Malattia di Alzheimer: la medicina predittiva individua i fattori di rischio e previene la comparsa delle malattie cronico-degerative. 

Durante un’intervista in cui abbiamo parlato di prevenzione primaria, secondaria e terziaria, abbiamo chiesto al Professor Federico Licastro, coordinatore dell’assemblea territoriale di Bologna per Cittadinanzattiva Emilia-Romagna, di parlarci del suo ultimo libro, pubblicato recentemente per Bologna University Press. 
Partendo proprio dal titolo, “La malattia di Alzheimer. Dalla prevenzione personalizzata alla terapia mirata”, abbiamo chiesto al Prof. Licastro di spiegarci il tema del suo ultimo libro. 

“Questo è un libro che ho scritto cercando di fare il punto su una malattia cronico-degenerativa piuttosto diffusa nelle nostre società. È una malattia tipica delle persone anziane: la stragrande maggioranza di coloro che si ammalano di demenza senile è over 70.

La prevalenza di questa malattia cresce progressivamente nelle coorti di popolazioni più anziane. Il rischio è circa al 7% intorno ai 60-65 anni, ma sulla prevalenza diventa il 50% dopo i 90, un peso notevole.

L’Alzheimer è una delle malattie cronico-degenerative che non sappiamo ancora curare. Non abbiamo farmaci specifici, se non dei trattamenti farmacologici palliativi che possono funzionare per qualche mese nelle forme iniziali della malattia, ma poi non hanno effetti risolutivi.

Questo tipo di malattia, però, può essere prevenuta. Ce ne siamo accorti quando abbiamo iniziato a studiarla in collaborazione con i Geriatri dell’Ospedale Sant’Orsola a Bologna, alla fine degli anni ’90. 

Avviammo uno studio di popolazione che chiamammo “studio di Conselice per l’invecchiamento cerebrale”. Fu invitato circa un migliaio di persone anziane (del comune di Conselice, in Romagna), in accordo con il comune e con l’AUSL. Proponemmo un’indagine clinica epidemiologica, delle pratiche anche diagnostiche e un prelievo di sangue per coloro che avrebbero volontariamente partecipato. 

Fummo abbastanza fortunati perché si presentarono circa un migliaio di persone oltre i 65 anni e furono tutte intervistate. Le persone si sottoposero anche ad un esame radiologico del cervello, ad un prelievo di sangue per le analisi cliniche e così via.

Lo scopo era quello di seguire queste persone nel tempo per vedere se, chi sviluppava la demenza nel corso del tempo, aveva delle caratteristiche diverse da chi al contrario che non sviluppava la malattia.

Le abbiamo seguite per circa 5 anni e nel 2004 le abbiamo richiamate per rifare l’intervista, la visita clinica e il prelievo di sangue. 

Abbiamo studiato tanti parametri clinici ed ematologici. Io mi occupavo anche della parte genetica, perché mi interessavo da sempre di immuno-genetica, e abbiamo visto che alcune caratteristiche di tipo epidemiologico-cliniche erano più frequenti nelle persone che sviluppavano la malattia di Alzheimer rispetto a quelle che invece, a parità di età, non la sviluppavano. 

Da qui abbiamo redatto una carta del rischio specifica, la prima carta del rischio per la malattia di Alzheimer. Che questa malattia e le demenze in generale siano malattie prevenibili lo dice anche l’Ordine Mondiale della Sanità. Nel 2017, infatti, l’OMS ha pubblicato le linee guida per ottenere la riduzione del rischio del decadimento cognitivo e della demenza:

  • ridurre il consumo di sigaretta e alcool, 
  • controllo del peso corporeo, 
  • adeguata attività fisica giornaliera, 
  • interventi nutrizionali volti a cercare di stare dentro la dieta mediterranea, 
  • partecipazione all’attività sociale, 
  • trattamento farmacologico dell’ipertensione (quindi bisogna cercare di non far aumentare troppo la pressione sanguigna), 
  • trattamento e controllo del diabete, 
  • normalizzazione delle alterazioni del colesterolo ematico e degli altri lipidi (attraverso la dieta o trattamento farmacologico), 
  • trattamento dei deficit uditivi (perché negli anziani spesso c’è una sordità e quindi si mettano degli apparecchi per aiutarli perché chi non sente ha meno rapporti sociali, tende a isolarsi e così via).

Queste sono quindi le raccomandazioni dell’OMS, però una persona che non fuma, non beve, peso forma ecc come fa a capire meglio se rischia di sviluppare questa malattia? 

È per questa ragione che abbiamo sviluppato intorno al 2012-13 la carta del rischio per la malattia: la persona può compilare il proprio “profilo di rischio”, al quale alla fine viene associato un punteggio complessivo. Nel caso sia elevato dovrà seguire un determinato percorso, in caso contrario potrà stare tranquillo. 

In cosa consiste la carta del rischio? 

Ogni parametro che nominerò ha punteggio, ovviamente tutti i punteggi alla fine si sommano per determinare il profilo di rischio del soggetto, che può essere basso, intermedio o alto. 

  • L’eta: ad esempio, a 50 anni i punti saranno pochi, ma per chi ne ha 80 saranno certamente di più perché, come già detto, è una malattia tipica della terza età. 
  • Il sesso: le donne sono circa una volta e mezzo di più colpite dalla malattia rispetto ai maschi.
  • La familiarità: può essere di primo grado se genitori o fratelli/sorelle hanno avuto questo tipo di malattia, oppure di secondo grado se era presente in zii/zie (e così via nei cugini).
    • Alla familiarità noi abbiamo associato anche un profilo genetico molto ristretto per contenere i costi e abbiamo incluso il cosiddetto polimorfismo della ApoE, un fattore genetico ormai noto da molti anni, che ha un peso abbastanza notevole per aumentare oppure no l’indice di rischio della malattia. Dipende dalla targa genetica che ciascuno di noi ha. 
  • Calcolo dell’indice di peso corporeo: il body mass index bmi dovrà essere minore di 25. 
  • Presenza o meno di diabete. 

Dopo questi parametri abbiamo tutta una serie di variabili che dobbiamo determinare attraverso lo studio di laboratorio e facciamo un piccolo prelievo di sangue per analizzare il dosaggio di: 

  • colesterolo totale, 
  • l’HDL (il colesterolo buono), 
  • i trigliceridi,
  • l’LDL (il colesterolo non buono),
  • l’omocisteina, che è una proteina che ci dà un’informazione sull’attivazione vasale, 
  • la vitamina B12, 
  • i folati (importanti per il metabolismo del cervello)
  • la proteina C-reattiva che è una proteina che ci da un’informazione generale sulla presenza o no di infiammazione in giro in quel soggetto.

Ognuno di questi singoli parametri ha un suo punteggio, man mano che i livelli salgono, per cui alla fine ognuno otterrà un valore diverso dall’altro.

Attraverso il prelievo di sangue, abbiamo misurato anche la presenza di anticorpi verso determinati virus. Non siamo stati i primi ad associare l’importanza dei virus erpetici in questo tipo di malattia, ma fu una professoressa di Oxford. Abbiamo confermato che l’herpes simplex, che lei diceva, era un fattore di rischio, ma anche gli altri virus della famiglia erpetica aumentavano il rischio di demenze, secondo i nostri studi di Conselice. 

Quindi misuriamo gli anticorpi contro questi virus nel sangue, perché eventualmente fossero alterati, si può fare una terapia antivirale specifica per abbassare il rischio. Per questo parlo anche di terapia “mirata” nel libro. 

Un’altra malattia infettiva che aumenta il rischio di sviluppare la demenza è l’helicobacter pylori. È un battere che a volte infetta il nostro stomaco e causa gastrite, ulcera ecc. Noi andiamo a misurare gli anticorpi specifici per questo battere nel sangue del soggetto e, se sono presenti in titolo alto, facciamo un trattamento antibiotico che cerca di eliminarlo. 

La carta del rischio l’abbiamo applicata fino a prima che arrivasse il covid. Ora abbiamo provvisoriamente interrotto questo percorso. 

Come coordinatore territoriale dell’assemblea di Bologna per Cittadinanzattiva Emilia Romagna mi piacerebbe promuovere questo tipo di medicina preventiva nella medicina territoriale, nelle case della comunità che si dovranno costituire con la riforma che il governo prevede per la sanità territoriale.

Oggi, grazie a una nuova branca della medicina, cioè la medicina predittiva, attraverso l’individuazione dei fattori di rischio è possibile fare la prevenzione di molte delle malattie cronico-degenerative, fra cui la demenza.”

Il volume ‘La malattia di Alzheimer’ è disponibile su buponline.comhttps://bit.ly/2ZmOaIR 

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