Dal prossimo anno l’aliquota della cedolare sui canoni concordati tornerà al 15%. Riducendosi il livello dell’incentivo fiscale, è molto probabile che di restringa anche l’offerta degli alloggi che li applicano.

di Raffaele Lungarella

l’articolo è stato pubblicato su http://sbilanciamoci.info

Dal 2011 i proprietari delle abitazioni date in affitto possono scegliere se tassare i canoni percepiti con l’Irpef, le cui aliquote sono crescenti per scaglioni di reddito, oppure con la cedolare secca, che ha due sole aliquote, una per i canoni di mercato e una per quelli i cui livelli sono concordati tra le associazioni dei proprietari e quelli degli inquilini. I dati ricavati dalle dichiarazioni dei redditi del 2016 (anno d’imposta 2015), pubblicati dal ministero dell’economia, evidenziano la consistente diffusione dell’applicazione della cedolare secca ai canoni concordati. Una loro forte crescita si era registrata già con le dichiarazioni del 2015, favorita dalla riduzione dell’aliquota d’imposta al 10%. Dal prossimo anno l’aliquota tornerà al 15%. Ma occorre valutarne bene gli effetti e chiedersi se sia equo.

La diffusione dei canoni concordati

Nell’anno d’imposta 2015, i contribuenti che hanno optato per la cedolare sono 1.744mila (il numero delle abitazioni interessate potrebbe essere inferiore: ognuna può avere più proprietari); sono cresciuti di quasi 320mila sull’anno precedente e più di 3 volte e mezzo rispetto al 2011 (anno d’introduzione della cedolare). L’ammontare dei canoni a essa assoggettati ha superato gli 11 miliardi di euro, un quinto in più dell’anno precedente (tabella 1).

I contratti a canone di mercato (tassati con l’aliquota del 21% fin dall’inizio) continuano a essere molto più numerosi di quelli a canone concordato e nel 2015 i primi sono aumentati di circa 200mila contro poco meno di 150mila dei secondi. Per i proprietari delle abitazioni continua a essere più conveniente affittare a canoni di mercato che non a canoni concordati, nonostante il vantaggio fiscale di questi ultimi sia diventato di 11 punti percentuali.

Ma con la riduzione al 10% della cedolare secca a essi applicati, i canoni concordati sono diventati più convenienti per i proprietari; gli effetti si sono manifestati nella riduzione del rapporto tra il numero di contribuenti che hanno affitto a canone libero e quelli disponibili ad affittare a canone concordato (grafico 1). Nel 2015 hanno accettato di affittare con quest’ultima tipologia di canone circa 450mila contribuenti.

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A rischio la diffusione dei canoni concordati

 

 


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