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C’era una volta un giudice che riteneva la gelosia un’attenuante per un uomo che aveva brutalmente ucciso la sua compagna, e dimezzava la pena a cui era stato condannato in precedenza.

Il delitto rimaneva gravissimo, ma se uno ammazza in preda ad una “tempesta emotiva”, bisognerà pur tenerne conto!

Lo sventurato assassino aveva avuto un passato sentimentale difficile ed era tormentato dal timore di essere abbandonato. Allora, nel dubbio che anche l’ultima sua compagna potesse prima o poi lasciarlo, aveva risolto il problema e l’aveva strangolata.

Così, abbiamo potuto aggiungere alla categoria di quelli che uccidono perché non accettano una separazione, quella degli uomini che lo fanno per evitarla: è meglio prevenire che curare.

C’era poi un altro giudice che aveva assolto gli aggressori in un processo per stupro. Come dimostrato da una fotografia allegata agli atti, è stato ritenuto poco credibile in quanto la vittima aveva un aspetto poco attraente.

Per cui, la povera ragazza, oltre alla violenza che sosteneva di aver subito, aveva dovuto sopportare anche l’umiliazione di un pesante giudizio sul suo aspetto fisico.

Così, abbiamo appreso che, con un po’ di attenzione nella scelta delle vittime, forse i violentatori possono sperare di essere assolti.

Si potrebbe pensare che sono due teorici esempi di scuola. Invece, purtroppo sono due storie vere, successe nel nostro Paese.

Può darsi che le due sentenze siano inappuntabili sotto l’aspetto strettamente giuridico, ma non è questo il punto.

Quello che mi sembra molto preoccupante è il messaggio che viene trasmesso. A mio parere, potrebbe essere recepito come una svalutazione della responsabilità di chi compie reati così gravi e come una banalizzazione delle azioni delittuose.

Questo sarebbe davvero pericoloso! Specialmente in un contesto come quello attuale, in cui la violenza contro le donne sta dilagando e in cui si sta cercando di convincere le vittime a denunciare i soprusi e affidarsi alle istituzioni.

Tutti sono concordi nel riconoscere che il problema della violenza contro le donne ha radici culturali. L’obiettivo da conseguire è proprio un profondo cambiamento di quella mentalità che ancora non riesce ad accettare che tutte le relazioni devono fondarsi sull’assoluto rispetto della persona e delle idee.

E’ evidente che si tratta di un percorso ancora lungo e complesso, che sarebbe reso ancora più difficile da qualunque intervento incoerente con l’obiettivo da raggiungere.

E allora non ci possiamo permettere alcuna disattenzione, non dobbiamo farci confondere, perché non si debbano più raccontare storie che in realtà sono tragedie.

Maria Antonietta, cittadina straordinariamente normale 

 

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