendere quali saranno gli sviluppi ed i tempi per uscirne. Nella prima fase abbiamo tutti condiviso la necessità di una forte restrizione delle libertà personali perché era necessaria, per un periodo limitato, al fine di spegnere la pandemia. Oggi questa nuova fase dell’emergenza diventa insopportabile per tanti perché le nuove pesanti restrizioni si sommano a quelle vecchie ed è sempre più evidente che le giuste ragioni della tutela della salute sembrano sopprimere le altrettanto giuste ragioni del lavoro e dello sviluppo economico.

Le tante manifestazioni diffuse nel paese di protesta contro i nuovi limiti per le attività lavorative e le relazioni sociali sono un segnale forte dei cittadini sempre meno disponibili a condividere le gravi scelte politiche e sanitarie che sono state adottate. Tali scelte, ispirate principalmente dalla tutela della salute, purtroppo tendono anche a produrre gravi forme di disagio, emarginazione e di povertà. Ma occorre sottolineare che la sacrosanta esigenza di poter continuare a lavorare, di avere un reddito e di mantenere le proprie relazioni di vita tende a diventare la principale causa della diffusione del virus e quindi anche a trasformarsi in causa di malattia e di morte.

L’emergenza Covid 19 ha evidenziato con particolare drammaticità due problematiche, la povertà e la solitudine, che erano già presenti anche prima del Covid. Infatti, secondo l’ISTAT, circa un terzo degli italiani era a rischio di povertà e quindi anche di esclusione sociale. Le persone sole erano circa il 30%, rappresentate in particolare da anziani che, secondo il censimento, erano 3 milioni e trecentoquarantamila. L’Istituto europeo di statistica rileva che un italiano su otto si sente solo perché non può rivolgersi a nessuno per chiedere aiuto e che in Italia il fenomeno della solitudine ha una percentuale doppia rispetto alla media europea. Fra le principali cause si mette in evidenza la povertà e la disoccupazione.

La crisi economica legata all’emergenza Covid determinerà un ulteriore aumento della povertà e delle disuguaglianze. Secondo il Centro studi di Confagricoltura, dai dati ISTAT nel 2020, a causa del lockdown, è previsto un aumento del 30% dei poveri in Italia. I nuovi poveri sarebbero circa 4 milioni. Secondo Coldiretti i nuovi poveri hanno bisogno di aiuto anche per mangiare. Infatti sono aumentate del 40% le richieste di aiuto alle associazioni caritatevoli. I nuovi poveri che si rivolgono alla Caritas sono passati dal 31% (nel 2019) al 45% (nel 2020). Quasi una persona su due si rivolge a tale associazione per la prima volta.

Il quadro drammatico che si sta sviluppando in questa seconda fase dell’emergenza, i cui effetti sono sempre meno prevedibili, mettono in crisi non solo le possibili risposte operative, ma anche tutti i precedenti modelli interpretativi. Per affrontare le sfide che il Covid 19 ha messo in campo occorre fare affidamento sempre di più sia ad un sistema di welfare da potenziare e rigenerare in grado di affrontare questa ed eventuali altre emergenze, sia alla capacità delle istituzioni, delle imprese, del terzo settore e dei cittadini di promuovere e condividere uno sviluppo ecosostenibile in grado di garantire una più equa distribuzione del lavoro e del reddito. Questi obiettivi dovranno orientare una progettazione sociale che assicuri un adeguato utilizzo delle risorse messe in campo dall’Unione Europea. Occorre sottolineare però che le sfide della povertà e della solitudine richiedono anche un profondo cambiamento culturale ed un risveglio etico dei cittadini e delle organizzazioni che li rappresentano.

Ogni persona dovrà interrogarsi se, per rispondere alle problematiche della solitudine e della povertà, sia sufficiente una delega ai servizi, al sistema di welfare, alle istituzioni, agli aiuti europei. Penso sia venuto il tempo di sviluppare ulteriormente anche nuovi stili di vita, nuovi atteggiamenti e comportamenti orientati dai valori della solidarietà, dell’inclusione sociale, della tutela del bene comune. Esistono già numerose buone pratiche sociali innovative che vanno in questo senso e che possono orientare e stimolare una responsabilizzazione diffusa dei cittadini e delle comunità tesa a ridurre povertà e solitudine.

Ecco quelle più rappresentative che si propongono un aiuto non solo economico alle persone in difficoltà:

 

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